Sentenza nº 457 da Constitutional Court (Italy), 04 Dicembre 1998

RelatoreValerio Onida
Data di Resoluzione04 Dicembre 1998
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.457

ANNO 1998

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Prof. Annibale MARINI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 20, primo e secondo comma (come modificato dall’art. 13, primo comma, della legge 22 ottobre 1973, n. 672) della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (Trattamento di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in concessione), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 5 aprile ed il 20 agosto 1997 dal Pretore di Bologna, iscritte ai nn. 318 e 801 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 24 e 47, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visti gli atti di costituzione di Rosazza Battore Renata e dell’INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 novembre 1998 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi gli avvocati Paolo Boer per Rosazza Battore Renata, Antonio Todaro per l’INPS e l’Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Nel corso di un procedimento instaurato con ricorso di un titolare di pensione a carico del Fondo di previdenza per il personale addetto ai servizi pubblici di telefonia, avente ad oggetto le modalità di determinazione della retribuzione pensionabile, il Pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 5 aprile 1997, pervenuta a questa Corte il 14 maggio 1997 (R.O. n. 318 del 1997), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 20, secondo comma, della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (Trattamento di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in concessione), come modificato dall'art. 13, primo comma, della legge 22 ottobre 1973, n. 672, "nella parte in cui pone un limite alla dinamica della retribuzione dell'ultimo triennio, senza preventivamente rivalutare le retribuzioni dei due anni precedenti l'ultimo, in base al tasso di inflazione relativo allo stesso periodo"; nonchè questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli stessi parametri, dell'art. 20, primo comma, della predetta legge n. 1450 del 1956, "nella parte in cui assume la retribuzione degli ultimi dodici mesi come retribuzione pensionabile senza preventivamente procedere in alcun modo alla sua rivalutazione".

    Le disposizioni denunciate disciplinano il calcolo della base retributiva ai fini delle pensioni corrisposte dal Fondo, gestito dall'INPS, e avente carattere sostitutivo dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti (art. 1 della stessa legge n. 1450 del 1956). Il primo comma dell'art. 20 stabilisce che la pensione annua diretta é pari a tanti quarantesimi della retribuzione, assoggettata a contributo, corrisposta all'iscritto per gli ultimi dodici mesi di servizio, per quanti sono gli anni di iscrizione al Fondo. Il secondo comma prevede che la retribuzione pensionabile non può essere superiore alla retribuzione media assoggettata a contributo degli ultimi tre anni di effettivo servizio, maggiorata del 10 per cento, percentuale portata al 12 per cento dall'art. 13, primo comma, della legge n. 672 del 1973.

    Premette il remittente di non condividere la tesi, sviluppata dal ricorrente, ma respinta dalla giurisprudenza, secondo cui si applicherebbe anche alle pensioni liquidate dal Fondo dei telefonici il disposto dell'art. 3, undicesimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), che prevede che la retribuzione media determinata per ciascun anno solare, assunta a base del calcolo della base retributiva ai fini della pensione, e relativa alle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione, sia rivalutata in misura corrispondente alla variazione dell'indice annuo del costo della vita calcolato dall'ISTAT ai fini della scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell'industria, tra l'anno solare cui la retribuzione si riferisce e quello precedente la decorrenza della pensione. Onde le domande del ricorrente dovrebbero essere respinte sulla base delle norme in vigore sul Fondo dei telefonici, il che renderebbe rilevanti le questioni di legittimità costituzionale.

    Nel merito, il giudice a quo ricorda l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che di massima considera non illegittime le diversità di disciplina, ai fini della valutazione delle retribuzioni per il computo delle pensioni, tra l'assicurazione generale obbligatoria e i sistemi in vigore per determinate categorie di lavoratori, ove sussistano particolari caratteristiche del rapporto di tali lavoratori e del relativo regime previdenziale. Tuttavia giudica non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo comma, citato, là dove non prevede che i valori monetari delle retribuzioni dei primi due anni del triennio preso in considerazione per determinare la retribuzione pensionabile vengano rivalutati in base alle variazioni dell'indice dei prezzi: potrebbe infatti riscontrarsi una non ragionevole differenziazione rispetto al diffuso e generale criterio, adottato nella legislazione previdenziale, volto a tener conto degli effetti della svalutazione della moneta nel computo della retribuzione pensionabile. In taluni casi, infatti, questa Corte – osserva il giudice a quo – ha ravvisato la violazione del principio di "ragionevole parità" nella normativa previdenziale in relazione alla mancata o insufficiente considerazione del fenomeno della svalutazione monetaria ai fini dei criteri adottati per il computo della retribuzione pensionabile.

    Parimenti, l'autorità remittente giudica non manifestamente infondata, per le medesime ragioni, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, primo comma, che nel caso di liquidazione della pensione di vecchiaia, come nella specie, a distanza di tempo dalla cessazione del rapporto di lavoro, non tiene in alcuna considerazione i possibili effetti della svalutazione monetaria ai fini della corresponsione di una pensione "costituzionalmente adeguata".

  2. – Si é costituita la ricorrente nel giudizio principale, chiedendo che, "ove l'accoglimento delle domande della ricorrente presupponga la rimozione, in parte qua, dei commi 1 e 2 dell'art. 20 della legge n. 1450 del 1956", questa Corte voglia dichiararne la illegittimità costituzionale.

    Secondo la parte, la formulazione letterale dell'art. 20, secondo comma, si presterebbe ad una applicazione indiscriminata, che tradirebbe lo spirito della legge, non intesa a comprimere la retribuzione pensionabile quando la dinamica retributiva esprima il mero recupero del potere d'acquisto, eroso dall'inflazione. I valori retributivi posti a raffronto dovrebbero essere depurati da tali variazioni puramente nominali, altrimenti si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento sia fra iscritti a diverse forme di previdenza, sia tra iscritti alla stessa forma, a seconda dell'esistenza e dell'entità dell'inflazione.

    Ad avviso della parte, che contrasta la tesi sostenuta in proposito dal remittente, dovrebbe trovare applicazione anche per i pensionati del Fondo dei telefonici, in forza del rinvio contenuto nell'art. 37 della legge n. 1450 del 1956, per quanto da essa non regolato, alle disposizioni in tema di assicurazione generale obbligatoria, l'art. 3, undicesimo comma, della legge n. 297 del 1982, che ha...

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