Sentenza nº 61 da Constitutional Court (Italy), 02 Marzo 1987

RelatoreGabriele Pescatore
Data di Resoluzione02 Marzo 1987
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 61

ANNO 1987

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:

prof. Antonio LA PERGOLA;

Giudici:

prof. Virgilio ANDRIOLI,

prof. Giuseppe FERRARI,

dott. Francesco SAJA,

prof. Giovanni CONSO,

prof. Ettore GALLO,

dott. Aldo CORASANITI,

prof. Giuseppe BORZELLINO,

dott. Francesco GRECO,

prof. Renato DELL'ANDRO,

prof. Gabriele PESCATORE,

avv. Ugo SPAGNOLI,

prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

prof. Antonio BALDASSARRE,

prof. Vincenzo CAIANIELLO;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma terzo, secondo capoverso e 35 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1986)" promosso con ricorso della Regione Sicilia, notificato il 28 marzo 1986, depositato in cancelleria il 4 aprile 1986 ed iscritto al n. 7 del registro ricorsi 1986;

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 25 novembre 1986 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

Uditi gli Avvocati Giuseppe Guarino e Giuseppe La Loggia per la Regione Sicilia, e l'Avvocato dello Stato Paolo Vittoria per il Presidente del Consiglio dei Ministri;

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso 28 marzo 1986, la Regione Sicilia ha impugnato gli artt. 3, terzo comma, secondo capoverso, e 35 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (legge finanziaria 1986), in riferimento agli artt. 20, 36, 37, 38 e 43 dello Statuto speciale siciliano e agli artt. 1, 2, 3, 8 e 9 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.

    L'art. 3, terzo comma, secondo capoverso, della l. n. 41 del 1986 dispone che la misura della tassa di circolazione sui veicoli e autoscafi, a decorrere dall'1 gennaio 1986, é pari a quella stabilita per il 1985 e "i proventi derivanti dagli aumenti disposti con l'art. 2 D.L. 22 dicembre 1981, n. 787, conv. nella l. 26 febbraio 1982, n. 52, continuano ad essere riservati all'erario dello Stato". Secondo la Regione, tale disposizione sarebbe illegittima e lesiva della propria autonomia, ponendosi in contrasto con gli artt. 36 e 43 dello statuto speciale e con l'art. 2 del d.P.R. n. 1074/1965.

    Quest'ultimo articolo dispone infatti che spettano alla Regione siciliana "tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette e indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime". Viceversa la disposizione impugnata si limita a disporre la riserva degli aumenti della tassa all'erario, senza indicare in alcun modo le finalità particolari che dovrebbero essere soddisfatte con tali entrate.

    Dopo aver precisato il quadro degli interventi normativi in materia, si rileva, con particolare riferimento all'art. 1 del D.L. 21 dicembre 1982, n. 923, convertito in legge con modificazioni dalla legge 9 febbraio 1983, n. 29, che esso dispose fra l'altro che fossero prorogati per il 1983 gli importi da corrispondere per tassa erariale di circolazione e che l'intero gettito derivante da tale proroga fosse "di esclusiva spettanza dell'erario", senza peraltro indicarne la destinazione, la "particolarità dello scopo", richiesta dalla legge. Altrettanto hanno poi fatto l'art. 5, secondo comma, della legge finanziaria 1984 e l'art. 3, ora impugnato, della legge finanziaria del 1986.

    Detta riserva, poi, in virtù dell'ultima legge finanziaria, non é più a tempo determinato, ma definitiva. Ne deriverebbe che il carattere generico ed indistinto della destinazione del gettito considerato renderebbe illegittima la norma.

  2. - La Regione Sicilia ha impugnato anche l'art. 35 della l. n. 41 del 1986. Delineato lo svolgimento della normazione in materia di deposito delle disponibilità liquide regionali, la Regione lamenta che l'esenzione da tale deposito, prevista dall'art. 38 della l. n. 526 del 1982 e della l. n. 720 del 1984, per le sue entrate ex artt. 36 e 38 dello Statuto, sia stata sospesa dall'art. 35 della l. n. 41 del 1984, il quale ha stabilito che, a decorrere dalla data della entrata in vigore della stessa legge, sino al 31 dicembre 1987, tali norme non sono più applicabili con il conseguente obbligo per le aziende di credito che detengono disponibilità della Regione di versare l'eccedenza, rispetto ai limiti stabiliti, in quattro rate; in caso di mancata comunicazione alle aziende di credito dell'ammontare massimo delle giacenze disponibili, le aziende stesse debbono far riferimento, ai fini del versamento, all'intera disponibilità.

    Tale disposizione - secondo la Regione - sarebbe illegittima e lesiva della sua autonomia e delle sue competenze, in riferimento agli artt. 20, 36, 37, 38 e 43 dello Statuto e al d.P.R. n. 1074 del 1965, come si evincerebbe dagli stessi princìpi stabiliti dalla Corte costituzionale.

    In particolare - si espone nel ricorso - l'art. 35 impugnato comporta una sostanziale deroga alle norme di attuazione dello Statuto, senza il rispetto delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto stesso.

    L'esigenza di "limitare l'onere derivante dalla provvista anticipata dei fondi rispetto all'effettiva capacità di spesa degli enti" sussisterebbe esclusivamente per le entrate provenienti dal bilancio dello Stato, mentre non sussiste per le entrate proprie che la Regione siciliana direttamente riscuote, pur avvalendosi di uffici statali, sostenendo le spese di uffici e servizi (artt. 20 e 37, secondo comma dello Statuto; artt. 8 e 9 del d.P.R. n. 1074 del 1965).

    Riguardo al contributo di solidarietà nazionale previsto dall'art. 38 dello Statuto, la Regione siciliana osserva che, secondo quanto stabilito nella sentenza n. 95 del 1981, l'adempimento del debito da parte dello Stato deve aversi mediante il versamento alla Regione dell'importo dovuto "nel corso dell'anno successivo a quello cui il contributo si riferisce", come prevede l'art. 3 della legge n. 182 del 1978, così che la norma impugnata contrasterebbe, al riguardo, nettamente con tale principio nonché col sistema finanziario della Regione, quale emerge dallo Statuto, non fondato su trasferimenti da parte dello Stato, sia pure di quote di tributi erariali regionalmente riscosse, ma sulla devoluzione totale e piena dei tributi medesimi, che pertanto assumono le caratteristiche di veri e propri tributi propri della Regione.

  3. - Dinanzi a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.

    Ricostruito il sistema normativo concernente la tassa sulla circolazione dei veicoli e autoscafi e facendo riferimento alla tassa come configurata dall'art. 5 del D.L. n. 953 del 1982, l'art. 3 della legge finanziaria del 1984 (L. 27 dicembre 1983, n. 730) ne ha mantenuto per il 1984 ed il 1985 la misura prevista per il 1983 e altrettanto ha fatto l'art. 3 della legge finanziaria 1986 (L. 28 febbraio 1986, n. 41), il quale ha statuito che continua ad essere riservato all'erario dello Stato il provento degli aumenti disposti con l'art. 2 del D.L. n. 787 del 1981 (conv. nella L. n. 52 del 1982).

    Secondo il Presidente del Consiglio, dalla ricostruzione della successione delle leggi, si desume che il gettito derivante dagli aumenti preveduti con il D.L. n. 787 del 1981 é rientrato dal 1983 nella riserva allo Stato perché destinato a coprire i maggiori oneri derivanti allo Stato medesimo dalla legislazione in materia di finanza locale ed é conforme al precetto contenuto nell'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, anche in mancanza di un'espressa menzione della particolare esigenza al cui soddisfacimento é rivolta l'entrata.

    La sola reiterazione della riserva é sufficiente ad assicurare il permanente collegamento tra l'esigenza sopra specificata e l'attribuzione del provento allo Stato.

    Quanto all'abrogazione delle disposizioni particolari concernenti le entrate proprie della Regione Sicilia, il Presidente del Consiglio rileva che la questione coincide con quella proposta dalla Regione Trentino-Alto Adige con ricorso 27 marzo 1986 (n. 8/86 R.O.). Rinvia quindi alle considerazioni svolte in riferimento a quel ricorso, aggiungendo solo che la Corte costituzionale ha più volte distinto tra norme che disciplinano i procedimenti di acquisizione delle entrate e norme che regolano la utilizzazione delle giacenze di tesoreria, ritenendo l'illegittimità delle prime se modificano...

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