Sentenza nº 115 da Constitutional Court (Italy), 08 Luglio 1969

Data di Resoluzione08 Luglio 1969
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 115

ANNO 1969

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. GIUSEPPE BRANCA, Presidente

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZì

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

Dott. LUIGI OGGIONI

Dott. ANGELO DE MARCO

Avv. ERCOLE ROCCHETTI

Prof. ENZO CAPALOZZA

Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI

Prof. VEZIO CRISAFULLI

Dott. NICOLA REALE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, n. 2, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, istitutiva dell'Ente nazionale per l'energia elettrica (E.N.E.L.), e dell'art. 2 del D.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138, recante norme relative agli indennizzi da corrispondere alle imprese assoggettate a trasferimento all'E.N.E.L., promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1967 dal tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra la società "Casauria di elettricità" e l'E.N.E.L., iscritta al n. 172 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 221 del 2 settembre 1967.

Visti gli atti di costituzione della società Casauria e dell'E.N.E.L., e d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 7 maggio 1969 la relazione del Giudice Angelo De Marco;

uditi gli avvocati Arturo Carlo Jemolo e Domenico Passeri, per la società Casauria, l'avv. Mario Nigro, per l'E.N.E.L., ed il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

Con decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1963, n. 1096, veniva disposto il trasferimento all'E.N.E.L. della impresa "Casauria di elettricità", con sede in Roma, società con il capitale sociale di lire 64.000, tenuta alla formazione del bilancio ai sensi della legge 4 marzo 1958, n. 191, le di cui azioni non erano quotate in Borsa.

Con deliberazione 29 ottobre 1964, n. 1753, il Consiglio di Amministrazione dell'E.N.E.L. determinava in L. 2.933.456 l'indennizzo spettante alla società, in applicazione del criterio fissato dall'art. 5, n. 2, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, sulla nazionalizzazione delle industrie elettriche.

Esperito senza successo il ricorso in via amministrativa, preveduto dall'art. 5, n. 5, della legge n. 1643 del 1962, la società "Casauria" conveniva l'E.N.E.L. davanti al tribunale di Roma, chiedendone la condanna al pagamento della complessiva somma di lire 38.000.000, in via principale, a titolo di indennità di espropriazione, in via subordinata a titolo di indennizzo "per l'ingiustificato arricchimento dell'E.N.E.L. per il trasferimento in suo favore del patrimonio aziendale... con l'irrisorio indennizzo presso che inesistente".

Il tribunale adito, con ordinanza 14 aprile 1967, accogliendo analoga istanza del patrocinio della società "Casaria", ritenuta rilevante ai fini del giudizio davanti ad esso instaurato e non manifestamente infondata, sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, n. 2, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, e dell'art. 2 del D.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138, in riferimento agli artt. 42, terzo comma e 3, primo comma, della Costituzione.

Rilevava al riguardo il tribunale:

che era premessa inoppugnabile di fatto l'avvenuta liquidazione dell'indennizzo complessivo - per il trasferimento dell'impresa elettrica in questione - in una somma (lire 2.933.456) di poco superiore a quella di lire 2.585.509 trovata in cassa al momento dell'esproprio e passata all'E.N.E.L. insieme con gli impianti e con ogni altro bene, i quali avrebbero un valore effettivo non inferiore a lire 40 milioni;

che la normativa riguardante la liquidazione della indennità di espropriazione per le imprese che siano tenute alla formazione del bilancio, ai sensi della legge 4 marzo 1958, n. 191, indiscriminatamente riferita a tutte le società che vi rientrano e, quindi, anche a quelle di dimensioni economiche minime può condurre - a danno di questa categoria di società - a risultati sommamente iniqui, in sede di liquidazione dell'indennizzo, riducendole (come nel caso di specie é avvenuto) a livello meramente simbolico;

che il rilevato inconveniente induce a dubitare della legittimità costituzionale delle indicate norme, in quanto esse - - non ponendo alcuna discriminazione per la società di proporzioni minime - appaiono in contrasto con il precetto costituzionale che vieta di espropriare i beni senza indennizzo (é noto che tale non può essere considerato un indennizzo irrisorio e simbolico) ed anche con l'altro precetto che impone la parità di trattamento giuridico (che é uno degli aspetti dell'eguaglianza di tutti di fronte alla legge).

Dopo le pubblicazioni, notificazioni e comunicazioni di legge, il giudizio, come sopra promosso, viene ora alla cognizione della Corte.

Si sono costituiti da un lato la società "Casauria" e dall'altro l'E.N.E.L. ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Con la memoria di costituzione, il patrocinio della società "Casauria", richiamandosi alle argomentazioni dell'ordinanza di rinvio, chiede che venga dichiarata fondata la sollevata questione di legittimità costituzionale.

Alla sua volta, il patrocinio dell'E.N.E.L. chiede che tale questione venga dichiarata non fondata, deducendo, in sostanza, quanto segue:

Il tribunale si é manifestamente lasciato suggestionare dalla premessa "inoppugnabile" di fatto che il patrocinio della società "Casauria", molto abilmente ha posto a base della sollevata questione di legittimità costituzionale.

Non ha, così, indagato sulle vere cause che, nella specie, hanno determinato la liquidazione di una indennità di espropriazione apparentemente irrisoria.

Se, invece, a tale indagine avesse proceduto, avrebbe accertato che il criterio di liquidazione di tale indennità adottato dal legislatore, oggettivamente considerato, é ineccepibile e non può dar luogo agli inconvenienti lamentati.

Se nella specie si é pervenuti ad un risultato che può apparire irrazionale e iniquo, ciò é dipeso dal fatto che la società non aveva curato di aggiornare i propri connotati sociali e le proprie scritture contabili per il semplice fatto che la forma societaria era ritenuta una semplice e comoda (soprattutto per fini fiscali) etichetta dietro la quale si celava, prima l'unica...

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