La vigilanza del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori

AutoreElena Del Forno
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La sentenza in commento fornisce l’occasione per affrontare una questione particolarmente delicata, e con rilevanti profili tecnici, perché riguarda la distribuzione dei poteri e delle responsabilità nell’ambito dei cantieri edili e, nello specifico, il ruolo e gli obblighi del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori.

Per quanto qui in particolare rileva ai fini del commento, la vicenda da cui ha tratto origine il processo, giunto sino in Cassazione, riguarda un coordinatore per l’esecuzione dei lavori, nominato dal committente, imputato del reato di lesioni colpose in danno di un lavoratore che, nel corso della rimozione di lastre di copertura in amianto, era caduto al suolo a causa del cedimento di un piano di appoggio, non essendo trattenuto da fune e cintura di sicurezza.

@Il fatto

La S.p.a. committente aveva appaltato ad altra società lavori di demolizione e rimozione di coperture in un cantiere edile.

Questa seconda società aveva a sua volta subappaltato ad una terza impresa le opere di rimozione di lastre in amianto.

Ovviamente, è facile comprendere come il coordinatore per la sicurezza non sia stato l’unico soggetto coinvolto nelle indagini penali, prima, e, poi, nell’accertamento dibattimentale, ma è stato tuttavia l’unico a risultare meritevole di una pronuncia a sé favorevole nel merito (certo, solo ai fini delle statuizioni civili), essendo intervenuta per tutti gli imputati la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. In ogni caso, però, il coordinatore per l’esecuzione ha visto accertare la propria condotta esente da censure solo dall’ultimo giudice.

Il lavoratore infortunatosi, il quale in sostanza stava operando prima che fosse stata improntata un’impalcatura che consentisse l’aggancio degli apparati di trattenuta degli operai (almeno ciò è quanto è emerso dall’istruttoria), era alle dipendenze dell’impresa subappaltatrice, i cui legali rappresentanti hanno scelto di definire il giudizio con applicazione della pena ex art. 444 c.p.p..

Al datore di lavoro della società subappaltante è stato mosso l’addebito di aver violato l’art. 7 del D.L.vo n. 626 del 29 settembre 1994, con riferimento in particolare all’obbli-Page 506go di cooperazione all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e di coordinamento per gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori anche al fine di eliminare quei rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva1.

Al coordinatore per l’esecuzione è stato invece contestato di non aver esercitato appropriata azione di vigilanza sulla regolarità del cantiere, prima dell’inizio dell’attività specialistica di rimozione delle lastre in amianto, propria del subappaltatore.

L’ipotesi che viene fatta dall’accusa - del resto, confluita nella sentenza di condanna della Corte territoriale - è che il coordinatore bene avrebbe potuto, e anzi bene avrebbe fatto, a segnalare l’irregolarità all’Asl locale competente o proporre la sospensione dei lavori; come detto, infatti, al momento in cui il subappaltatore ha iniziato a operare non risultava approntata un’impalcatura idonea all’aggancio delle funi di trattenuta.

Se così il coordinatore avesse operato l’evento sarebbe stato evitato o la condotta sarebbe stata comunque scriminata.

E in ogni caso - sosteneva l’accusa - egli avrebbe anche dovuto tenere le riunioni con maggiore frequenza (benché sia risultato accertato che riunioni fossero state effettivamente tenute e che si fosse effettivamente discusso della sicurezza) ed essere presente all’avvio dell’attività di rimozione delle piastre, circostanza che non si sarebbe avverata.

Al fine di ottenere la riforma della sentenza di appello il coordinatore ha formulato, oltre ad argomenti di carattere procedurale, anche argomenti coinvolgenti il merito che hanno colto nel segno.

Nello specifico, il ricorrente ha rappresentato come l’interpretazione data dalla Corte d’appello alla norma di cui all’art. 5 del D.L.vo 494 del 14 agosto 1996 comportasse un’eccessiva estensione2.

Ciò soprattutto con riferimento al fatto che il ruolo in questione non implicherebbe una presenza in cantiere continua (come invece è richiesto ad altre figure del sistema prevenzionistico, fermo restando - si aggiunge in commento - che la presenza del coordinatore dovrebbe comunque essere garantita e, se non necessariamente continua, quanto meno frequente e fattiva, oltre che registrata o in altro modo documentata e, quindi, dimostrabile).

Ed effettivamente l’opinione prevalente in giurisprudenza è nel senso di escludere l’obbligo di una presenza continua in cantiere del coordinatore in fase di esecuzione.

È stato infatti affermato che “… non risponde dei reati di cui agli artt. 589 c.p. e 5 D.L.vo 494/96 il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione che ha adempiuto agli obblighi connessi alla sua qualifica, predisponendo un valido piano di sicurezza e...

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