L'uso di gruppo esclusivamente personale

AutoreLuca Ferrini
Pagine817-821
817
Rivista penale 9/2012
Dottrina
L’USO DI GRUPPO
ESCLUSIVAMENTE PERSONALE
di Luca Ferrini
SOMMARIO
1. Horror vacui. 2. Fine della paternalismo giudiziario?. 3. Il
duello. 4. Due affondi e una stoccata. 5. La parata possibile.
6. Rapide conclusioni.
1. Horror vacui
Di recente, una sentenza della Terza Sezione penale
della Corte di Cassazione (1) è intervenuta, con toni quasi
allarmati, ad arginare i postumi di una precedente pronun-
cia (isolata, come tutte le pecore nere, ma diffusamente
argomentata) della Sesta Sezione (2), la quale aveva rite-
nuto penalmente irrilevante un uso di gruppo di sostanze
psicotrope [pur nei limiti dettati dall’insegnamento delle
Sezioni Unite (3)].
Ai giudici della Terza Sezione premeva evidentemente la
riaffermazione di una lettura panpenalistica della normati-
va sugli stupefacenti. Nel senso che tutte le condotte umane
di contatto con sostanze droganti devono ritenersi punite
con sanzione penale, tranne quelle specif‌icamente escluse
dal legislatore e punite con sanzione amministrativa.
L’ansia restauratrice di una parte della Suprema Corte
ancorava la propria legittimazione all’inversione del rapporto
tra norma amministrativa e noma penale; inversione dovuta
alla tecnica redazionale dei due articoli 73 e 75 del D.P.R. n.
309/90 come rimodellati dal legislatore del 2006 (4).
Prima del 2006, era la fattispecie penale ad essere rico-
struibile in via residuale [almeno sulla carta (5)]; ora, in-
vece, è la fattispecie amministrativa ad essere individuata
attraverso il meccanismo di una clausola di esclusione, del
tipo fuori dai casi previsti.
Tale modif‌ica legislativa non può rimanere priva di
effetti sul piano di un’actio f‌inium regundorum da ef-
fettuarsi nella terra di mezzo tra norma penale e norma
amministrativa.
Anzitutto, è rilevante, ai nostri f‌ini, considerare lo spa-
zio giuridico nel quale s’inseriscono le diverse fattispecie.
Il contatto, l’uso e la detenzione di sostanze stupefacenti
(salvo i casi espressamente autorizzati dalla legge) è con-
siderato sempre dall’ordinamento come condotta illecita.
Non esiste, cioè, a monte della distinzione tra illiceità
penale ed amministrativa, uno spazio giuridico vuoto (e,
perciò, lecito) nel quale un cittadino (non autorizzato)
possa liberamente entrare in rapporto con sostanze stupe-
facenti o psicotrope. Al contrario, si è in presenza di uno
spazio giuridico (quello del mercato e dell’uso di droga)
assolutamente pieno, caratterizzato cioè da un’illiceità di
base (6).
Su questo particolare terreno - terreno che potremmo
def‌inire interamente criminalizzato - si innestano (an-
che) le fattispecie di cui agli artt. 73, comma 1 bis, e 75 del
D.P.R. n. 309/90. Pertanto, è sulla base dei canoni che rego-
lano i rapporti tra norma penale e norma amministrativa
che va condotta l’operazione ermeneutica perimetrale e
non, invece, sulla (sola) base dei comuni criteri utilizzati
per dirimere frizioni tra spazio giuridico vuoto (o lecito)
e divieto penale (e quindi con riferimento ai principi di
tassatività, frammentarietà, precisione, divieto di analogia
in malam partem, etc.).
Il criterio-guida, perciò, per la valutazione della pre-
valenza o meno dell’una norma rispetto all’altra è quello
introdotto dall’art. 9 della legge n. 689/81 (cd. depenaliz-
zazione). Tale utensile giuridico, nel caso di concorso di
fattispecie, non stabilisce la prevalenza della norma pe-
nale rispetto alla (meno grave) consorella amministrativa
- sulla scorta di un immaginabile criterio di lex gravior
derogat mitiori - bensì impone all’interprete un criterio
di scelta guidato dal principio di specialità (sullo schema
dell’art. 15 c.p.).
Principio di specialità che, tuttavia, abbisogna, quale
premessa alla sua applicazione, di una frizione normativa,
di un concorso di norme non risolto diversamente dal legi-
slatore.
Ora, nel caso del rapporto tra art. 73, comma 1 bis, e art.
75 D.P.R. n. 309/90, sarà necessario stabilire se il conf‌litto
vada risolto sulla base della richiamata disciplina ex art. 9
legge n. 689/81 oppure se sarà la sola redazione normativa
a venire in soccorso all’interprete. All’art. 75 è contenuta,
infatti - diversamente dal passato ante 2006 - una clausola
di riserva che si potrebbe def‌inire esclusiva.
Secondo questa lettura (7), i due precetti sarebbero in
un conf‌litto solo apparente, essendovi - per schema legi-
slativo - una norma remissiva rispetto all’altra, in quanto
la disposizione di chiusura del sistema, costruita in via
residuale o per differenza, sarebbe quella amministrativa
di cui all’art. 75. Se così fosse, non sarebbe più una que-
stione legata al rapporto di specialità, ma diverrebbe una
questione di interpretazione dell’art. 73, comma 1 bis, in

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