Udienza camerale non partecipata

AutoreIvan Borasi
Pagine105-108
309
Rivista penale 3/2018
Varie
UDIENZA CAMERALE
NON PARTECIPATA
di Ivan Borasi
L’ottica d’incipit, è quella d’analizzare la vicenda evolu-
tiva nell’organizzazione procedimentale del momento valu-
tativo “f‌inale”, ordinario, ma incidentale, attraverso la con-
siderazione dei principii ed elementi fondanti il discorso,
quali la pubblicità (1), l’oralità (2) e il contraddittorio (3).
La ricerca, vuol tendere ad evidenziare le possibili
contraddizioni d’una prassi, rectius tendenza, normativa,
teleologicamente orientata a questioni di “contingenza
empirica”, per approfondire, quantomeno, alcune possibili
“soluzioni alternative” utili.
La nozione d’incidente, processuale puro o spurio che
sia, pervade ormai il procedimento penale alla radice,
permettendone una dinamicità virtuosa, anche attraverso
risultati aventi una certa stabilità.
Per farsi un parallelo, lo stretto legame è similare a
quello realizzato con l’art. 586 c.p.p. per le ordinanze pro-
cessuali “in corso d’opera” (4), anzi, quest’ultimo istituto
è il trait d’union che lo completa (5).
Il tema dell’autodifesa (6), in rapporto alla difesa tecnica
(7), colora in negativo la nozione “minima” d’udienza lato
sensu, come luogo e momento di “interazione diretta” ad ot-
tenere un risultato per mezzo d’una valutazione del giudice,
quale actus trium personarum (8), di grado effettivo (9).
L’assistenza cartolare, è solo un aspetto della possibile
interazione tra l’attenzionato e il procedimento, in quan-
to, l’intervento “f‌isico” del primo nel secondo, può colora-
re, anche di fondo, la difesa tecnica tout court (10).
In altre parole, laddove la procedura non permetta lo
sviluppo d’un, seppur eventuale, grado di autodifesa, tec-
nica o meno, di “vera” udienza non si può parlare, neppure
se colorata dalla “qualif‌ica” di camera di consiglio (11);
mette conto precisare come diversa dall’udienza in came-
ra di consiglio sia la camera di consiglio decisoria, per pro-
pria natura non partecipata (12).
Un momento procedimentale camerale senza disclo-
sure, iniziale o successiva, oltre che non oralmente par-
tecipato, privando di discrezionalità procedimentale il
giudice, deve ritenersi in violazione dell’art. 111 comma
1 Cost., proprio come l’ipotesi inversa di potere in arbitrio
procedurale (13).
Funditus, l’oralità quale forma d’espressione della pro-
cedura, non è ex se carattere indefettibile di ogni udienza,
così pure la pubblicità; quest’ultima, come vexata quaestio
(14), ai sensi dell’art. 6 CEDU, è ormai da assicurarsi, rec-
tius rendersi possibile quantomeno in via differita, quando
di fronte a quaestiones di diritti fondamentali(ssimi)
(15), anche processuali (16).
Differente prof‌ilatura riguarda il tema del diritto al
confronto sulla prova (17), che trova una particolarità ex
art. 187 comma 2 c.p.p. nell’oggetto processuale (18), da
non eclissare, in astratto, neppure di fronte all’elemento
precostituito cartolare (19).
Le ipotesi normative strutturate, in senso proprio,
come udienze camerali non partecipate, nello status quo
positivo ordinario (20), sono fondamentalmente rappre-
sentate: dall’art. 410 bis c.p.p., in tema di reclamo ad ar-
chiviazione (21); dall’art. 611 c.p.p., relativo al giudizio di
legittimità (22).
Ciò che le accomuna, è la possibile valenza di stabilità
del risultato f‌inale, circostanza di non poco momento per
comprendere la “pericolosità” della categoria (23), in re-
altà a geometria variabile nella naturalità.
Omisso medio, l’oggetto della valutazione, incidentale
o principale, con effetti diretti o indiretti, rispetto alla re-
giudicanda penale, indirizza ogni considerazione generale
e astratta sul punto; ma, comunque, è netta la differenza
rispetto ai procedimenti speciali (24).
In prospettiva, occorre primariamente chiedersi
quando e perché utilizzare l’udienza camerale non par-
tecipata, pure in via interpetrativa, sempre seguendo i
criteri di proporzione e adeguatezza degli strumenti pro-
cessuali, seppure senza sfumature politiche (25).
S’intende la possibilità che il “potere naturale” del giu-
dicante possa esplicarsi, virtuosamente, attraverso l’ap-
plicazione della forma camerale de qua, in determinate
situazioni, di fatto, come attenuare ipotesi normative po-
sitive (26).
Terreno di coltivazione della consecutio, è la discrezio-
nalità processuale (27), in un’ottica sì di deferenza alla
legalità, ma connessa ad una visione di “poteri impliciti”
(28), quasi come di “astreinte” endoprocessuale (29), in
chiave sia disapplicativa che interpretativa ad integrazio-
ne, in modo teleologicamente orientato ad uno standard
minimo di scopo, a tutela di aspetti fondamentali di diritti
umani (30), come espressione, indiretta, di clausole ge-
nerali (31).

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