La truffa, gli assegni e la competenza territoriale. Riflessioni

AutoreRuggero Scibona
Pagine14-16
112
dott
2/2018 Rivista penale
DOTTRINA
LA TRUFFA, GLI ASSEGNI
E LA COMPETENZA
TERRITORIALE. RIFLESSIONI
di Ruggero Scibona
Il tema della def‌inizione del reato e della individuazio-
ne del momento della sua realizzazione risulta rilevante
anche in funzione della determinazione della competenza
territoriale.
Al riguardo, senza trascendere i limiti del presente la-
voro, giova osservare che, secondo la cosiddetta teoria tri-
partita, il reato deve essere def‌inito come un fatto umano
antigiuridico e colpevole e che la detta concezione asse-
gna, tra gli elementi costitutivi dell’illecito, grande rilievo
anche all’antigiuridicità.
In particolare, mentre il fatto pertiene alla dimensione
di oggettiva materialità del reato, coincidente con l’azione
o l’omissione del presunto autore dello stesso, l’antigiuri-
dicità costituisce l’indice del cosiddetto disvalore del fatto
ovvero la contrarietà del fatto – reato ai beni giuridici tu-
telati dell’ordinamento, da intendersi quali valori effettivi
e concreti, preesistenti al dato normativo, recepiti e tu-
telati dalla norma incriminatrice (Cfr. Enc. Dir. Volume
XXXVIII, Voce Reato in Generale pagg. 783 e segg.).
Del resto, appare opportuno sottolineare come la detta
antigiuridicità trovi la sua realizzazione sia nel momento,
in cui il bene o il valore tutelato dalla norma incriminatri-
ce abbia concretamente corso il rischio di essere def‌initi-
vamente compromesso senza che tale risultato sia stato
raggiunto per cause indipendenti dalla volontà dell’agen-
te, come nell’ipotesi del cosiddetto reato tentato, sia nel
caso in cui il detto bene o valore giuridico risulti def‌initi-
vamente ed irreversibilmente leso oppure ne sia def‌initi-
vamente cessata la lesione protrattasi per un determinato
periodo di tempo, come nel caso di reato consumato.
Al riguardo, poiché l’antigiuridicità del fatto, intesa
quale lesione effettiva del bene giuridico protetto dalla
norma, costituisce un elemento imprescindibile dell’il-
lecito, ne segue che essa appare dotata di una specif‌ica
incidenza anche in ordine all’esatta individuazione del
momento di compiuta realizzazione del reato stesso.
In altre parole, poiché la sussistenza del reato non può
prescindere dalla connotazione in termini di antigiuridi-
cità del fatto, ne deriva che oltre alla mera azione dell’a-
gente, con specif‌ico riguardo ai cosiddetti reati istantanei
la lesione del bene giuridico tutelato dalla norma incri-
minatrice consente di pervenire all’individuazione del
momento di consumazione del reato stesso e, conseguen-
temente, permette anche di determinare il luogo di rea-
lizzazione dell’illecito e della competenza territoriale del
Giudice, che debba giudicare del detto reato.
Orbene, con particolare riguardo al reato istantaneo
di truffa realizzato tramite la corresponsione di assegni le
Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare il principio,
secondo il quale “poiché la truffa è reato istantaneo e di
danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realiz-
zazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia
fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo,
nell’ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non
già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artif‌ici
o raggiri, l’obbligazione della datio di un bene economico,
ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento
del bene da parte dell’agente e la def‌initiva perdita dello
stesso da parte del raggirato. Ne consegue che, qualora
l’oggetto materiale del reato sia costituito da titoli di credi-
to, il momento della sua consumazione è quello dell’acqui-
sizione da parte dell’autore del reato, della relativa valuta,
attraverso la loro riscossione o utilizzazione, poiché solo
per mezzo di queste si concreta il vantaggio patrimoniale
dell’agente e nel contempo diviene def‌initiva la potenziale
lesione del patrimonio della parte offesa.” (Cfr. Cass. pen.,
sez. un., 21 giugno 2000, n. 18, in Cass. pen. 2000, 3270 -
nota di: ROMEO, in Dir. e giust. 2000, 33, 21).
Peraltro, nonostante la sussistenza del sopra richiama-
to autorevole arresto giurisprudenziale, corre l’obbligo di
osservare che, ad oggi, non risulta affatto sopito il proble-
ma relativo all’esatta determinazione del momento consu-
mativo della truffa ex art. 640 c.p., realizzata mediante la
corresponsione di assegni.
In particolare, sembra di non essere lontani dal vero
ove si affermi che circa il detto delitto nel panorama giu-
risprudenziale non sia possibile scorgere una soluzione
univoca circa la determinazione delle modalità di realiz-
zazione della lesione del bene giuridico, costituito dal pa-
trimonio della vittima, con conseguente ulteriore difformi-
tà di soluzioni in ordine all’individuazione del momento e
del luogo di consumazione del detto delitto e della relativa
competenza per territorio ai sensi e per gli effetti di cui
all’art. 8, 1° comma c.p.p.
Infatti, la Suprema Corte ha affermato che “Il reato di
truffa si perfeziona non nel momento in cui il soggetto passi-
vo assume l’obbligazione per effetto degli artif‌ici o raggiri su-
biti, bensì in quello in cui si verif‌ica l’effettivo conseguimen-
to del bene economico da parte dell’agente e la def‌initiva
perdita di esso da parte del raggirato. Pertanto, quando il re-
ato di truffa abbia come oggetto immediato il conseguimento
di assegni bancari, sia di conto corrente che circolari, esso
non si consuma, con effetti anche ai f‌ini della competenza
territoriale, nel luogo in cui l’autore del reato versa l’assegno,
bancario o circolare, ma nel luogo in cui avviene l’effettiva
“deminutio” del patrimonio del truffato, attraverso l’addebi-
to, nel conto corrente di questi, della somma portata dal tito-
lo di credito da parte della banca trattaria, coincidente con il
luogo in cui ha sede la banca o la sua f‌iliale, presso cui è stato
acceso il conto corrente.” (Cass. pen. sez. II, 12 novembre
2009, n. 45836, in Guida al diritto 2010, 6, 74 s.m.).

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