«Travisamento del fatto», un ospite indesiderato in cassazione
Autore | Rosario Li Vecchi |
Pagine | 805-806 |
Page 805
@1. Introduzione
Tra le tante vicende e situazioni tragicomiche offerte dal nuovo codice di rito, quella oggetto della odierna problematica raggiunge certamente l'acme e presta, rettamente e facilmente, il fianco alle varie e numerose critiche dottrinarie, anche salaci, per tutte le illogicità e stranezze logico-giuridiche ed ermeneutiche che scaturiscono dalla pratica applicazione del tanto discusso e vituperato art. 606, comma 1, c.p.p. in tutti i suoi vari aspetti, specie poi in sede di legittimità ove al «travisamento del fatto», quale «vizio della motivazione», viene contestato l'accesso, proprio alla stregua del c.d. «extracomunitario» privo del documento di «soggiorno». Prendiamo lo spunto, per questo articolo, da una recente decisione della Suprema Corte con la quale viene evidenziato il perdurare, in tale sede, dei disorientamenti giurisprudenziali in ordine alla deducibilità o meno, in tema di ricorso per cassazione, del c.d. «travisamento del fatto» quale «vizio» della motivazione che, allo stato attuale, si è trasformato in un «nodo Gordiano» oppure in un «Capo Horn» su cui si abbattono i vari marasmi legislativi e giurisprudenziali, difficilmente evitabili od aggirabili, scaturiti propriamente dalla infelice formulazione dell'art. 606, comma 1, c.p.p. e con il quale il legislatore ha inteso, operando però maldestramente, di propinare un filtro magico oppure un «toccasana» alla crisi in cui versava la Suprema Corte a causa della miriade di ricorsi che l'avevano costretta, nel vigore dell'art. 475, comma 3, c.p.p. ormai abrogato, ad un tour de force che l'avevano trasformata in un giudice del «fatto» di terzo grado. Il rimedio che si è voluto apprestare si è però rivelato peggio del male a cui voleva ovviarsi creando nel contempo altre situazioni che finivano, poi, con il defraudare i diritti dei ricorrenti. In proposito su tale problematica abbiamo già espresso la nostra opinione in uno scritto fortemente critico sotto ogni profilo 1.
@2. «Travisamento del fatto» e disorientamenti giurisprudenziali sulla sua deducibilità in Cassazione
In seno alla Suprema Corte, in tema di deducibilità o meno del «travisamento del fatto» quale «vizio» della motivazione, sotto il profilo dell'art. 606, comma 1, lett. c) o e), c.p.p. si sono delineate, via via, ben tre correnti: la prima, infatti, richiamandosi espressamente all'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p. ha ritenuto che il «vizio della motivazione» può essere soltanto ed esclusivamente configurabile nel caso di «mancanza» oppure di «manifesta illogicità» della motivazione, non solo, ma, quel che è più grave ed illogico per noi, consiste nel fatto che lo stesso dovrà addirittura essere rilevato dal «testo del provvedimento impugnato», sicché stando a tali premesse, per noi chiaramente errate, si conclude per la indeducibilità del c.d. «travisamento del fatto» neanche sotto il profilo della «violazione di legge processuale» ex art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p. 2.
Una seconda corrente, invece, ha ritenuto denunziabile e quindi deducibile con ricorso per cassazione il «travisamento del fatto» come «vizio della motivazione» oppure come «violazione di legge», richiamandosi, onde dare un fondamento normativo alla sua tesi, al combinato disposto degli artt. 546, comma 3 e 125, comma 3, c.p.p.; non solo, ma quel che è più importante è dato dal fatto che, ricorrendone i presupposti e certe particolari condizioni, potrebbe configurarsi il potere-dovere di verificazione degli atti da parte della Suprema Corte 3.
Una terza corrente, poi, che possiamo definire «intermedia», dopo avere enucleato delle restrizioni e delimitazioni sotto particolari aspetti e condizioni, ha ritenuto deducibile in sede...
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