Sindacato di legittimità e vizio della motivazione

AutoreNicolangelo Ghizzardi
Pagine123-126

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Come è noto, la legge 20 febbraio 2006 n. 46 ha modificato, tra l'altro, anche il comma primo lett. e) dell'art. 606 c.p.p., prevedendo la possibilità del ricorso per cassazione anche nei casi di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.

Per effetto della novella, pertanto, alla mancanza1 ed alla manifesta illogicità2 della motivazione, già previsti nella precedente formulazione, si è aggiunta la contraddittorietà3 con l'ulteriore specificazione che il vizio può emergere non solo «dal testo del provvedimento impugnato» ma anche «da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame».

Nella originaria versione della novella codicistica, la norma era formulata nel senso della previsione della possibilità del ricorso per cassazione in caso di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione senza alcun riferimento al fatto che il vizio risultasse dal testo del provvedimento impugnato.

L'intento, con tutta evidenza era quello di eliminare ogni limite al ricorso al giudice della legittimità trasformandolo, sostanzialmente, in un giudice di merito di terza istanza.

Proprio tale mutazione di fatto della Corte di cassazione aveva indotto il Capo dello Stato a censurare la nuova norma rinviandola alle Camere per un nuovo esame, all'esito del quale, è stato ripristinato il riferimento al «testo del provvedimento impugnato» aggiungendo, però, il richiamo «agli altri atti del processo».

La conseguenza è stata che, in concreto, nessuna innovazione reale è stata introdotta se non la puntualizzazione che gli altri atti del processo devono essere specificamente indicati nei motivi del ricorso.

Appare evidente, pertanto, che con la modifica si è inteso aprire un'ampia breccia alla possibilità di dedurre il vizio noto come travisamento del fatto4 in precedenza del tutto espunto dai motivi di ricorso per cassazione.

D'altro canto, che tale fosse l'intento perseguito dal legislatore è rilevabile proprio dall'avere previsto come vizio della motivazione anche la contraddittorietà che, ove intesa solo come contrasto tra due o più parti della motivazione, si porrebbe come un doppione della manifesta illogicità in quanto ogni discorso contraddittorio è illogico.

La contraddittorietà, pertanto, perché abbia una autonoma valenza, va riferita anche al contrasto tra l'apparato argomentativo e le risultanze probatorie.

Sennonché, in seno alle diverse sezioni della Corte di cassazione, si sono delineate due linee interpretative di segno opposto, una delle quali originata, probabilmente, dalla preoccupazione di porre un freno alla prevedibile inflazione dei ricorsi.

Il primo indirizzo, la cui paternità è riconducibile alla sentenza n. 10951 del 15 marzo 2006 (dep. 29 marzo 2006), Casula, RV 233708, dà atto della portata innovativa della novella legislativa e reputa che «Alla luce della nuova formulazione dell'art. 606 comma primo lett. e) c.p.p., dettata dalla legge 25 febbraio 2006 n. 46, il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la relativa motivazione sia: a) «effettiva», ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non «manifestamente illogica», ovvero sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; c) non internamente «contraddittoria», ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non logicamente «incompatibile» con altri atti del processo, dotati di autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o radicalmente inficiare sotto il profilo logico la motivazione».

La decisione, in particolare, impone al ricorrente, per fare valere il vizio denunciato, l'onere di: a) identificare l'atto processuale cui fa riferimento...

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