SENTENZA Nº 202005220 di Consiglio di Stato, 09-07-2020

Presiding JudgeSEVERINI GIUSEPPE
Date09 Luglio 2020
Published date26 Agosto 2020
Judgement Number202005220
CourtCouncil of State (Italy)
Pubblicato il 26/08/2020

N. 05220/2020REG.PROV.COLL.

N. 08496/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8496 del 2019, proposto da
Vigoriti Federico, rappresentato e difeso dagli avvocati Felice Laudadio e Ferdinando Scotto, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia;

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore e Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, nonché Avvocatura generale dello Stato ed Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono elettivamente domiciliati;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sede di Napoli (Sezione IV) n. 3338/2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'economia e delle finanze, dell’Avvocatura generale dello Stato e dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2020 – tenuta ai sensi e con le modalità di cui all’art. 84, commi 5 e 6, del d.-l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, come da verbale – il Cons. Valerio Perotti;

Visto l'art. 36, comma 2, Cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’Avvocato dello Stato Vigoriti Federico, in servizio presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Campania per l’annullamento:

- del provvedimento (di estremi ignoti) con cui era stata effettuata della trattenuta sui compensi professionali di cui all'art. 21 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), relativa al primo quadrimestre del 2015, nella misura di lordi euro 7.799,64, operata per il ritenuto superamento del limite retributivo di cui all'art. 23-ter d.-l. 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, anche ai sensi degli artt. 13 d.-l. 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e 9 d.-l. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;

nonché per l'accertamento e la declaratoria:

- del diritto dell'Avvocato dello Stato Vigoriti Federico alla liquidazione in suo favore, integrale e senza decurtazioni, degli emolumenti dovuti ai sensi degli artt. 21 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611; 61 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1612 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato) ed 1 l. 23 dicembre 1993, n. 559 (Disciplina della soppressione delle gestioni fuori bilancio nell'ambito delle Amministrazioni dello Stato), relativi al primo quadrimestre del 2015, “nonché a tutti i successivi percipiendi, sia per quanto concerne i 3/10 che i 7/10, di cui alle modalità legali e regolamentari di riparto, ed in particolare senza che ne venga operata la trattenuta di cui all'art. 23ter D.-L. n. 201/2011 cit., né alcuna altra ritenuta, oltre interessi e rivalutazione monetaria del credito”.

Il ricorrente chiedeva inoltre, in via subordinata, il risarcimento del danno da inadempimento dell'obbligo di pagamento, ovvero dal ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo.

Con sentenza 17 giugno 2019, n. 3338, il giudice adito respingeva il ricorso, nelle sue molteplici articolazioni.

Avverso tale sentenza il ricorrente interponeva appello, circoscrivendolo a due soli dei motivi di impugnazione dedotti nel precedente grado di giudizio e precisamente:

1) Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia – Omessa decisione – Violazione di legge e in particolare dell’art. 23-ter DL n. 201/2011.

L’appellante ribadiva, in particolare, che dovessero essere esclusi dal computo del tetto retributivo gli importi introitati, a carico delle controparti soccombenti, delle spese di lite poste a carico della parte privata soccombente e quantificate dal giudice (cd. “spese vinte”), in quanto non provenienti dalle casse dello Stato.

2) Incompatibilità difensiva – Espunzione dal fascicolo processuale degli atti e documenti depositati dal difensore dell’Amministrazione – Vizio della motivazione – Motivazione mancante ovvero apparente.

Ad avviso del ricorrente sussisterebbe infatti un interesse comune a tutti gli Avvocati dello Stato, ivi compreso quello specificamente incaricato della trattazione dell’odierno contenzioso, all’oggetto specifico della causa, all’attualità ovvero in prospettiva futura (per gli Avvocati e Procuratori dello Stato il cui trattamento retributivo ancora non raggiunga il “tetto” di cui trattasi); per l’effetto, tutto il personale togato dell’Avvocatura dello Stato verrebbe a versare in una oggettiva condizione di conflitto di interessi in ordine all’auspicata “cessazione di efficacia delle norme censurate di incostituzionalità, ovvero alla loro corretta applicazione nei sensi di cui al ricorso”.

Si costituivano in resistenza le amministrazioni appellate, eccependo l’infondatezza del gravame e conseguentemente chiedendone la reiezione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio di dover innanzitutto esaminare – per ragioni logiche e sistematiche – le censure dedotte con il secondo motivo di appello, sull’asserita incompatibilità di tutti, in pratica, gli Avvocati e Procuratori dello Stato a difendere l’amministrazione nel presente giudizio, in quanto tutti necessariamente ed indistintamente portatori – nell’attualità o in prospettiva futura – di un interesse personale contrapposto a quello dell’ente patrocinato.

Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

In primo luogo, infatti, non è dato individuare in capo all’odierno appellante un interesse rilevante e giuridicamente tutelabile a dolersi dell’attribuzione, ad un determinato organo o soggetto, del...

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