n. 214 SENTENZA 9 - 18 luglio 2014 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 135 del codice penale, come modificato dall'art. 3, comma 62, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e dell'art. 53, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso dal Tribunale ordinario di Imperia nel procedimento penale a carico di G.F. con ordinanza del 22 novembre 2013, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 maggio 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 22 novembre 2013, il Tribunale ordinario di Imperia, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale della disposizione combinata dell'art. 135 del codice penale, come modificato dall'art. 3, comma 62, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e dell'art. 53, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevede che, ai fini della sostituzione delle pene detentive brevi con la pena pecuniaria, il valore giornaliero della pena detentiva non possa essere inferiore ad euro 250, anziche' ad euro 97. 1.1.- Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato di cui all'art. 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per aver guidato un motoveicolo sotto l'influenza dell'alcool. Riferisce, altresi', che in una precedente udienza l'imputato aveva chiesto, ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale - con il consenso del pubblico ministero - l'applicazione della pena di un mese e dieci giorni di arresto ed euro 800 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria sulla base di un coefficiente di ragguaglio «pari ad euro 100 (quale "frazione di euro 250" ai sensi dell'art. 135 c.p.) per ogni giorno di pena detentiva»: e, cosi', l'applicazione di una pena finale di euro 4.800 di ammenda. La richiesta era stata peraltro rigettata dal Tribunale, in ragione della ritenuta inaccettabilita' del coefficiente di ragguaglio proposto. A fronte della conseguente incompatibilita' del giudice che aveva respinto la richiesta, il procedimento era stato assegnato al rimettente, davanti al quale l'imputato aveva presentato una nuova istanza di patteggiamento, identica quanto all'entita' della pena da applicare in prima battuta, ma con richiesta della sua sostituzione in ragione di euro 250 di pena pecuniaria per ogni giorno di pena detentiva e, quindi, con applicazione di una pena finale di euro 10.800 di ammenda, da pagare ratealmente. Tanto premesso, il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale della disposizione combinata dell'art. 135 cod. pen. e dell'art. 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981: disposizione della quale sarebbe chiamato a fare applicazione a fronte della nuova istanza dell'imputato. Preliminarmente, il rimettente nega validita' all'interpretazione prospettata in un primo tempo dall'imputato, con l'avallo del pubblico ministero, in base alla quale - posto che l'art. 135 cod. pen. prevede che il ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive abbia luogo calcolando «euro 250, o frazione di euro 250», per ogni giorno di pena detentiva - ciascun giorno di arresto potrebbe essere sostituito anche con 100 euro di ammenda, quale «frazione di euro 250». Il riferimento al computo frazionario non riguarderebbe, infatti, il caso in cui occorra convertire una pena detentiva in pena pecuniaria, ma unicamente il caso opposto, stante la possibilita' che la pena pecuniaria da convertire in pena detentiva non sia pari all'importo previsto per il ragguaglio o ad un suo multiplo. Una diversa interpretazione comporterebbe, d'altra parte, «un inaccettabile vulnus al principio di tassativita'», in quanto il giudice potrebbe sostituire un giorno di pena detentiva con qualsiasi frazione di euro 250, e quindi anche con un solo euro di pena pecuniaria. Nell'ipotesi della sostituzione della pena detentiva breve, l'interpretazione in parola sarebbe comunque testualmente esclusa dall'art. 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, in forza del quale il giudice deve determinare il valore giornaliero della pena detentiva tenendo conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare, con la precisazione che tale valore «non puo' essere inferiore alla somma indicata dall'articolo 135 del codice penale e non puo' superare di dieci volte tale ammontare». Risulterebbe, pertanto, evidente che la somma prevista dall'art. 135 cod. pen. - ossia, attualmente, 250 euro - costituisce l'importo giornaliero minimo sotto il quale non si puo' scendere in sede di sostituzione. 1.2.- Cio' posto, il rimettente rileva come il coefficiente di ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive previsto dall'art. 135 cod. pen. sia stato oggetto di reiterate modifiche, variamente cadenzate nel tempo, volte ad adeguarne progressivamente l'ammontare alla mutata «realta' economico-sociale». Da ultimo, a distanza di sedici anni dalla precedente modifica, operata dalla legge 5 ottobre 1993, n. 402 (Modifica dell'articolo 135 del codice penale: ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive), che aveva portato il coefficiente in questione a lire 75.000 (convertite poi, per arrotondamento, in euro 38), l'art. 3, comma 62, della legge n. 94 del 2009 lo ha aumentato ad euro 250: dunque, in misura pari a circa sei volte e mezzo in termini nominali e - cio' che piu' conta, nella prospettiva del rimettente - a quasi cinque volte in termini reali (al netto, cioe', dell'aumento corrispondente alla svalutazione monetaria). Ad avviso del giudice a quo, un simile incremento risulterebbe «del tutto sproporzionato e irragionevole». La censurata modifica dell'art. 135 cod. pen. si colloca, infatti, nell'ambito di un complesso di misure - previste dai commi da 60 a 65 dell'art. 3 della legge n. 94 del 2009 - intese ad adeguare al mutato quadro economico il sistema delle sanzioni pecuniarie, sia penali che amministrative, e ad accrescerne, al tempo stesso, l'efficacia deterrente. Tale obiettivo e' stato perseguito mediante tre ordini di interventi: il sensibile...

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