n. 154 SENTENZA 17 - 21 giugno 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 78, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell'articolo 4, comma 8-bis, ultimo periodo, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 marzo 2010, n. 42, promossi dal Consiglio di Stato con ordinanza del 6 ottobre 2011 e dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con ordinanza del 26 luglio 2012, iscritte, rispettivamente, al n. 265 del registro ordinanze 2011 ed al n. 252 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 2011 e n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visti gli atti di costituzione della Societa' Consorcasa Regione Lazio coop a r.l. ed altri, di Roma Capitale (gia' Comune di Roma), della Societa' Bindi Pratopronto s.a.s. di Michele Bindi &

C., nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi gli avvocati Andrea Scafa per la Societa' Bindi Pratopronto s.a.s. di Michele Bindi &

C., Andrea Magnanelli e Domenico Rossi per Roma Capitale (gia' Comune di Roma) e l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei Ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 6 ottobre 2011, il Consiglio di Stato ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'articolo 78, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, nella parte in cui prevede l'applicazione dell'art. 248 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) alle obbligazioni rientranti nella gestione commissariale del Comune di Roma, e dell'art. 4, comma 8-bis, ultimo periodo, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 marzo 2010, n. 42, nella parte in cui prevede, «ai fini di una corretta imputazione del piano di rientro», che il primo periodo del comma 3 dell'articolo 78 del d.l. n. 112 del 2008 «si interpreta nel senso che la gestione commissariale del comune assume, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti posti in essere fino alla data del 28 aprile 2008, anche qualora le stesse siano accertate e i relativi crediti liquidati con sentenze pubblicate successivamente alla medesima data». Le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 41, primo comma, 42, terzo comma, 97, primo comma, 101, 102, 103, 104, 108, secondo comma, 113, 114, 117, primo comma (in relazione all'art. 6, comma 1, e all'art. 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, nonche' in relazione all'art. 1 del primo Protocollo addizionale alla medesima Convenzione, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), 118 e 119 della Costituzione. 1.1.- Riferisce il rimettente che il procedimento principale e' stato introdotto con ricorso proposto dalla societa' Consorcasa Regione Lazio coop. a r.l. ed altri avverso la sentenza del TAR Lazio 5 novembre 2010, n. 33208, e nei confronti di Roma Capitale. La pronuncia appellata ha accolto, «nei limiti e nei termini di cui in motivazione», il ricorso in ottemperanza avente ad oggetto l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte d'appello di Roma 10 novembre 2008, n. 4565, che ha determinato l'indennita' spettante ai ricorrenti per un'espropriazione avvenuta molti anni addietro. In particolare, il giudice di primo grado ha ordinato al Comune di Roma di dare esecuzione alle statuizioni contenute nella sentenza di condanna, pagando la somma corrispondente al credito ivi accertato, comprensivo delle spese legali, previa verifica della disponibilita', nel bilancio dell'Ente, delle risorse necessarie, ovvero, in caso di esito negativo della verifica indicata, procedendo all'inserimento dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese nella massa passiva della gestione commissariale. 1.2.- Gli appellanti hanno chiesto al Consiglio di Stato di disporre concretamente l'ottemperanza della sentenza della Corte d'appello di Roma, imponendo all'Ente debitore di pagare le somme ivi liquidate entro un termine prefissato, e provvedendo, da subito, alla nomina di un commissario ad acta. In subordine, per l'ipotesi di ritenuta applicabilita' dell'art. 78 del d.l. n. 112 del 2008, «come modificato ed integrato» dall'art. 4, comma 8-bis, del d.l. n. 2 del 2010, gli stessi appellanti hanno eccepito l'illegittimita' costituzionale delle indicate disposizioni, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 41, 100, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 Cost. Nel giudizio principale, si e' costituita Roma Capitale (gia' Comune di Roma) ed ha chiesto che l'appello sia dichiarato inammissibile, atteso «il venir meno della titolarita' di una posizione debitoria di Roma Capitale con riferimento al credito per cui si procede», e nel merito ha concluso per il rigetto dell'appello. 1.3.- Il giudice a quo da' atto di avere parzialmente deliberato, in accoglimento dell'appello (sentenza 10 agosto 2011, n. 4772), facendo applicazione dei principi enunciati dalla sentenza n. 8363 del 2010 del Consiglio di Stato, secondo cui, in sede di ottemperanza, ed a fronte di una disciplina che richiama quella degli enti locali in dissesto, il giudice deve innanzitutto accertare il momento in cui e' sorta l'obbligazione, al fine di attribuire la qualifica di debitore all'ente o alla gestione commissariale. In questa seconda ipotesi, lo stesso giudice «non puo' emettere pronuncia che obblighi la gestione commissariale, o tanto meno l'ente locale, ad eseguire la sentenza ne' puo', di conseguenza, procedere alla nomina di un commissario ad acta». Nel caso di specie, osserva il rimettente, a fronte di un giudicato che ha determinato l'indennita' di espropriazione spettante agli appellanti, il giudice di primo grado non avrebbe dovuto procedere, come invece ha fatto, all'accoglimento del ricorso, imponendo all'Amministrazione condannata un obbligo di fare non satisfattorio della posizione giuridica dei ricorrenti. Lo stesso rimettente precisa di avere riconosciuto, nella sentenza parziale, sia il diritto degli appellanti ad ottenere lo svincolo delle somme relative all'indennita' provvisoria di espropriazione, giacenti presso il Ministero dell'economia e delle finanze - costituendo tali somme «un debito gia' assolto», anche se antecedente al 28 aprile 2008, e dunque «estraneo alla tematica del riparto tra Comune e gestione commissariale» -, sia il diritto ad ottenere da Roma Capitale le somme liquidate a titolo di spese legali dalla sentenza oggetto di ottemperanza, trattandosi di obbligazione sorta al momento del deposito della sentenza, e quindi in epoca successiva al 28 aprile 2008. Il Consiglio di Stato ha ritenuto di non poter pervenire alle medesime conclusioni, cioe' alla condanna di Roma Capitale all'ottemperanza, con riguardo alla statuizione principale contenuta nella sentenza della Corte d'appello di Roma, di liquidazione della somma dovuta a titolo di indennita' di espropriazione, con i relativi interessi legali, sul rilievo che «in questo caso, appare del tutto evidente che il diritto di credito (e la corrispondente obbligazione di Roma Capitale) e' sorto ben prima del 28 aprile 2008, assumendo - a fronte di cio' - la sentenza esclusivamente valore accertativo della sussistenza ed entita' del diritto di credito (gia' esistente), con conseguente condanna dell'amministrazione al pagamento della somma accertata». L'obbligazione corrispondente al credito cosi' accertato, in applicazione degli artt. 78 del d.l. n. 112 del 2008 e 4, comma 8-bis, del d.l. n. 2 del 2010, rientrerebbe nella gestione commissariale, con la conseguenza che il giudizio di ottemperanza, in parte qua, dovrebbe essere dichiarato impromovibile. Tuttavia, il Consiglio di Stato dubita della compatibilita' costituzionale delle disposizioni indicate e solleva le relative questioni, evidenziando che il giudizio principale potrebbe concludersi con pronuncia di merito soltanto ove le norme censurate fossero dichiarate costituzionalmente illegittime. 1.4.- Le questioni, prospettate in riferimento a numerosi parametri, possono essere sintetizzate per nuclei tematici. 1.4.1.- Il primo blocco di censure muove dalla ricognizione della giurisprudenza costituzionale in tema di norme interpretative, e fa riferimento all'art. 4, comma 8-bis, del d.l. n. 2 del 2010, che e' intervenuto sulla disciplina configurata dall'art. 78 del d.l. n. 112 del 2008. Dopo avere premesso che, «indipendentemente dalla natura innovativa con efficacia retroattiva (come sostenuto dagli appellanti) ovvero di interpretazione autentica, del citato art. 4, comma 8-bis», il problema da affrontare riguarda i limiti che la portata retroattiva della disposizione incontra alla luce del principio di ragionevolezza, il rimettente segnala le pronunce della Corte costituzionale a proposito della qualificazione delle norme come interpretative (sentenze n. 155 del 1990 e n. 233 del 1988). E' esaminata in particolare la sentenza n. 291 del...

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