N. 78 SENTENZA 2 - 5 aprile 2012

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Alfonso QUARANTA;

Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,

Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.

Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2012.

Il Presidente: Quaranta Il Redattore: Criscuolo Il Cancelliere: Milana Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2012.

Il Cancelliere: Milana

ha pronunciato la seguente Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, comma aggiunto dalla detta legge di conversione, promossi dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, con ordinanza del 10 marzo 2011; dal Tribunale di Benevento con ordinanza del 10 marzo 2011; dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Maglie, con ordinanza dell'8 aprile 2011; dal Tribunale di Potenza con tre ordinanze del 13 aprile 2011; dal Tribunale di Catania con ordinanza del 26 luglio 2011; dal Tribunale di Nicosia con ordinanza del 30 luglio 2011 e dal Tribunale di Venezia con ordinanza del 13 aprile 2011, rispettivamente iscritte ai nn. 145, 166, 167, 221, 222, 223, 247, 252 e 258 del registro ordinanze 2011, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 28, 35, 45, 50, 51 e 52, prima serie speciale, dell'anno 2011.

Visti gli atti di costituzione della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., quale incorporante della Banca Antonveneta s.p.a. (gia' Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a.), del San Paolo Banco di Napoli s.p.a., di C.A., di B.A., dell'Unicredit s.p.a., quale incorporante della Unicredit Banca di Roma s.p.a., della Unicredit s.p.a., quale incorporante del Banco di Sicilia s.p.a. (fuori termine), della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., della Banca Carime s.p.a. (fuori termine) e del Banco Popolare soc. coop., quale incorporante della Banca Popolare di Lodi (fuori termine), nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 14 febbraio 2012 e nella camera di consiglio del 15 febbraio 2012 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

uditi gli avvocati Antonio Renato Tanza e Astolfo Di Amato per C.A., Antonio Renato Tanza per B.A., Massimo Luciani e Giorgio Tarzia per Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., Giorgio Tarzia per la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., Massimo Luciani e Valerio Tavormina per il San Paolo Banco di Napoli s.p.a., Massimo Luciani e Michele Sesta per l'Unicredit s.p.a., e l'avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, con ordinanza del 10 marzo 2011 (r.o. n. 145 del 2011), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 101, 102, 104, 111 e 117 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge, 26 febbraio 2011, n. 10, comma aggiunto dalla detta legge di conversione.

1.1. - Il rimettente premette che S.C. aveva convenuto in giudizio la Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a., chiedendo - sulla base del consolidato indirizzo giurisprudenziale in ordine alla nullita' della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e della commissione di massimo scoperto - la nuova determinazione del saldo del conto corrente n. 2741/R, aperto l'11 aprile 1994, sino alla data dell'ultima operazione del 29 dicembre 1998, con condanna della banca alla restituzione dell'indebito versato; che, costituitasi in giudizio, la banca convenuta aveva dedotto la liceita' della capitalizzazione trimestrale degli interessi ed eccepito la prescrizione estintiva, chiedendo il rigetto della domanda; che, disposta consulenza tecnica d'ufficio per il ricalcolo del saldo, la causa era stata ritenuta matura per la decisione e rinviata all'udienza per la discussione orale, ai sensi dell' art.

281-sexies codice di procedura civile, con concessione alle parti dei termini per il deposito di note conclusive.

1.2. - In punto di rilevanza, dopo avere riportato il testo della norma denunziata, il giudice a quo osserva che la natura dichiaratamente interpretativa della norma e l'eccezione di prescrizione della parte convenuta ne impongono l'applicazione nel giudizio principale.

1.3. - Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il rimettente ravvisa la violazione dei limiti interni, individuati dalla Corte costituzionale, alla ammissibilita' di una norma interpretativa, nonche' la violazione degli artt. 3, 24, 101, 102, 104, 111 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.

Quanto alla assunta violazione dei limiti interni all'ammissibilita' di una norma di interpretazione autentica, il giudice a quo deduce la irragionevolezza della norma censurata, sia per l'inesistenza di una norma specifica da interpretare, quale condizione dell'esercizio del potere di legislazione a fini interpretativi, sia perche' l'interpretazione prospettata non potrebbe essere inclusa tra quelle legittimamente desumibili dalla disciplina complessiva dell'istituto.

In relazione al primo rilievo, il rimettente osserva che l'art.

2935 del codice civile - secondo cui il dies a quo, ai fini della prescrizione di un diritto, decorre dal momento in cui il suo titolare e' posto nelle condizioni di poterlo esercitare costituisce una regola di carattere generale, che necessita della etero-integrazione della disciplina speciale prevista per i singoli tipi contrattuali, nonche' dei principi generali in materia di adempimento delle obbligazioni e di ripetizione d'indebito. Nel caso di specie, le norme etero-integratrici sarebbero da individuare nella disciplina delle operazioni bancarie e nel conto corrente bancario.

Il giudicante rileva che una legge di interpretazione autentica avrebbe dovuto avere ad oggetto una norma che disciplinasse di per se', in maniera specifica, la decorrenza della prescrizione con riguardo al contratto di apertura di credito, regolato in conto corrente, selezionandone una delle possibili opzioni. Invero, l'inesistenza di una disciplina specifica aveva indotto gli interpreti ad applicare un principio generale (desumibile dall'art.

2935 cod. civ.), adattato allo schema e alla funzione del singolo contratto bancario.

Quanto al secondo rilievo, concernente l'impossibilita' d'includere la soluzione interpretativa prospettata tra quelle legittimamente desumibili dalla disciplina complessiva dell'istituto, il rimettente osserva che, nel rapporto di conto corrente bancario, in armonia con i principi generali in materia di adempimento, di ripetizione d'indebito e con quelli relativi alla causa del contratto medesimo, il decorso della prescrizione dell'azione di ripetizione come ritenuto dalla Corte di cassazione a sezioni unite nella sentenza del 2 dicembre 2010, n. 24418 - sarebbe da individuare : a) nella data di un versamento (nell'ipotesi di conto passivo, senza affidamento, oppure di superamento del limite affidato); b) nella chiusura del rapporto (quando non siano effettuati versamenti, in pendenza di rapporto, o quando il versamento effettuato in pendenza di rapporto abbia funzione meramente ripristinatoria dell'affido utilizzabile). Infatti, quando il passivo non abbia superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, i versamenti da questi posti in essere avrebbero natura di atti ripristinatori della provvista di cui il correntista puo' ancora continuare a godere (Corte di cassazione, sezioni unite, del 2 dicembre 2010, n. 24418;

Corte di cassazione, sezione prima civile, del 6 novembre 2007, n.

23107, del 23 novembre 2005, n. 24588 e del 18 ottobre 1982, n.

5413). In questo caso, la fattispecie dell'adempimento, sub specie di pagamento, sarebbe configurabile soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia preteso e ottenuto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino comprese somme e competenze non dovute. Ad avviso del rimettente, il legislatore, con la norma censurata, avendo fatto decorrere la prescrizione dei diritti nascenti dall'annotazione dal giorno di questa, non avrebbe attribuito alla norma interpretata un significato compatibile con il novero delle possibili opzioni ermeneutiche. L'esclusione dell'interpretazione della norma censurata dal novero di quelle ammissibili si desumerebbe anche dalla individuazione, ad opera del legislatore, del dies a quo della decorrenza della prescrizione in una circostanza di fatto, quale l'annotazione in conto, esulante dalla sfera conoscitiva del cliente, essendo quest'ultimo edotto delle movimentazioni del conto soltanto con la ricezione dell'estratto conto.

Con riferimento all'assunta violazione del principio di azione e di indefettibilita' della tutela giurisdizionale, di cui all'art. 24

Cost., il Tribunale censura sia la...

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