I romanisti e il computer: il discorso continua

AutoreNicola Palazzolo
CaricaUniversità di Perugia, direttore dell'l.D.c/c.N.R. e del Centro interuniversitario per l'Informatica Romanistica.
Pagine187-190

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Appena una diecina di anni fa il romanista che avesse proposto ai suoi colleghi di disciplina l'utilizzazione di uno strumento informatico quale supporto per la ricerca nel proprio campo disciplinare avrebbe dovuto subire i sorrisetti di circostanza se non proprio il palese rimprovero di occuparsi di cose poco serie, di diversivi rispetto alla ricerca «vera», quella fatta cercando da sé, con fatica, le fonti e il materiale bibliografico pertinente, come generazioni di illustri Maestri ci avevano insegnato. Tutt'al più i romanisti, così come altri giuristi, facevano un uso, per così dire, «minimalistico» del computer: se ne servivano cioè a fini editoriali, quale sostituto della penna o della vecchia macchina da scrivere, o comunque per produrre più in fretta, e con minor fatica, ciò che prima si produceva col lavoro di produzione manuale; in sostanza lo strumento cartaceo veniva visto, nella migliore delle ipotesi, come il prodotto finale dell'elaborazione elettronica.

Oggi è riconosciuto come pacifico che le applicazioni dell'informatica nel campo del diritto romano non solo sono all'avanguardia, ma hanno conquistato il mondo degli studiosi in misura ben maggiore di quanto non sia accaduto per le altre discipline giuridiche. Credo si possa affermare con sicurezza che sono veramente pochi i romanisti che non abbiano mai utilizzato per le loro ricerche almeno bia1 o fiuris2, o DRANT3, o Romtex4, per ricordare solo i più recenti prodotti.Page 188

La svolta - anche questo è pacifico - risale al 1988, a quel IV Congresso intemazionale del C.E.D. della Corte di Cassazione, nel quale una provvida intuizione degli organizzatori fece sì che un'intera sessione venisse dedicata alla storia e alla filosofia del diritto5: il che diede modo di constatare che esisteva tutto un mondo sommerso di storici del diritto, e di romanisti in particolare, che da tempo sperimentavano nel chiuso dei loro istituti, e spesso con mezzi di fortuna, strumenti ausiliari per la ricerca tendenti a sostituire quelli aurei risalenti ai Maestri del secolo scorso, che non si era più in grado di aggiornare con sistemi manuali perché l'impresa avrebbe scoraggiato chiunque vi si fosse cimentato.

Ci si rese conto, dal confronto tra le diverse esperienze, che - se non tutto - molte cose era possibile realizzare, e che specialmente le particolari caratteristiche della scienza romanistica (un limitato numero di fonti, tutte riconducibili ad unità documentarie sufficientemente omogenee, una letteratura vastissima, ma già tradizionalmente organizzata entro alcune categorie sistematiche)...

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