Rilievi critici sull'uso di gruppo di stupefacenti

AutoreLuigi Fadalti, Marco Rebecca e Piergiorgio Sovernigo
Pagine385-391

Page 385

@1. Introduzione

Figura creata dalla giurisprudenza, l'uso di gruppo di sostanze stupefacenti è - alla stregua della vigente disciplina - fatto penalmente lecito. I ventilati progetti di riforma - di marca rigorosamente repressiva - rischiano di vanificare i risultati ermeneutici cui è approdata la riflessione giurisprudenziale in esito ad un percorso iniziato con sentenza 24 gennaio 1996, n. 2500 e tuttora in fieri.

@2. L'uso personale

A seguito del referendum popolare del 1993, l'art. 75 del T.U. 309/90 sottopone a sanzione (non più penale ma) amministrativa il fatto di chi, ´per farne uso personale, importa, acquista o comunque detiene sostanze stupefacenti [...] 1.

Si osservi - in primis - il silenzio dell'art. 75 sul mero consumo, che, in seguito all'abrogazione dell'art. 72 del T.U. 309/90, è divenuto fatto tout court lecito: come sottolineato nel prontuario in dotazione alle Forze di Polizia di Stato, ´l'uso personale è una condotta completamente diversa dalla detenzione per uso personale. Non si possono quindi applicare le sanzioni amministrative a chi [...] rechi i segni di assunzione di sostanze stupefacenti, ma non sia sorpreso in possesso di alcuna doseª 2.

La liceità penale delle condotte di cui all'art. 75 postula l'intenzione dell'agente di farne uso personale: in difetto, cadrebbero sotto i rigori dell'art. 73 del testo unico.

Giurisprudenza e dottrina, onde individuare il discrimine tra uso personale e non, hanno elaborato alcune figue ´sintomaticheª, che possono facilitare il lavoro dell'interprete.

In specie, per esemplificare, ancorché sia stata abolita la figura della dose media giornaliera, il quantitativo effettivamente detenuto può essere assunto ad indice della volontà dell'agente di farne uso personale 3. Ancora, può assumere rilievo la modalità con cui è confezionata la droga o la qualità della sostanza (ad esempio, la ´purezza dello stupefacente e sua conseguente inidoneità all'immediato consumo personaleª 4 oppure le condizioni soggettive della persona che ne sia sorpresa in possesso, come la condizione di tossicodipendente o gli eventuali precedenti penali specifici 5. Non solo: possono risultare ´sintomaticheª anche le circostanze dell'azione, come ´la condotta sospetta o ingiustificata rilevata dagli inquirenti prima o all'esito di questoª 6 ovvero il fatto che il soggetto sia trovato ´in possesso di materiali utili per l'uso della sostanza (siringhe, cartine per il fumo, canule etc.)ª 7 o di strumenti utili per l'attività di spaccio 8 (bilancini di precisione, sostanze idonee al ´taglioª, bustine per la preparazione di dosi, etc.) 9.

Al fine di stabilire quale sia in concreto la finalità della detenzione, il giudice può valutare liberamente - oltre a quelli suindicati - ´tutti gli altri elementi desumibili dall'esperienza giudiziaria e investigativa o degli studi medici o criminologiciª 10.

La presenza di un indice ´sintomaticoª non risulta in sé sufficiente comunque a stabilire quale sia la finalità della detenzione 11. In specie, la Suprema Corte ha acclarato che ´la nuova disciplina introdotta col D.P.R. 6 maggio 1993, n. 171, a differenza della precedente disciplina dell'art. 80 della L. n. 689 del 1975, ancorata unicamente alla modica quantità, svincola la finalità di spaccio dall'esclusivo riferimento ai parametri quantitativi, pur rimanendo la quantità di stupefacente detenuto uno dei parametri di valutazione, con la conseguenza che non è corretto [...] basarsi sul mancato riconoscimento della modica quantità per dedurre la sussistenza del fine di spaccio, senza tenere conto di tutti gli elementi desumibiliª 12.

@3. Segue: La detenzione per uso personale quale fatto penalmente lecito

La Corte di cassazione, suffragata peraltro dalla dottrina dominante 13, ha affermato, che ´per effetto del referendum abrogativo avente per oggetto talune disposizioni del T.U. delle norme in materia di stupefacenti, si è verificata, rispetto alla detenzione di dette sostanze per uso personale, una vera e propria abolitio criminisª 14.

Secondo una minoritaria dottrina 15, il referendum abrogativo non avrebbe prodotto alcuna depenalizzazione della fattispecie in questione; anzi la disciplina sarebbe sostanzialmente rimasta immutata nonostante l'abrogazione dell'art. 72 del D.P.R. 309/90. L'eventuale accoglimento di questa tesi comporterebbe rilevanti conseguenze pratiche.

Primo: la detenzione di stupefacenti rimarrebbe in quanto tale antigiuridica 16 e la ´personalitઠdell'uso verrebbe derubricata a semplice causa di esclusione della pena 17 (come già nell'originaria configurazione del T.U. 309/90); ciò con l'ovvio corollario che risulterebbe compito della difesa dimostrare l'uso personale. In altri termini, se si volesse condividere l'orientamento minoritario secondo il quale l'art. 75, comma primo, non Page 386 descriverebbe una condotta penalmente lecita, ma solo una causa soggettiva di esclusione della pena, verrebbe invertito l'onere della prova: si dovrebbe, quindi, ritenere che il fatto di chi detenga un certo quantitativo di sostanze stupefacenti sia sempre sussumibile nell'astratta previsione dell'art. 73 del T.U. 309/90, salvo che la difesa provi che la detenzione era finalizzata al consumo personale 18.

Secondo: stanto a tale tesi dottrinaria, la polizia giudiziaria, ove accerti la detenzione di un qualsiasi quantitativo di sostanze stupefacenti, dovrebbe riferire la notizia di reato, ex art. 347 c.p.p. al pubblico ministero. Ciò contrasta - tuttavia - con la chiara lettera del quinto comma dell'art. 75 T.U. 309/90, che prevede che, ´accertati i fattiª (cioè la detenzione per uso personale), ´gli organi di polizia giudiziaria procedono alla contestazione immediata, se possibile, e senza ritardo ne riferiscono al Prefettoª. Non si capisce, quindi, quale potrebbe essere il significato attribuibile al citato comma quinto, se si aderisse all'interpretazione offerta dal DELPINO (che risulterebbe, tra l'altro, in contrasto con il disposto dell'art. 347 c.p.p., comma primo). Inoltre, se la detenzione per uso personale fosse reato, gli organi di polizia giudiziaria che non provvedessero a riferire tempestivamente al pubblico ministero la notizia di reato acquisita incorrerebbero nella violazione disciplinare di cui all'art. 16 att.

L'orientamento di minoranza non può essere condiviso anche per altre ragioni. Prima fra tutte, non tiene minimamente conto della ratio legis del T.U. n. 309/90 così come modificato dall'esito del referendum popolare del 1993, con il quale si è chiaramente espressa la volontà popolare di non considerare quale condotta illecita penalmente quella di detenere delle sostanze stupefacenti per farne esclusivamente uso personale 19. Nemmeno convince l'argomento per cui il principio di materialità 20, per effetto del quale il reato deve consistere sempre in un fatto materiale, imporrebbe di concludere che ´il discrimine tra la liceità di un fatto o meno non può ricavarsi dall'intenzione dell'agente, intenzione che può, al più portare a qualificare in modo diverso uno stesso fatto illecitoª 21.

Questo costrutto denuncia un equivoco di fondo. In base al principio di materialità, al legislatore è interdetto creare fattispecie penali in cui rilevi il solo proposito dell'agente 22. Ciò non toglie, tuttavia, che legislatore possa incriminare una condotta solo se sorretta da un particolare fine, come peraltro avviene nei reati a dolo specifico 23 e, con le dovute precisazioni, anche nel tentativo 24.

Per altro verso, pure non condivisibile riteniamo l'orientamento della Cassazione emerso in alcune (rare) pronunce 25, secondo cui l'art. 75, comma primo prevederebbe una causa di giustificazione: devesi osservare, infatti, che la presenza di una scriminante renderebbe il fatto lecito alla stregua dell'intero ordinamento giuridico, con l'ovvia conseguenza che il medesimo fatto non potrebbe fungere da presupposto per l'irrogazione di una sanzione amministrativa 26 (come espressamente invece prevede l'art. 75).

@4. Progetti di riforma

La disciplina degli stupefacenti è attualmente oggetto di dibattito, da più parti invocandosi una profonda revisione dell'impianto normativo.

138 Paesi, tra cui l'Italia, hanno aderito alla Convenzione contro il traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope, firmata a Vienna il 19 dicembre 1988 27, le cui linee guida - cui devono informarsi le normative statuali - possono essere così compendiate 28:

1) attribuzione della qualità di stupefacente solo alle sostanze espressamente individuate dalle autorità nazionali, in conformità all'elenco predisposto dalla Convenzione ed aggiornato periodicamente da una apposita Agenzia delle Nazioni Unite, la Commission on Narcotic Drugs (CND) 29;

2) illiceità anche del mero consumo e di tutte le attività prodromiche (acquisto, detenzione, etc.), ma senza alcun obbligo da parte dei Paesi firmatari di disporre conformemente sul punto;

3) incriminazione del fatto di chi produce e distribuisce stupefacenti senza specifica autorizzazione;

4) incriminazione della semplice condotta detentiva, con possibilità di depenalizzare le infrazioni minori;

5) obbligo di predisporre servizi per la cura, l'assistenza e il reinserimento sociale dei tossicodipendenti.

In Italia, i molti progetti di riforma, con molte e diverse sfumature, hanno per lo più riproposto due schemi fondamentali: il primo punta essenzialmente alla c.d. riduzione del danno, mediante una attenta politica di liberalizzazione del mercato delle droghe leggere (sul modello olandese); il secondo, di marca proibizionista, mira all'abbattimento della domanda di sostanze stupefacenti (come in Francia e Svezia). Il più recente progetto di riforma (c.d. ´progetto Finiª), ancora allo studio del Governo, si attesta sulla posizione rigoristico-repressiva e si articola nei seguenti punti 30:

- configurazione del consumo di sostanze stupefacenti come fatto antigiuridico, anche se sprovvisto di sanzione;

- eliminazione della distinzione tra droghe...

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