Riflessioni in tema di responsabilità penale delle persone giuridiche

AutoreMaurizio Parisi
Pagine1057-1062

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@1. Analisi introduttiva

È opinione largamente diffusa quella secondo cui la responsabilizzazione delle persone giuridiche non troverebbe applicazione nel nostro ordinamento, stante la preclusione operata dal disposto di cui all'art. 27, primo comma, Cost. E se da un lato, l'esplicazione del criterio personalistico attraverso l'espressa previsione costituzionale, impedisce, infatti, secondo i più, di ricondurre, da un lato le fattispecie penalistiche a delle soggettività diverse dall'uomo, dall'altro uno sbarramento di carattere dogmatico sarebbe costituito dalla stessa struttura del reato, saldamente ancorata al canone della colpevolezza, con i concetti di dolo e colpa. D'altro canto, se le difficoltà legate alla teorizzazione del corporate crime, in parte si collegano alla non facile isolabilità concettuale di un elemento psicologico societario, altre ancora assumono, vieppiù, i caratteri della preclusione ideologica, costituendo un insormontabile ostacolo ad una interpretazione evolutiva del canone personalistico fissato dal precetto costituzionale. Tipico esempio di simile atteggiamento, riguarda l'opinione circa l'inattuabilità agli enti della c.d. funzione rieducativa della pena, la quale, se (è bene ricordarlo), in uno Stato di matrice liberale e pluralistica, assume i caratteri di uno scopo soltanto tendenziale, d'altra parte non passa nella sua attuabilità concreta, necessariamente attraverso i consueti criteri già conosciuti per le persone fisiche. Al di là, peraltro, di simili sterili diatribe, resta la pragmatica necessità di postulare una qualche forma di responsabilità dei soggetti entificati, in relazione agli illeciti penali commessi dalle persone fisiche che li costituiscono. Si parla in proposito di responsabilità delle persone giuridiche 1, ma il tema è comunque quello più generale della responsabilità d'impresa 2, sebbene sia, ormai, convinzione diffusa che il fenomeno societario sia attualmente quello più rilevante nel contesto imprenditoriale. Restano, intanto, diversi punti da chiarire: se già attualmente il sistema penale consenta di riconoscere forme di responsabilità societaria, diretta od indiretta, ed, inoltre, quali debbano, comunque, essere i limiti di ordine giuridico entro i quali il Legislatore stesso sia abilitato a muoversi in questo campo.

@2. La responsabilità sussidiaria delle persone giuridiche

Resta, in proposito, la sensazione che, mentre da un lato la dottrina si sia largamente occupata del problema in termini generali ed astratti, al contrario, non abbia saputo riconoscere alcuni significativi segnali, provenienti dall'insieme del diritto penale codificato, dai quali potevano subito essere tratti argomenti a favore della responsabilità d'impresa. Sebbene, infatti, non possa ragionevolmente parlarsi di imprese dotate di personalità giuridica come soggetti attivi di qualsivoglia reato, non è altresì corretto ritenere che il sistema penale attuale non si occupi affatto di esse, potendo accadere che esse vengano considerate tanto indirettamente, quanto, addirittura direttamente, da norme del diritto positivo. L'idea secondo cui la sanzione penale in sè non è in grado di attagliarsi alla struttura tipica societaria, nasce a nostro avviso, dalla errata convinzione di dover necessariamente ipotizzare per queste ultime una automatica trasposizione dei modelli che già sono destinati ad applicarsi nei riguardi delle persone fisiche. L'inadeguatezza del sistema criminale ad operare una possibile ed efficace attuazione delle sanzioni penali convenzionali, che non siano esclusivamente pecuniarie, alle diverse tipologie delle forme societarie, non solo porta necessariamente ad operare in questi casi, una inevitabile riconsiderazione dell'apparato sanzionatorio, ma induce allo stesso dubbio se la persecuzione dei comportamenti antigiuridici debba essere ottenuta attraverso i soliti modelli di imputazione del fatto a noi conosciuti. La giustificazione sostanziale di simili incertezze di fondo, risiede nella convinzione secondo cui, già nell'odierno sistema, la posizione giuridica di simili enti dotati di personalità giuridica, si inquadra nell'ambito della responsabilità sussidiaria rispetto a quella principale del reo, facendo o meno acquisire, di volta in volta, ed a diverso titolo, a tali società la veste di soggettività comprimarie endo-processuali, rispetto alle parti necessarie del rito stesso. In sostanza, ancor prima che sul piano del diritto penale sostanziale, è possibile osservare come la loro presenza a livello processuale, finisca per rimanere normalmente in uno stato di sopita latenza, a causa della loro funzione meramente eventuale rispetto al principale thema decidendum, proprio perché la ratio della loro chiamata in causa risponde a dei presupposti comunque ulteriori ed, in fin dei conti, secondari, rispetto a quelli dell'accertamento della colpevolezza del soggetto attivo. In materia di sanzioni civili, il codice penale già prevede espressamente, ex art. 197, l'obbligazione civile delle persone giuridiche per le multe e le ammende 3, disponendosi, assai eloquentemente, che la responsabilità sussiste soltanto in caso di insolvibilità del reo (che sia rappresentante, amministratore o dipendente) e, sempreché, l'illecito sia stato commesso in violazione degli obblighi inerenti la propria funzione o nell'interesse dell'ente. Unica disposizione quest'ultima in cui la responsabilità delle persone giuridiche si stagli adeguatamente sul piano delle conseguenze para-penalistiche, sebbene sotto il profilo meramente solidaristico dell'obbligazione civile, e rispetto alla quale le altre norme di cui agli artt. 185, secondo comma, c.p., 189 e 190, assumono caratteristiche di inferiore pregnanza. È, infatti, chiaro che la ratio delle norme in materia di persone civilmente responsabili, riguardanti il risarcimento del danno ed il sequestro dei beni, rispondono a dei presupposti in parte diversi, poiché legati alla necessità del rispetto dell'insieme delle regole in materia di neminem laedere, tipicamente provenienti dall'esperienza civilistica, e a cui del resto il Legislatore fa espresso riferimento nell'art. 185, secondo comma, c.p. («Ogni reato, che abbia cagionato un dannoPage 1058 patrimoniale e non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui»). Sulla stessa natura della disposizione di cui all'art. 197 c.p., larga parte della dottrina ha, peraltro, talora, ravvisato un argumentum sfavorevole al superamento del principio societas delinquere non potest. In realtà, una volta confermata l'assenza nell'attuale diritto codificato di reali spazi normativi per l'introduzione della responsabilità societaria, a noi pare che tale opinione scaturisca da un radicato tradizionalismo, il quale neppure voglia tener conto di alcuni incoraggianti segnali di mutamento di prospettiva legislativa. Lo stesso art. 197 c.p. è stato, infatti, radicalmente innovato dalla L. n. 689/81, non prevedendo nel testo originario la responsabilità sussidiaria per le multe inflitte per i delitti, né l'inciso «. . . ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica». Notevolmente interessante, nonché in molta parte rispondente ai criteri che ispirano la disposizione di cui all'art. 197 c.p., è la disciplina delle misure di sicurezza patrimoniali riguardante ex art. 240 c.p. la confisca (cui vanno aggiunte le altre ipotesi previste dalle varie leggi speciali ed in particolare quanto previsto dall'art. 20 della legge di depenalizzazione del 1981, n. 689), seppure con le pesanti limitazioni di cui agli ultimi due commi, essendo, infatti, consentito di paralizzare in parte l'effetto della misura laddove la cosa appartenga a persona estranea al reato ovvero trattisi di cosa la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione od alienazione siano consentiti mediante autorizzazione amministrativa. Vi sono poi altre norme penalistiche le quali colpiscono soltanto indirettamente gli enti dotati di personalità giuridica: è quanto accade tipicamente in materia di pene accessorie (interdizione e sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) 4, introdotte dalla L. n. 689/81, le quali sono in grado di incidere negativamente sulla gestione verticistico-societaria, inibendola a coloro i quali si siano resi responsabili di certi reati; ovvero in materia di pubblicazione della sentenza penale di condanna, quando viene disposta ex art. 186 c.p. a titolo di riparazione del danno o negli altri casi previsti dalla legge, come accade per certi delitti contro l'economia pubblica, l'industria ed il commercio (artt. 501 bis e 518 c.p.), per l'inevitabile ricaduta sul piano del danno all'immagine. D'altro canto, sul versante della legittimazione processuale della societas, occorre pure ricordare che le ipotesi più rilevanti sono essenzialmente costituite dai risvolti processuali delle norme sostanziali già esaminate in ordine alla citazione del responsabile civile e del civilmente obbligato per la pena pecuniaria (si v. in proposito quanto disposto dagli artt. 83-89 c.p.p.), ovvero riguardano aspetti legati alla restituzione delle cose sequestrate et similia.

@3. La situazione del diritto penale-amministrativo

In realtà, quando si parla di responsabilità penale delle persone giuridiche, occorrerebbe preliminarmente distinguere due diversi piani di rilevanza, l'uno strettamente penalistico, l'altro penal-amministrativo 5. E, sebbene, da più parti si individui quest'ultimo sottosistema, come un possibile strumento giuridico per la costruzione della responsabilità degli enti, non può d'altra parte mancarsi di rilevare anche in esso la ricorrenza di alcuni fatali sbarramenti: pensiamo alla previsione della semplice obbligazione solidale a carico della società per il pagamento della sanzione amministrativa, salvo il diritto di...

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