Riciclaggio e impiego di capitali di provenienza illecita . Rapporti con il reat o di associazione mafiosa

AutoreArcangela Maria Tamburro
Pagine8-11
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dott
1/2015 Rivista penale
DOTTRINA
RIcIcLAggIo E ImPIEgo
dI cAPITALI dI PRoVENIENzA
ILLEcITA. RAPPoRTI coN
IL REATo dI ASSocIAzIoNE
mAfIoSA
di Arcangela Maria Tamburro
1. Sin dalla loro entrata in scena nel tessuto codicistico
penale, i reati di cui agli articoli 648 bis (riciclaggio) e 648
ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza ille-
cita) hanno incontrato nella prassi giudiziaria diff‌icoltà di
applicazione e sollevato questioni di non facile soluzione,
specie nei casi dei delitti di criminalità organizzata, in
particolare, quella di stampo maf‌ioso.
Nel mondo della criminalità maf‌iosa il riciclaggio o
il reimpiego di capitali costituiscono, secondo l’id quod
plerumque accidit, il normale mezzo per conseguire un
precipuo scopo, quello del perseguimento di attività eco-
nomiche o f‌inanziarie, siano esse formalmente lecite o
illecite, perché in fondo è l’associazione maf‌iosa in quanto
tale a creare direttamente proventi suscettibili di essere
“ripuliti” o reimpiegati, senza la necessità della commis-
sione di altri diversi reati da qualif‌icare come f‌ine dell’as-
sociazione ma soltanto attraverso gli strumenti del meto-
do maf‌ioso (omertà, intimidazione o violenza) (in questo
senso, anche Cass. pen., sez. VI, 30 ottobre 2009 n. 45643 in
Foro it., 2010, II, 242; Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008
n. 6930; Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008 n. 2451; Cass.
pen., sez. I, 27 novembre 2008 n. 1439; Cass. pen., sez. I,
27 novembre 2008 n. 1024; Cass. pen., sez. I, 27 novembre
2008 n. 6931; da ultimo, anche Cass. pen., sez. un., 13 giu-
gno 2014 n. 25191). È quanto può desumersi dai commi
3 e 6 dell’art. 416 bis c.p., ma in particolare dal comma 7
che, nel prevedere la conf‌isca obbligatoria, nei confronti
del condannato per il reato di associazione maf‌iosa, delle
cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il prof‌itto o che
ne costituiscono l’impiego (e, quindi, non solo di quelle
acquisite unicamente grazie alla commissione dei singoli
reati-f‌ine), presuppone che l’associazione maf‌iosa in
quanto tale sia fonte produttiva di ricchezze illecite. Ne
consegue che l’associazione maf‌iosa può costituire, senza
ombra di dubbio, il «delitto presupposto» del riciclaggio o
reimpiego.
Dunque, la vera questione che si pone è se sia conf‌igu-
rabile un concorso tra i delitti di cui agli articoli 648 bis
c.p. o 648 ter c.p. e quello di cui all’art. 416 bis c.p., quando
la contestazione di riciclaggio o reimpiego riguardi dena-
ro, beni o altre utilità provenienti proprio dal delitto di
associazione maf‌iosa.
2. Come è noto, gli articoli 648 bis c.p. e 648 ter c.p. si
pongono come reati comuni, punendo la condotta posta in
essere da “chiunque”. Tuttavia, la espressa clausola di ri-
serva contenuta nell’incipit delle due disposizioni (“fuori
dei casi di concorso nel reato”) lascia chiaramente inten-
dere che il soggetto attivo dei reati in esame sia soltanto
colui che non abbia commesso o concorso a commettere il
delitto presupposto, concorso da valutarsi secondo l’ordi-
nario criterio di contribuzione causale, pur minima, alla
condotta delittuosa presupposta. In tal caso, le ipotesi di
riciclaggio e reimpiego assumono la qualif‌ica di «post fac-
tum non punibile» in virtù del principio del ne bis in idem
sostanziale, considerato che punire a titolo di riciclaggio
o reimpiego il soggetto attivo del delitto presupposto com-
porterebbe una doppia punizione per un medesimo fatto,
il cui disvalore è già incluso nel reato presupposto. È fuori
dubbio che l’attività di investimento dei proventi di delitti
rappresenti il frutto della precedente attività delittuosa
in quanto, secondo l’id quod plerumque accidit, essa co-
stituisce lo strumento per conseguire lo scopo per il quale
fu commesso un precedente delitto.
Il signif‌icato della suddetta clausola, però, è stato va-
riamente inteso sia in giurisprudenza che in dottrina.
In una prima occasione, la giurisprudenza di legittimità
ha affermato che essa sia ricollegabile proprio alla fatti-
specie del «post factum non punibile» (in maniera appro-
fondita, si veda Cass. pen., sez. V, 10 gennaio 2007 n. 8432);
in una successiva occasione, invece, ha sostenuto che essa
esprime unicamente un rapporto di sussidiarietà (in questo
senso, Cass. pen., sez. II, 16 novembre 2009 n. 47375). Dal
suo canto, la dottrina, seppur in parte ha aderito alla prima
impostazione giurisprudenziale, ha osservato, invece, che
l’esclusione della sanzione penale nei confronti dell’autore
del reato presupposto costituisce semplicemente una cau-
sa soggettiva di esclusione della punibilità alla cui stregua
il legislatore, pur riconoscendo il disvalore penale del fatto,
rinuncia a sanzionarlo con la pena.
Da ultimo, però, deve segnalarsi l’orientamento inter-
pretativo espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione
con sentenza n. 25191 del 13 giugno 2014 (supra citata
e di cui si proferirà tra breve), le quali hanno ritenuto di
interpretarla come “deroga al concorso di reati che trova
la sua ragione di essere nella valutazione, tipizzata dal le-
gislatore, di ritenere l’intero disvalore dei fatti ricompreso
nella punibilità del solo delitto presupposto”.
A questo punto, il problema è verif‌icare se il partecipe
dell’associazione maf‌iosa possa compiere autonomo delit-
to di riciclaggio o reimpiego di capitali, realizzandosi così
un’ipotesi di concorso di reati.
Considerato che l’art. 416 bis c.p., nel punire, per
l’appunto, il delitto di associazione maf‌iosa, prevede già
al sesto comma la condotta di riciclaggio o reimpiego
come aggravante speciale del reato medesimo, il reato di
associazione maf‌iosa deve considerarsi come reato com-
plesso ex art. 84 c.p. e, pertanto, nel caso di specie, non si

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