La qualità delle regole nell'amministrazione digitale

AutoreMichele Corradino
CaricaL'autore è consigliere di Stato
Pagine33-42

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La qualità delle regole è al centro, in questo periodo, di un intenso dibattito dottrinario che, per il vero, non si addentra in un terreno del tutto inesplorato.

Da un lato va osservato, infatti, che la dottrina italiana da tempo1 si interroga sui fenomeni normativi (in generale) e sul fenomeno della "crisi della legge" (in particolare), al fine di individuarne gli antecedenti causali e le possibili "indicazioni terapeutiche".

La "crisi della legge", complesso fenomeno frutto di una perniciosa combinazione di alcuni fattori, quali l'inflazione normativa2 (regulatory inflation), l'inquinamento normativo (regulatory pollution), inteso come involuzione della qualità, e l'impoverimento della funzione regolativa della legge, è espressione di elementi di natura strutturale e fisiologica3 ma anche di natura patologica4.

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La crisi della legge rappresenta uno dei più rilevanti fattori causali della crisi di competitività dei sistemi economici dei Paesi occidentali.

È stato stimato, infatti, che le burdensome regulations, il peso dei carichi regolativi (regulatory costs), la complessità degli adempimenti burocratici (compliance costs) costituiscono una forte remora all'intrapresa di attività imprenditoriali5.

D'altro lato, va detto che - già a partire dagli anni '90 dello scorso secolo - la presa di coscienza del rapporto tra modernizzazione delle istituzioni pubbliche e qualità della regolazione, da un lato, e competitività, dall'altro, è stata alla base della crescente attenzione dedicata (soprattutto a livello internazionale6) alla semplificazione ed alle iniziative di better regulation e good regulatory governance.

Anche la giurisprudenza (con una interessante convergenza trasversale che lega Corte costituzionale, Corte di Giustizia delle Comunità europee e Consiglio di Stato) è entrata nell'articolato dibattito, estrapolando l'oscurità dei testi normativi dai trattati di tecnica della costruzione delle regole giuridiche per qualificarla come fatto giuridico, idoneo cioè a provocare conseguenze sul piano giuridico, cogliendo il profondo nesso strutturale che lega l'intellegibilità7 della norme giuridiche (intesa comePage 35 predefinibilità dei comandi e dei divieti) all'efficienza dell'azione amministrativa e alla tutela delle libertà economiche dell'imprenditore e dei diritti dell'individuo nel suo rapporto con il potere amministrativo.

In questi ultimi mesi, complici l'alacre attività legislativa8 che ha condotto all'emanazione di codici e le raffinate considerazioni giuridiche contenute nei pareri9 del Consiglio di Stato che hanno accompagnato la loro definizione, il dibattito sulla qualità delle regole si è polarizzato intorno al rapporto fra semplificazione e codificazione, nel quale la buona codificazione viene vista come tecnica di semplificazione10.

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Nella codificazione si è visto anzi un segno dei tempi, una scelta di metodo univoca, assunta dal legislatore per far fronte ai cambiamenti subiti dalle materie regolate sotto il profilo tecnico, economico e sociale.

Si è detto, così, che la tendenza alla codificazione si pone in diretta continuità e, anzi, costituisce il momento culminante del processo di decodificazione avviato alla fine degli anni '70.

Un processo di dequotazione della centralità del codice con spostamento dell'asse normativo verso le leggi speciali regolative di settori a cui viene riconosciuta un'autonomia scientifica e una specificità tecnica che reclamano un ordinamento particolare quando non addirittura sezionale11.

Non solo negli scritti di Irti, profetici in questo senso, ma anche nei citati pareri del Consiglio di Stato viene registrato il declino del codice12, quale tecnica principale di normazione, e con esso il tramonto della pretesa sistematizzante dello Stato borghese.

La centralità del codice ed il suo tentativo egalitario di reductio ad unum (la base concettuale delle codificazioni ottocentesche è, infatti, quella di cristallizzare nel dato normativo il "principio di unità del soggetto giuridico", superando le consolidazioni settecentesche che riflettevano una società suddivisa in stande; inoltre, le codificazioni ottocentesche avevano la pretesa di essere tendenzialmente immutabili)13 non rispondono più alla natura multiforme delle materie da disciplinare e si frantumano in una molteplicità di centri di aggregazione che codificano norme settoriali.

Dalla centralità del codice si passa al policentrismo dei codici con la conseguenza che l'attenzione è tutta puntata sulla qualità di questo processo di deframmentazione a macchia di leopardo.

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Ora, che questo processo sia in corso e che abbia dimensioni imponenti non è dubitabile: lo testimoniano i numerosi testi unici14, nonché i codici di recente emanazione e quelli in via di approvazione15.

Ma si è certi che sia questo l'unico fenomeno registrabile?

Se è certa la diffusione dei codici, è altrettanto certo il declino del codice? È altrettanto sicuro il tramonto della volontà sistematizzante dello Stato e delle sue leggi?

Diversi elementi inducono a ritenere il contrario e a cercare quindi una strada della qualità che passi attraverso la qualità della norma generale piuttosto che attraverso la molteplicità del particolare.

In realtà, insieme al moltiplicarsi dei centri di aggregazione normativa si assiste ad un espandersi delle normative generali e quindi della loro tendenza unificante e sistematizzante.

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La molteplicità atomistica del particolare16, delle norme di settore, ruota intorno ad un nucleo centrale ben saldo e sempre più ampio.

Lo dimostrano alcune riforme importanti del diritto civile, quella relativa alla tutela dei diritti dei consumatori17 o quella relativa al nuovo diritto societario18, che continuano a trovare nel codice civile la sedes materiae più idonea alla regolamentazione di rapporti economici.

Lo dimostra certamente il diritto amministrativo che di fronte alla crescente formalizzazione normativa di procedimenti speciali19 non rinuncia alla sistematicità e alla unicità di una legge generale sul procedimento, pur in assenza di una competenza esclusiva assegnata sulla materia dal nuovo Titolo V della Costituzione.

Ad una forza centrifuga si contrappone insomma una forza centripeta di paragonabile intensità.

E allora, poiché tanto si è detto sulla qualità del processo di codificazione al di fuori del codice, potrebbe essere importante guardare alla qualità degli interventi sul nucleo normativo centrale, sulle leggi generali, suiPage 39 rapporti tra codice, codici e norme sistematizzanti: in altre parole sulla coerenza complessiva del sistema (includendovi anche i princìpi fondanti il nostro ordinamento costituzionale).

Così deve essere rilevato che nel recente parere della Sezione per gli atti normativi, n. 11995/04 del 7 febbraio 2005 sullo schema di Codice dell'amministrazione digitale il Consiglio di Stato ha evidenziato che uno dei pericoli principali - che fa parte del fenomeno noto come digital divide - è quello che un rilevante numero di cittadini (anziani, disabili, soggetti con basse scolarità, emarginati, abitanti in aree remote o rurali, in ritardo con 1' "alfabetizzazione informatica" o semplicemente diffidenti) possa risultare discriminato o addirittura socialmente emarginato da un passaggio radicale e non bilanciato ad un'amministrazione esclusivamente digitale.

Il Consiglio ha, pertanto, suggerito che l'abbandono delle modalità tradizionali di azione amministrativa sia accompagnato da misure concrete che prevedano azioni adeguate per...

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