Quesiti di incostituzionalità del codice delle assicurazioni private (D.L.vo n. 209/05)

Autore#7-2008
CaricaAvvocato, Presidente Aneis
Pagine597-604

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1º quesito: «Se il regime previsto dagli articoli 141 terzo comma e 149 sesto comma del nuovo Codice delle assicurazioni, in deroga alle direttive europee in materia di rca, sia coerente o meno con i principi delle direttive europee o se invece indebolisca il regime di tutela della parte debole ovvero anche del responsabile civile persona fisica».

Questione pregiudizievole europea

Il decreto legislativo n. 198 (in vigore dal 24 novembre 2007) del 6 novembre 2007 dichiara espressamente di apportare modifiche al Codice delle assicurazioni (in vigore dal 1º gennaio 2006 ai sensi dell'art. 355), per conformare la legislazione italiana alla quinta direttiva del Parlamento e del Consiglio europeo (2005/14 CEE in vigore, ai sensi dell'art. 6, dal giorno 11 giugno 2007 anche per l'Italia).

In particolare tale direttiva, nel ventunesimo considerando, che esprime chiaramente una ratio legis di conformazione, invita il legislatore nazionale alla previsione della facoltà, della parte lesa, di citare in giudizio l'assicuratore del responsabile civile nello Stato membro in cui essa è domiciliata (forum electionis), secondo l'art. 5 della direttiva quinta, che modifica la quarta direttiva 2000-26 (recepita dal Codice delle assicurazioni italiano), introducendo l'art. 16 bis secondo cui «la parte lesa può citare a giudizio l'assicuratore del responsabile civile dello Stato membro in cui essa è domiciliata», dando così forma di precetto chiaro e generale al principio indicato nel «Considerando».

Ciò significa che dalla interpretazione sistematica delle prime quattro direttive (che il Codice delle assicurazioni introdotto dal D.L.vo 7 settembre 2005 n. 209, espressamente richiama nel suo preambolo, prima di esporre i precetti normativi) e dalla stessa logica sistematica del diritto italiano, vigente e razionalizzato attraverso la codificazione in conformità della legge delega (la quale afferma espressamente di richiamarsi alle prime quattro direttive), emerge il seguente «principio generale di tutela» (già espresso dall'art. 18 della legge organica 1969 n. 990) che conferisce il diritto alla «azione diretta» del danneggiato per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione.

Il Codice delle assicurazioni del 2005 (emanato prima della vigenza della quinta direttiva) reca due vistose deroghe alla regola generale e il decreto legislativo n. 198/2007, di conformazione, malgrado tale affermata volontà di conformarsi alla quinta direttiva, la ignora vistosamente proprio per le due norme in deroga (art. 141, terzo comma e art. 149, sesto comma), creando così un'anomalia e un privilegio tutto italiano, apparentemente in favore della vittima, ma più realisticamente in favore dell'assicuratore.

Vediamo dunque di esaminare le due norme in deroga della cui approfondita lettura deve farsi carico anche il giudice italiano remittente.

1) L'art. 141 al terzo comma del nuovo Codice delle assicurazioni prevede che il terzo trasportato eserciti l'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo, al momento del sinistro, nei termini di proponibilità di cui all'art. 145.

Si tratta dunque, a prima vista, di norma di favore per il terzo trasportato, che esercita l'azione nei confronti dell'assicuratore del veicolo ospitante, per esserne garantito, a prescindere dall'onere di individuare il responsabile civile ed il suo assicuratore, se l'incidente è invece imputabile ad un conducente antagonista o tamponante.

Ma la seconda parte del terzo comma reca una importante puntualizzazione: l'impresa assicuratrice del responsabile civile può (è una facoltà) intervenire nel giudizio e può estromettere l'impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato.

Questo aggiustamento del litisconsorzio, ad impulso di parte, è stato preso per evitare una sicura eccezione di incostituzionalità, sollevabile dal responsabile civile pretermesso nel giudizio e dallo stesso assicuratore.

Senza la correzione la deroga italiana sarebbe stata una norma di privilegio di una parte debole (la vittima), ma anche di penalizzazione di una seconda parte debole (il responsabile civile assicurato, persona fisica) e di una parte forte (l'assicuratore del responsabile) che potrebbe avere interesse a non intervenire (e di solito non interviene), posto che se dovesse intervenire non potrà fare altro che: o contestare la responsabilità del danneggiato o ammettere la responsabilità del proprioPage 598 assicurato, con un eventuale conflitto di interessi, specie se vi è patto di gestione della lite.

Nonostante la correzione resta, tuttavia, nella norma italiana, un privilegio contrario allo spirito delle direttive europee (in relazione alla configurazione di un'azione diretta a un litisconsorte processuale e sostanziale integro, tra tutte le parti e tutte le assicurazioni interessate).

Con le nuove norme viene invece a concretizzarsi un giudizio civile, radicato presso un giudice imparziale, cui però è sottratto persino il potere di condanna, se l'impresa che interviene pretende la estromissione dell'assicurazione antagonista, limitandosi a riconoscere (anche contro la volontà del responsabile civile) la responsabilità del proprio assicurato.

Il che, in parole povere, significa che con il nuovo tipo di giudizio che si celebra nel rispetto della norma in deroga, prevale un interesse extraprocessuale di amichevoli accordi tra imprese, che operano sulle teste del danneggiato e dell'assicurato, così annullando il potere giurisdizionale di controllo del giudice.

Potrebbe in vero verificarsi il caso di un conflitto di interessi tra assicurato ed assicuratore in ordine alla gestione della lite. Infatti il responsabile civile che ritenesse di avere ragione, in tutto o in parte, potrebbe resistere in proprio e proporre domanda per mala gestio contro l'assicuratore che erroneamente ha sostenuto la responsabilità del proprio assicurato; ma ciò, ovviamente, comporterebbe la conoscenza del comportamento dell'assicuratore e della sua strategia difensiva.

La norma italiana appare dunque in evidente contrasto con i principi scaturenti dalle cinque direttive europee in materia di azione diretta, integrità del litisconsorzio, unicità dell'accertamento del fatto illecito da circolazione, uniformità di decisioni giudiziarie che facciano stato per tutti i litisconsorzi.

Ed è una anomalia rilevante per il numero delle liti in cui sia parte un terzo trasportato, italiano o cittadino dell'Unione, se la lite è incardinata in Italia, contro l'assicurazione di uno Stato membro, costretta a subire un giudizio a contraddittorio limitato e con un accertamento sommario del fatto illecito che, come detto, presuppone un amichevole accordo tra trasportato ed assicuratore, relegando il giudice ad una semplice attività notarile di presa di atto. L'anomalia è tale da determinare rilevanti effetti distorsivi del regime concorrenziale, favorendo accordi sottostanti tra imprese o tra imprese e danneggiati o terzi trasportati, sottratti ad un reale controllo del giudice imparziale.

Dovrebbe diventare automatico, allora, per il giudice europeo, considerare l'incompatibilità e l'incoerenza della normativa nazionale italiana e il doppio deficit strutturale di tutela:

a) la prima sul piano della deroga al principio generale dell'azione diretta verso l'assicuratore del responsabile civile che assicura l'integrità e la completezza del contraddittorio e

b) la seconda sui mezzi di difesa e sul principio generale della giurisdizione piena del giudice nazionale, in relazione all'accertamento del fatto storico da illecito della circolazione.

2) Altrettanto, se non più, gravi sono i rilievi sollevabili, in ordine al regime in deroga, previsto dal sesto comma dell'art. 149, considerato che tale norma sembra obbligare (pur contenendo la formula «può») la vittima a proporre l'azione nei confronti del proprio assicuratore, ove ricorrano le condizioni del primo comma (sinistro tra due veicoli a motore identificati e assicurati per la responsabilità civile obbligatoria dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti ed ai loro conducenti) e sia fallita la procedura amichevole della congrua offerta.

Anche questa norma è chiaramente in deroga al principio generale europeo dell'azione diretta, ma ha una maggiore potenzialità eversiva, considerato che, anche sul piano della corretta concorrenza tra le imprese, statisticamente, coinvolge un numero certamente maggiore di danneggiati (secondo le statistiche nazionali e ministeriali, siamo nell'ordine di centinaia di migliaia di parti lese).

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