Il punto di vista dell'Università: Questioni varie in tema di impugnazione dei provvedimenti di separazione e divorzio

AutoreFrancesco Paolo Luiso
Occupazione dell'autoreProfessore di diritto processuale civile, Università di Pisa
Pagine83-93

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@1. Premessa

Nel programma dell'incontro, la sessione, alla quale sono stato chiamato a dare il mio contributo, è significativamente intitolata all'appello camerale. E non c'è dubbio che i problemi più rilevanti, in materia di impugnazione dei provvedimenti di separazione e divorzio, sono creati appunto dalla previsione - più netta per il processo di divorzio (art. 4, comma 15, l. 898/1970), più sfumata per il processo di separazione (art. 709-bis c.p.c.) - relativa alle modalità di proposizione, svolgimento e decisione del processo di appello. Ma l'argomento, proprio perché centrale, sarà ampiamente trattato nelle altre due relazioni che compongono questa sessione: per cui ho ritenuto opportuno concentrare il mio intervento su altri problemi, che si presentano in materia di impugnazione delle sentenze pronunciate nei procedimenti di separazione e divorzio.

Un'indagine giurisprudenziale concentrata sulle pronunce edite negli ultimi venticinque anni indica alcune questioni specifiche in tema di impugnazione delle sentenze di separazione e di divorzio, che è opportuno affrontare, quantomeno per fare il punto su di esse anche alla luce delle recenti riforme: si tratta, in primo luogo, della c.d. sentenza non definitiva di separazione e divorzio; in secondo luogo, del potere di impugnazione del PM; e, infine, della legittimazione a impugnare delle parti e del correlato fenomeno del passaggio in giudicato delle relative sentenze.

@2. Presupposti e contenuto della sentenza non definitiva di separazione e divorzio

Iniziando dalla prima questione, gli elementi normativi sono offerti dall'art. 4, comma 12 della l. 1º dicembre 1970, n. 898 e dall'art. 709-bis c.p.c. Quest'ultima norma prevede che, "nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l'affida- Page 84 mento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto appello immediato che è deciso in camera di consiglio". L'altra norma, invece, in modo più sintetico afferma che, "nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato".

Il primo presupposto per la pronuncia della sentenza non definitiva di separazione e divorzio è dunque costituito da un processo cumulato, cioè nel quale vi sono più oggetti di decisione, il che di solito è la conseguenza dell'avvenuta proposizione di più domande. È chiaro, infatti, che se l'unico oggetto del processo è costituito dalla domanda di separazione o di divorzio, l'unica pronuncia possibile è appunto quella che accoglie o rigetta l'unica domanda proposta, e che dunque è necessariamente una sentenza definitiva. Nel caso di specie, poi, occorre tener conto del fatto che le pronunce relative ai figli minori debbono essere prese dal giudice ex officio, e quindi anche se non vi è non dico la domanda, ma neppure la sollecitazione di uno dei coniugi. Dunque, in materia di separazione e divorzio, ben vi può essere un processo cumulato pur in assenza di una pluralità di domande.

La novellazione dell'art. 709-bis c.p.c. ha definitivamente chiarito che quella di addebito costituisce un'autonoma domanda nell'ambito del processo di separazione, e non costituisce invece il profilo interno di un'unica domanda. La questione era già stata risolta nello stesso senso dalla giurisprudenza della Cassazione1, mentre in precedenza si riteneva prevalentemente che la decisione sulla richiesta di addebito non potesse essere separata dalla sentenza sulla separazione. Pertanto, ove la sentenza di separazione sia impugnata limitatamente al solo addebito, si verifica il passaggio in giudicato della pronuncia di separazione2.

Nonostante che l'art. 4, comma 12 della l. 898/1970 - pur esso modificato, come l'art. 709-bis c.p.c., dalle riforme del 2006 - continui a riportare la precedente restrittiva dizione, che fa riferimento unicamente alla determinazione dell'assegno, si deve ritenere che anche nel processo divorzile la situazione non sia diversa da quella del processo di separazione, e che dunque il cumulo, in presenza del quale si ha la pronuncia della sentenza non definitiva di divorzio, può verificarsi in presenza di qualunque altra situazione, nella quale il giudice sia chiamato a pronunciarsi su più oggetti processuali, e dunque non soltanto sulla determinazione dell'assegno.

Una volta che si sia in presenza di un processo cumulato, si realizza il presupposto minimo oggettivo per la pronuncia della sentenza non definitiva di separazione o di divorzio. La fattispecie è quella stessa prevista dall'art. 277, comma 2, c.p.c., dalla quale peraltro differisce in quanto la norma generale, per la pronuncia separata su una o alcune delle più domande proposte, richiede l'istanza di parte e la verifica, da parte del giudice, Page 85 della esistenza di un apprezzabile interesse della parte richiedente per la sollecita definizione di alcune soltanto della domande cumulate. Nel nostro caso, invece, la sussistenza di tale interesse non è oggetto di valutazione da parte del giudice, in quanto sia l'art. 709- bis c.p.c. sia l'art. 4, comma 12 della l. 898/1970 lo danno per esistente ope legis: rectius, non subordinano la pronuncia della sentenza non definitiva alla esistenza di un tale interesse, e alla sua verifica da parte del giudice.

Inoltre, mentre l'art. 279, comma 2, c.p.c. richiede un'istanza di parte, gli artt. 709-bis c.p.c. e 4, comma 12 della l. 898/1970 non ne fanno menzione: dunque, la sentenza non definitiva deve essere pronunciata anche se nessuna delle parti la richiede espressamente3.

Come nell'ipotesi prevista dagli artt. 277, comma 2, c.p.c. e 279, comma 2, nn. 4 e 5 c.p.c., è peraltro necessario che la domanda di separazione o divorzio sia matura per essere decisa: è evidente, infatti, che se per essa si rendesse necessario lo svolgimento di attività istruttoria, il collegio, al quale la causa fosse rimessa dal giudice istruttore, non potrebbe pronunciare una sentenza, ma dovrebbe pronunciare l'ordinanza prevista dall'art. 279, comma 1, c.p.c.

Quanto sopra esposto mostra chiaramente che - al di là della terminologia utilizzata sia dall'art. 709-bis c.p.c. sia dall'art. 4, comma 12 della l. 898/1970 - la sentenza "non definitiva" di separazione e divorzio non ha niente a che vedere con la sentenza "non definitiva" di cui all'art. 279, comma 2, n. 4 c.p.c. La pronuncia di separazione e divorzio definisce uno dei più oggetti del processo, mentre la sentenza non definitiva si limita a decidere di una delle più questioni, di rito o di merito, rilevanti all'interno di un unico oggetto. E, dunque, mentre l'immediata impugnazione di quest'ultima devolve al giudice dell'appello lo stesso oggetto che rimane pendente innanzi al giudice che ha pronunciato la sentenza appellata (rimanendo diversificata solo la rispettiva cognizione: in sede di appello la questione, oggetto della non definitiva; in primo grado, tutte le altre questioni a eccezione di quella oggetto della non definitiva), nel nostro caso l'immediata impugnazione della sentenza devolve al giudice di appello un ambito di decisione rispetto al quale il potere del giudice di primo grado è oramai interamente esaurito. Con la conseguenza che, come vedremo, la sentenza di appello potrà esplicare efficacia sul processo di primo grado, eventualmente ancora in corso sugli altri oggetti, ai sensi dell'art. 336, comma 2, c.p.c.

Ancora: come abbiamo distinto la sentenza non definitiva di separazione e divorzio dalla sentenza non definitiva di cui all'art. 279, comma 2, n. 4 c.p.c., così dobbiamo distinguerla dalla sentenza di cui all'art. 279, comma 2, n. 5 c.p.c. Quest'ultima fattispecie è caratterizzata dalla separazione delle più cause cumulate: quella o quelle decise e quella o quelle rimaste da decidere, infatti, in virtù del provvedimento di separazione seguono, da quel momento in poi, strade diverse. La pronuncia della sentenza non definitiva di separazione o divorzio, invece, non produce una scissione del cumulo, che resta tale anche se uno dei suoi molteplici oggetti si trova pendente innanzi al giudice dell'impugnazione. Page 86

Del resto, una separazione fra la causa di separazione o divorzio e le altre cause a essa cumulate non sarebbe neppure pensabile, poiché fra di esse intercorre una connessione per pregiudizialità, e ben si sa che in presenza di una tale connessione lo scioglimento del cumulo processuale non è ammissibile.

Resta confermato, dunque, che la sentenza non definitiva di separazione e divorzio è perfettamente equiparabile alla sentenza parzialmente definitiva, di cui all'art. 277, comma 2, c.p.c., dalla quale differisce, come già detto, solo per la diversità di condizioni per la sua pronuncia: il collegio, se la domanda di separazione o divorzio è matura per la decisione, deve deciderla immediatamente, senza valutare se la sua decisione immediata risponde a un apprezzabile interesse della parte, e senza che l'istanza di questa sia necessaria. Sotto ogni altro profilo, invece, vi è perfetta analogia fra la sentenza parzialmente definitiva e la sentenza non definitiva di separazione e divorzio.

@3. L'impugnazione della sentenza non definitiva di separazione e divorzio

Appurati presupposto e contenuto della sentenza non definitiva di separazione e divorzio, resta da vedere come mai il legislatore abbia...

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