Prospettive di una penalizzazione del mobbing

AutoreMarina Sansone
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@1. Considerazioni introduttive.

Le trasformazioni sociali in atto hanno generato effetti a catena in tutti gli spazi di relazione umana. Il significato sociale del lavoro, in particolare, non è esente da questo cambiamento sia a livello percettivo-proiettivo che cognitivo. Il lavoro, infatti, richiede interventi strutturali non soltanto per la realizzazione di aspettative comuni di massima occupazione ma di recupero delle sue valenze sociali. Il mobbing può considerarsi come l'espressione dell'incapacità diffusa di gestire il disagio del nuovo sistema relazionale.

L'approccio sociologico allo studio del mobbing in questo senso può coniugarsi con quello medico, se la prospettiva adottata è quella che vede malessere e benessere individuale del lavoratore coincidere con quello dell'impresa: una prospettiva in cui la realizzazione del successo sociale del benessere individuale connoti di una nuova valenza il significato di ecologia sociale delle risorse umane 1.

Di tale avviso sembra il Parlamento europeo che in una recente Risoluzione, nel ribadire la necessaria attenzione agli effetti devastanti del mobbing sulla salute psico-fisica delle vittime nonché delle loro famiglie (approccio medico), evidenzia tra le cause del mobbing le carenze a livello di organizzazione lavorativa, di informazione e di direzione (approccio sociologico) accentuandone le conseguenze negative in termini di redditività e produttività dell'impresa 2.

Lo scenario in cui il mobbing nasce è alimentato da un'organizzazione del lavoro caratterizzata da atteggiamenti di «competitività distruttiva» anziché di «emulazione solidale», miope quanto alle conseguenze di lunga durata se non addirittura penalizzata da costi di ritorno delle pratiche mobbizzanti 3.

L'indirizzo giurisprudenziale in Italia si è però assestato sull'approccio medico, annoverando tra i rischi che tradizionalmente causano alterazioni della salute addebitabili al lavoro e cioè quelli fisici, psichici, chimici, ambientali i rischi di nuova generazione definiti appunto «relazionali» o «interpersonali» 4.

I danni di natura psico-fisica che tali rischi comportano vanno dai più o meno lievi disturbi dell'adattamento alla nota triade depressione, ansia, panico che talvolta può condurre alla morte (suicidio, infarto da mobbing) 5.

Per l'azienda i danni diretti (produttività, redditività) e/o indiretti (così dovuti ad assenteismo, indennità ai lavoratori dimessi o licenziati) di natura economica, placcano l'immagine interna ed esterna (effetti su i sighted mobbers ovvero testimoni, e in genere sugli stakeholders...) connotandone la mission aziendale 6.

Il fenomeno investe insomma più aree: la medicina come la sociologia e la psicologia del lavoro o quella giudiziaria, denunciandone insieme agli effetti devastanti le pesanti ricadute sociali e giuridiche 7.

Già la denominazione del fenomeno mutuata dall'etologia (to mob assalto del branco contro l'animale isolato) connota la sua intrinseca negatività in quanto associa al comportamento animale la corrispondente condotta umana seppure contestualizzandola al mondo del lavoro.

Sotto un profilo giuridico, il mobbing si sviluppa intorno a tre distinte figure soggettive mobber o aggressore - mobbed o vittima - sighted mobber o spettatore che, assumendo posizioni diverse, possono dar luogo alle tre tipologie di mobbing verticale, orizzontale e ascendente 8.

Il mobbing verticale è posto in essere dal datore di lavoro o dai sovraordinati, quello orizzontale è compiuto dai colleghi di pari grado mentre l'ascendente è messo in atto dagli inferiori gerarchici o/e dai subordinati ai danni del loro superiore.

Una recente definizione del mobbing, che ci sembra riassumere puntualmente tutte le precedenti, lo configura come una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causarePage 886 alla vittima danni di vario tipo e gravità 9. Il mobbizzato si trova nell'impossibilità di reagire adeguatamente a tali attacchi e a lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e dell'umore che possono portare anche a invalidità psicofisica permanente 10.

L'ambiente lavorativo, la frequenza, la durata, e il tipo di azioni, le diverse posizioni dei soggetti coinvolti, la necessità o meno dell'intento persecutorio costituiscono i parametri necessari per il riconoscimento del mobbing da parte dei giudici 11. La tentazione di liquidare il mobbing identificandolo nel fisiologico conflitto sempre esistito tra impresa e lavoratore si scontra non solo con la centralità che l'argomento occupa nella legislazione dell'Unione Europea, ma soprattutto con il progredire della «giuridica rilevanza» che la sofferenza umana reclama come ineludibile, richiamo avvertito dai giudici, autentici interpreti della «coscienza sociale» che in numerose sentenze hanno dato vita ad una vera e propria norma giurisprudenziale in tema di responsabilità da mobbing 12.

Probabilmente il modello di regolazione attualizzato per coniugare flessibilità e precarizzazione dei rapporti di lavoro ne alimenta le incertezze e contribuisce ad elevare la suscettibilità dei lavoratori a comportamenti datoriali poco ortodossi, laddove invece il tradizionale schema di rapporto di lavoro sempre meno blindato concede spazio a pratiche più «etiche» per fini espulsivi 13.

Da qui l'inevitabile prioritaria ricerca di stigmatizzare le condotte pregiudizievoli alla salute e al lavoro come «vero» o «presunto» mobbing 14.

La psicologia del senso comune e le categorie giuridiche possono però non coincidere e in questo senso sono state denunciate ulteriori difficoltà di individuare fattispecie giuridiche nelle cause di mobbing 15.

Nella traduzione dei linguaggi, infatti, appare evidente «l'assenza del distinguo tra azioni e realtà psichica da parte del diritto». Si giustifica così il ricorso frequente alle concause cui si riferiscono i medici legali nell'individuazione del danno psicologico da mobbing. Su questo piano, infatti, è particolarmente difficile individuare il nesso causale tra condotta ed evento lesivo che può essere solo parziale o inesistente o imputabile ad una predisposizione soggettiva fino all'ipotesi più eventuale di evidente simulazione 16.

Alle concause viene sempre più diffusamente addebitato il danno psichico preesistente soprattutto ad opera dei consulenti tecnici limitando per questa via una responsabilità piena del mobber laddove invece è proprio la debolezza, la vulnerabilità psicologica innata, la peculiarità che fa del singolo lavoratore un bersaglio privilegiato per la riuscita del mobbing 17.

L'approccio psicologico di gestione dei fenomeni psico-sociali, ai quali afferisce il mobbing, necessita dell'adozione di modelli di carattere «costruttivistico-interpretativo» piuttosto che consentire l'utilizzo di «paradigmi scientifici positivisti»: non vi è dubbio, infatti, che condizioni, elementi e persino eventi differenti possano produrre gli stessi effetti e/o viceversa 18.

Il danno psicologico si fonda sui livelli di attribuzione di senso e significato costruiti nel rapporto tra individuo e contesto e la sua causa va ricostruita su un ideale percorso circolare più che lineare 19.

Il mobbing, afflitto dalla persistente assenza di inquadramento giuridico della fattispecie, gode però, di fatto, di una disciplina risultante dall'apporto di materie diverse (a tale definizione hanno contribuito insieme giudici e avvocati, medici e psicologi) ma soprattutto da quel diritto senza leggi, creato dalla giurisprudenza di cui si è detto 20.

La Corte costituzionale (con sentenza 19 dicembre 2003, n. 359) nel giudicare illegittima la L.R. Lazio 11 luglio 2002, n. 16, contenente disposizioni per prevenire e contrastare il fenomeno del mobbing nei luoghi di lavoro, sotto il profilo della incompetenza della regione a fornire la nozione giuridica di un fenomeno afferente all'ordinamento civile, ha evidenziato che, pur in assenza di una specifica disciplina di legge, il mobbing è stato inserito in atti interni statali e precisamente nel D.P.R. del 2003 di approvazione del piano sanitario nazionale 2003-2005 e nella delibera della stessa data di accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome sul bando di ricerca finalizzata per l'anno 2003 per i progetti ex art. 12 bis D.L.vo 30 dicembre 1992, n. 502 21.

Altro atto era la circolare dell'Inail n. 71 del 17 dicembre 2003, che trattava i disturbi da costrittività organizzativa (cioè di mobbing) come malattia tabellata, non sottoposta, pertanto, alla procedura di accertamento demandata alla commissione scientifica per l'elaborazione e la revisione periodica delle tabelle ex artt. 3 e 211 D.P.R. 1124/65. Tale provvedimento è stato, però, annullato dal Tar Lazio (sentenza 4 luglio 2005 n. 5454) in quanto connetteva l'insorgere di malattie psichiche o psicosomatiche a determinati fattori di nocività, prescindendo dalla necessità di dimostrazione del nesso di causalità, la cui prova grava sul lavoratore 22.

@2. Il primo espresso riconoscimento della rilevanza penale del mobbing nella giurisprudenza del Tribunale di Torino.

Il primo espresso riconoscimento della rilevanza del mobbing, come fattispecie normativa, si deve alle sentenze del Tribunale di Torino, sez. lav., 16 novembre e 30 dicembre 1999, da cui emergono i requisiti indispensabili per la sua configurabilità: le condotte ripetute e costanti nel tempo ed il fine.

Le sentenze hanno l'indubbio merito di avere affrontato il tema con una visione complessiva, riconducendo ad un concetto unitario il mobbing, quale complesso di azioni pregiudizievoli i cui effetti ne-Page 887gativi sulla salute del lavoratore sono ritenuti risarcibili 23.

Successivo è per il giudice il compito di individuare le disposizioni normative utilizzabili o adattabili...

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