Brevi note in tema di responsabilità del proprietario di cabina elettrica non a norma di legge per danni a terzi

AutoreMaria Palma
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Nel processo de quo vi erano due certezze: a) che l'operaio, addetto ai lavori di manutenzione del largario antistante l'azienda, era stato richiesto di compierli dal suo datore di lavoro; b) che, probabilmente, per effetto, in epoca imprecisata, della sostituzione del trasformatore da parte dell'Enel, ente erogatore dell'energia elettrica, i fili della cabina elettrica erano venuti a trovarsi ad una altezza da terra inferiore ai sei metri pervisti dal franco di legge, senza che comunque si provvedesse a proteggerli con idonei mezzi.

La lunga istruttoria e la mancata tempestiva acquisizione, presso l'Enel, da parte del P.M., degli atti probatori tesi ad accertare chi aveva eseguito tali lavori di sostituzione del trasformatore o omesso di controllarne la perfetta esecuzione, induceva il P.M. a chiedere il rinvio a giudizio, sia del datore di lavoro della vittima, sia di due dipendenti dell'Enel che avrebbero dovuto espletare, per effetto del ruolo rivestito nella struttura burocratica di zona, la vigilanza sulla rete elettrica, come da capo d'imputazione.

Per questi ultimi il giudicante ha provveduto al proscioglimento con motivazioni che riteniamo inutile ripetere perché ampiamente e acutamente argomentate e pienamente aderenti alla realtà processuale.

Più complessa si presentava la posizione del rappresentante legale della società che aveva delegato al lavoratore deceduto il compito di pulire il piazzale (e, presumibilmente, non anche i tubi dell'impianto dell'antincendio che scorrevano a distanza di un metro e cinquanta circa dalla cabina elettrica in questione).

Il giudice, dopo aver ritenuto che al datore di lavoro incombesse il dovere di adottare le misure di sicurezza e di vigilare affinché le stesse fossero rispettate dai dipendenti ed, inoltre, che la cabina, malgrado fosse destinata a fornire energia elettrica all'azienda, rimaneva pur sempre di proprietà dell'Enel, ha analizzato il comportamento delittuoso del datore di lavoro, sotto il profilo del mancato rispetto degli artt. 344 e 345 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 e, conseguentemente, dell'obbligo, incombente su quest'ultimo, di impedire al lavoratore di compiere atti che avrebbero potuto portarlo a diretto contatto con il rischio, non ipotetico, di gravi conseguenze lesive.

Correttamente il giudicante ha ritenuto, anche in virtù degli arresti giurisprudenziali della Suprema Corte che, per la violazione della norma, non è necessario che l'attività si svolga sugli...

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