Prime riflessioni critiche sulla sentenza CEDU: 'Contrada c. Italia

AutoreAntonio Esposito
Pagine681-684
681
giur
Rivista penale 7-8/2015
LEGITTIMITÀ
dinanzi a tutti i gradi di giudizio (si vedano i paragraf‌i 10
e 20 supra), non è stata oggetto di un esame approfondito
da parte dei giudici nazionali, essendosi questi ultimi
limitati ad analizzare in dettaglio l’esistenza stessa del
reato di concorso esterno in associazione di tipo maf‌ioso
nell’ordinamento giuridico interno senza tuttavia stabilire
se un tale reato potesse essere conosciuto dal ricorrente
all’epoca dei fatti a lui ascritti (si vedano i paragraf‌i 15,
17 e 18 supra).
74. In queste circostanze, la Corte constata che il reato
in questione è stato il risultato di una evoluzione giurispru-
denziale iniziata verso la f‌ine degli anni ottanta del secolo
scorso e consolidatasi nel 1994 con la sentenza Demitry.
75. Perciò, all’epoca in cui sono stati commessi i fatti
ascritti al ricorrente (1979-1988), il reato in questione
non era suff‌icientemente chiaro e prevedibile per que-
st’ultimo. Il ricorrente non poteva dunque conoscere nella
fattispecie la pena in cui incorreva per la responsabilità
penale derivante dagli atti da lui compiuti (Del Rio Prada
[GC], sopra citata, §§ 79 e 111-118, a contrario, Ashlarba c.
Georgia, n. 45554/08, §§ 35-41, 15 luglio 2014, a contrario,
Rohlena, § 50, sopra citata e, mutatis mutandis, Alimuçaj
c. Albania, n. 20134/05, §§ 154-162, 7 febbraio 2012).
76. La Corte ritiene che questi elementi siano suff‌icien-
ti per concludere che vi è stata violazione dell’articolo 7
della Convenzione.
II. Sull’applicazione dell’articolo 41 della convenzione
77. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della
Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno
dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo
imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione,
la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla
parte lesa.»
A. Danno
78. Per quanto riguarda il danno materiale, il ricorren-
te chiede «la ricostruzione della sua carriera e la restitu-
zione di tutti gli importi da lui non percepiti a causa della
sua condanna». Chiede inoltre «la restituzione di tutti gli
importi che è stato condannato a pagare ».
79. Il ricorrente chiede anche una somma compresa
tra 30.000 e 50.000 euro (EUR)» per il danno morale che
avrebbe subito.
80. Il Governo si oppone a queste richieste e sostiene
che non sono suffragate da elementi di prova.
81. La Corte non scorge alcun nesso di causalità tra la
violazione constatata e il danno materiale dedotto e riget-
ta la richiesta presentata a questo titolo. Invece, considera
che sia opportuno accordare al ricorrente la somma di
10.000 EUR per il danno morale.
(Omissis)
Per questi motivi la corte, all’unanimità,
1. Dichiara il ricorso ricevibile;
2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 7 della
Convenzione;
3. Dichiara
a. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente,
entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza
sarà divenuta def‌initiva conformemente all’articolo 44 § 2
della Convenzione, le seguenti somme:
i. 10.000 EUR (diecimila euro), più l’importo eventual-
mente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
ii. 2.500 EUR (duemilacinquecento euro), più l’impor-
to eventualmente dovuto a titolo di imposta dal ricorrente,
per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla
Corte;
b. che a decorrere dalla scadenza di tale termine e f‌ino
al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di
un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello
delle operazioni di rif‌inanziamento marginale della Banca
centrale europea applicabile durante quel periodo, au-
mentato di tre punti percentuali;
4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.
prIMe rIflessIonI crItIche
sulla sentenza cedu:
“contrada c. ItalIa
di Antonio Esposito
La Corte Europea dei diritti dell’uomo, con decisione
del 14 aprile 2015, emessa nella causa “Contrada c. Italia”,
ha condannato lo Stato italiano per violazione dell’art. 7
della Convenzione che era stato invocato dal ricorrente
il quale assumeva che “il reato di concorso esterno in as-
sociazione di tipo maf‌ioso è il risultato di una evoluzione
giurisprudenziale posteriore all’epoca dei fatti per i quali è
stato condannato” (Punto 31 della sentenza) e che “tenuto
conto delle divergenze giurisprudenziali sulla sentenza di
detto reato, egli non avrebbe potuto prevedere con pre-
cisione la qualif‌icazione giuridica dei fatti che gli erano
ascritti e, di conseguenza, la pena che sanzionava le sue
condotte” (Punto 32).
Il nucleo essenziale della motivazione della sentenza è
costituito dalle seguenti argomentazioni:
La Corte – dopo aver premesso che “l’art. 7 della Con-
venzione richiede che vi sia una base legale per poter inf‌lig-
gere una condanna e una pena”, e che “l’art. 7 § 1 esige che
la Corte esamini se la condanna del ricorrente si fondasse
all’epoca su una base legale” (punto 62) – è pervenuta alle
seguenti conclusioni: a) “il concorso esterno in associa-
zione di tipo maf‌ioso costituisce un reato di origine giuri-
sprudenziale” (punto 66); b) “la Corte ha constatato che
il reato in questione è stato il risultato di una evoluzione
giurisprudenziale iniziata verso la f‌ine degli anni ottanta

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT