L'utilizzo dell'immobile in assenza della prescritta autorizzazione sanitaria non integra l'ipotesi prevista e punita dall'art. 221, Comma 1, del r.d. 27 Luglio 1934, n. 1265: Contrasto giurisprudenziale

AutoreCarlo Dell'Agli
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La disciplina legislativa della esaminanda fattispecie, si appunta sulle disposizioni inerenti il complesso di norme che regolano i procedimenti di autorizzazione all'abitabilità 1.

Per meglio comprendere, almeno nelle linee essenziali, la nuova legislazione abrogativa, si rende necessario un breve chiarimento sul suo iter e sulla natura della fattispecie, cioè se, in ossequio al principio tempus regit actum previsto dall'art. 2 c.p., il precedente reato, che prevedeva la comminatoria della contravvenzione punita con la sola ammenda da lire 40.000 al lire 400.000, sia ancora operante oppure se l'art. 5 del D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425 abbia, in sostanza, determinato un abolitio criminis ope legis (quando l'abrogazione della norma - disciplinata dagli artt. 14 e 15 preleggi c.c., 25 della Costituzione e infine 2 c.p. - ha luogo in forza di una legge successiva) limitatamente al primo comma della norma penale (art. 221, primo comma).

L'attento esame della lettura del testo della disposizione del D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425 ci induce a considerare, funditus, alcuni aspetti di rilievo della sua portata.

L'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica citato, recante l'abrogazione di norme, così recita:«(Omissis) sono abrogati il primo comma dell'art. 221 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e il comma 10 dell'art. 4 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 493, limitatamente alla disciplina per il rilascio di abitabilità» 2.

Il richiamo invero, nei termini in cui il legislatore ha adottato, in modo surrettizio, nella disposizione della norma l'espressione «limitatamente alla disciplina per il rilascio di abitabilità» ha suscitato, invero nell'interprete, qualche perplessità ond'è che tale espressione, in questo stato della giurisprudenza non deve, in buona sostanza ictu oculi, essere riferita all'art. 221, comma 1, oggi depenalizzato, ma al comma 10 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 328 convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 493 che avrebbe sostituito il precetto della sanzione prevista nella previgente normativa.

Certo è che, la linea interpretativa cui si ispira autorevolmente il Supremo Collegio - al combinato disposto degli artt. 221, R.D. 1265/1934, 4 e 5, D.P.R. 425/1994 - conduce a stimare il riferimento al precetto di cui all'art. 4 del citato decreto del Presidente della Repubblica all'attuale sanzione contenuta nel citato art. 221.

Alla luce di tale previsione, la soluzione data alla problematica in questione ci sembra contestabile da poter sostenere, in linea di principio, che tale corollario è in contrasto con il parametro di cui all'art. 3 della Costituzione, ove viene sancito il principio di eguaglianza formale definito quale «espressione di un generale canone di coerenza dell'ordinamento» (cfr. CRISAFULLI-PALADIN in Commentario breve alla Costituzione, Cedam 1990, 13).

In altre occasioni la giurisprudenza maggioritaria ha sostenuto che non è invocabile il principio della prospettata abolitio criminis ritenendo la fattispecie penale per nulla assoggettabile alla sanzione amministrativa.

Tale giurisprudenza, con proprio giudizio ermeneutico, ritiene energicamente che il D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425 «altro non è che un regolamento adottato dal Governo in virtù dei poteri conferiti dall'art. 17 della L. 23 agosto 1988, n. 400: ed un regolamento autorizzato è una...

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