Per un'antropologia dell'esperienza nel processo penale 'segreto'

AutoreIvan Borasi
Pagine91-92
205
Rivista penale 2/2017
Varie
PER UN’ANTROPOLOGIA
DELL’ESPERIENZA NEL
PROCESSO PENALE “SEGRETO”
di Ivan Borasi
Il processo penale, oltre che “criminale” (1), e natural-
mente volto al vaglio di fatti (2), atti (3), situazioni giu-
ridiche (4), deve leggersi, principalmente, come insieme
di soggetti (5) e parti (6) in interazione ed interrelazione
(7), all’interno di un circolo a tendenza virtuosa, guidato,
in chiave difensiva, dalla nozione di rappresentanza (8).
È proprio l’uomo nella socialità, a colorare le norme
giuridiche, e l’oggetto delle stesse; tale operazione, cer-
tamente risente del patrimonio antropologico (giuridico)
(9) di ciascuno, e del costume conseguentemente forma-
tosi, attraverso vere e proprie convenzioni, prassi, e solo
poi regole (noblesse oblige).
Nell’antropologia del rapporto, da leggersi principal-
mente come scambio, è chiara la modif‌icazione dell’ap-
proccio tra avvocatura e magistratura penale, nel passato
molto più formale, segno dei tempi, ma anche di un diver-
so appiglio culturale, oltre che espressione della generale
diversa visione del legame con la pubblica amministra-
zione tutta.
I nuovi penalisti (avvocati e magistrati) post 88 (10),
“risentono” di una epifanica visione del processo penale
come servizio alla collettività, rispetto al retaggio conces-
sorio precedente, dove il grado di giudizio ormai è visto
come fase o tentativo, a seconda dei punti di vista, ma co-
munque superabile; il travalicamento del classico timore
reverenziale rispetto all’autorità, in fondo, trova le proprie
radici in una rilettura della “paura” freudiana (11) in
chiave sociologica del “buono” (12).
Non solo l’empirismo (13), può esprimere la risultante
circolare di questi rapporti, di fatto o diritto, ma anche
il razionalismo (14) (giuridico), può supportare l’analisi
complessiva, seguendo una tassonomia di sistema.
Attraverso l’onere della prova, regolato dalla presun-
zione di innocenza, le condotte ad oggetto di processo,
trovano comunque soluzione ragionevole (15); ciò non
signif‌ica che questa sia sempre piena e def‌initiva, se in
senso di proscioglimento, ma, comunque accettata come
precauzione (16).
La sociologia, insegna come l’uomo viene condiziona-
to dall’ambiente in cui si realizza, mentre l’antropologia,
spiega l’incidenza dei caratteri umani personali in relazio-
ne; parcours obligé di sfondo, è rappresentato da un ten-
denziale modello “universale” di procedura (penale) (17).
L’abuso della lealtà processuale (18), manifesta so-
ciologicamente il condizionamento del f‌ine personale nel
processo, a prescindere dalla giustezza della tesi di fondo
portata, indirettamente colpendo anche il risultato di va-
glio f‌inale, per tale motivo da sanzionare.
Vari gradi e approcci antropologici, a partire dal LOM-
BROSO (19), sino ad arrivare al TURNER (20), chiarisco-
no come solo il punto di vista esterno, in un momento criti-
co, riesce a chiarire meglio l’interno, e questo deve valere
anche per il processo penale; mette conto osservare anche
il ruolo di “f‌ilantropia della vittima” (21), implementato
dalle fonti sovranazionali ed interne, e la specif‌icità del
processo “penale” agli enti, soprattutto in chiave organica
non dissociativa (22).
Nella visione come “segreta” del processo penale, pecu-
liare è il ruolo, ormai in sordina ed atipico, dell’eloquenza
(23), arte antica, divenuta obsoleta nella modernità so-
stanziale, troppo spesso legata al concetto di performance
(24).
Il recondito carattere inquisitorio, nasconde l’idea di
un accertamento penale sempre fondato su un “mistero”
passato (25), tendenzialmente anf‌ibologico, da analizzare
senza pubblicità, senza interferenze, e solo dopo, valutato
nel contraddittorio delle parti, come tali proprio per il su-
peramento della preclusione preparatoria.
Di storia da rileggere (26), si deve in realtà pensare,
non necessariamente in solitudine, secondo un percorso
seguente, f‌inalizzato al giudizio f‌inale, nelle sue varie for-
me, colorate dalle scelte difensive primarie (27).
Come contraltare, deve leggersi la non possibile esa-
sperazione del procedimento d’accertamento de quo, di
fronte all’opinione pubblica, secondo il portato che vede
il giudizio penale, effettuato in nome del popolo, ma non
per conto dello stesso; esiste, infatti, una rappresentanza
legale sui generis, che attribuisce la capacità specif‌ica.
Questa non fornisce, però, una patente di “infallibilità” al
giudicante, non essendovi, infatti, una causalità f‌isica tra
status e “giustizia” (28), tanto che il “pregiudizio” della le-
gittima suspicione ne è una chiara espressione, in deroga
al giudice naturale (29).
Vero retaggio di segretezza del diritto processuale in
senso proprio, è rappresentato dall’attività dei c.d. “servi-

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