Responsabilità penale per colpa professionale omissiva del sanitario

AutoreRoberta Cofano
Pagine929-932

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  1. La colpa professionale omissiva del sanitario alla luce della evoluzione giurisprudenziale e della inadeguatezza della normativa in materia. - La responsabilità penale per colpa professionale del sanitario va ricondotta nell'alveo dei reati omissivi impropri 1 caratterizzati dal mancato impedimento di un evento materiale il cui verificarsi è il presupposto per la loro esistenza 2.

    Trattasi altresì di un'ipotesi colposa o contro l'intenzione ex art. 43 terzo comma c.p. 3, nel quale l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente, ma si verifica per inosservanza di regole scritte in leggi, ordini e discipline ovvero non scritte, sociali e prasseologiche, consistenti nell'agire con imprudenza, imperizia o negligenza 4.

    L'imprudenza è l'avventatezza, l'insufficiente ponderazione e considerazione degli interessi del paziente; l'imperizia è la non dovuta conoscenza delle leges artis, la negligenza va riscontrata in tutte le omissioni professionali all'osservanza di comportamenti necessari e comunemente adottati in tutte le fasi in cui si esplica l'attività medica.

    Stante l'assenza di una espressa regolamentazione della materia da parte del legislatore, in particolar modo in sede penale, il nesso causale tra la condotta omissiva e l'evento in tema di colpa professionale costituisce ormai una vexata quaestio giurisprudenziale che ha visto recentemente un punto di approdo di particolare interesse evolutivo con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 30328/02 di cui si dirà a breve.

    Giova in primis accennare, se pur rapidamente, al percorso compiuto al riguardo dalla Suprema Corte.

    Anteriormente alla sentenza sopra menzionata, il giudizio di responsabilità si basava esclusivamente sul criterio probabilistico/statistico, pur con significative differenze in merito al quantum in percentuale sufficiente per ascrivere il fatto lesivo alla condotta omissiva del professionista.

    Sostanzialmente, si contrapponevano due orientamenti. Per il primo, di epoca meno recente ed a lungo non contestato, doveva ritenersi responsabile il sanitario se il suo intervento doveroso, ma omesso, avesse avuto poche 5 o serie ed apprezzabili probabilità di successo, da stimarsi per lo più nel 30% 6.

    Il secondo subordinava la responsabilità professionale al fatto che tra evento e condotta intercorresse un nesso causale con un grado di certezza se non assoluto 7, in ogni caso elevato e tendenzialmente prossimo al 100% di probabilità di successo 8.

    La subiecta materia è stata poi rivista dalla Suprema Corte con le pronunce del 28 settembre 2000 e del 29 novembre 2000 meglio puntualizzando che la locuzione «alto grado di probabilità», «altissima percentuale», «numero sufficienti di casi» volesse dire per il giudice poter ritenere un'azione o una omissione causa di un evento solo in quanto egli avesse potuto effettuare un giudizio controfattuale che, avvalendosi di una legge scientifica, stabilisse tra i fattori in oggetto una connessione con percentuale vicina alla certezza.

    Successivamente, la giurisprudenza ha poi evidenziato l'opportunità di distinguere la probabilità statistica da quella logica dal momento che pur un'alta percentuale statistica può non provare il nesso eziologico se, nella realtà, un dato evento è stato cagionato da una diversa condizione; al contrario, una percentuale statistica medio-bassa potrebbe essere positivamente suffragata in concreto dalla verifica dell'insussistenza di altre possibili cause generatrici dell'evento 9.

    In ogni caso, permaneva un evidente contrasto di pronunce, opportunamente risolto, come già detto, dalle Sezioni Unite con sentenza n. 30328/02 secondo cui, nel reato colposo omissivo del sanitario, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica.

    Deve invece essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, è elevato il grado di credibilità razionale secondo cui l'evento non avrebbe avuto luogo ovvero si sarebbe verificato in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

    La sentenza individua, dunque, i parametri in base ai quali poter concludere per l'intercorrenza di un nesso di causalità tra la condotta omissiva e l'evento.

    Ribadisce in primo luogo la validità del controllo controfattuale con l'ausilio di generalizzate regole di esperienza ovvero di leggi scientifiche universali e statistiche.

    Vi è di più, afferma la necessità che l'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale sia verificata alla luce delle concrete circostanze del fatto (c.d. giustificazione esterna) sino a giungere, quale esito del ragionamento probatorio, alla certezza processuale che la condotta omissiva del medico sia stata condizione necessaria dell'evento lesivo con elevata probabilità logica 10.

    Conseguentemente, il dubbio, l'insufficienza, la contraddittorietà sull'efficacia condizionante dell'omissione rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo, devono comportare la neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio del giudizio.

    Ma, nel contempo, la responsabilità professionale non deve più essere subordinata all'assoluta certezza della colpa ex artt. 40, 41 c.p.: ciò creerebbe un'ampia zona di non punibilità dal momento che solo l'esame autoptico potrebbe consentire di accertare in termini scientificamente certi la causa del decesso di un soggetto 11.

    È, infatti, sufficiente procedere secondo la metodologia propria della valutazione probatoria di cui all'art. 192 c.p.p., ascrivendo rilevanza solo ad elementi fattuali gravi, precisi e concordanti ed attualizzando la «probabilità logica» al di là di ogni ragionevole dubbio, secondo i criteri valutativi propri di tutti gli elementi costitutivi del reato.

    In altri termini,il giudice può giungere alle sue conclusioni facendo ricorso alle regole desumibili dalle leggi statistiche e dalle massime di comune esperienza, ma sempre integrandole con le peculiarità psico-fisiche del paziente quali il sesso, l'età, le sue condizioni generali, la presenza o l'assenza di fenomeni morbosi interagenti, la sensibilità individuale ad un dato trattamento farmacologico etc.

    Le regole statistiche sono solo il punto di partenza per l'indagine; successivamente, il giudice deve operare inPage 930 senso negativo, verificando controfattualmente gli elementi in fatto ed in diritto atti a minare il valore di credibilità della legge statistica.

    Naturalmente, il giudizio non dovrà tralasciare l'eventuale interruzione del nesso causale per essersi verificato un evento eccezionale sopravvenuto rispetto alla condotta sub iudice, idonea ad assurgere da sola a causa dell'evento ex art. 41 secondo comma c.p.

    In ogni caso, la valutazione dovrà tener conto del fatto che la prestazione eseguita non può consistere in attività contrarie alla legge ed all'etica deontologica neppure se egli abbia stipulato espresso patto con il cliente 12.

    Nel contempo, il giudice dovrà considerare che l'intervento sanitario non si esaurisce nel compimento dell'atto terapeutico ovvero operatorio, ma comprende tutto il complesso di cure e rimedi che possano favorire il rapido decorso favorevole dell'infermità, eliminando o, almeno attenuando, le possibili complicazioni.

    Allorché il mancato assolvimento di quanto sopra comporti al paziente un evento lesivo collegato all'insorgere di complicanze prevedibili ed evitabili con adeguata diligenza, prudenza e perizia, il professionista ne sarà responsabile, a prescindere dalla qualificazione giuridica del suo rapporto con il paziente ovvero dell'aver quest'ultimo concluso un contratto di prestazione professionale con il direttore della clinica dove il medico non abbia l'obbligo di trattenersi 13.

    Come si vedrà nel proseguo, sono molteplici le fonti di responsabilità del sanitario, dall'inottemperanza ai suoi obblighi di informazione verso il malato, alle modalità di redazione e conservazione della cartella clinica contra legem 14.

    In chiave riassuntiva, va evidenziato che le coperture assicurative delle conseguenze civili dei reati del sanitario non esonerano lo stesso dalla diretta responsabilità penale pur meramente colposa, ma, vi è più, incentivando accordi pecuniari tendenti a far diminuire la risoluzione giudiziale delle vicende in oggetto, non sollecitano l'intervento diretto del legislatore in materia, ma incrementano il rischio di «delegare» sempre più pericolosamente la tematica de qua ad una contrattazione tra privati.

  2. Violazione dell'obbligo di informazione sanitaria come fonte di responsabilità professionale. Inadeguatezza della disciplina legislativa. - Il dovere di informazione concreta un inderogabile obbligo del sanitario a prescindere dal fatto che si qualifichi la sua...

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