Peculato commesso mediante illegittimo uso di Internet dall'ufficio: e se la connessione è «flat»?

AutoreMario De Bellis
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@1. I termini della questione

- Con la sentenza che si annota (Cass., sez. VI, 15 aprile 2008, n. 20326, D'Alfonso), la Suprema Corte affronta il tema del peculato1 commesso mediante illegittima connessione ad Internet dall'ufficio e, muovendosi nell'ambito della prospettazione argomentativa della impugnata ordinanza del tribunale del riesame (non vi è danno patrimoniale per l'amministrazione in quanto la connessione ad Internet è a costo fisso), enuncia il principio secondo il quale - per verificare il fumus del delitto di peculato - è necessario verificare il tipo di conversione che lega l'ente al gestore del servizio di Internet, e cioè dunque se l'ente paghi una somma forfettaria al mese (c.d. tariffa «flat»), per cui è economicamente indifferente il numero e la durata delle connessioni ad Internet eseguite dall'ufficio (e non vi è danno economico anche a fronte di connessioni illegittime) o se viceversa l'ente paghi in funzione della durata delle singole connessioni, caso nel quale la condotta illegittima del dipendente provoca un immediato danno patrimoniale all'ente.

@2. L'antecedente logico della fattispecie in esame: il peculato mediante uso illegittimo del telefono

- La fattispecie del peculato mediante uso abusivo di Internet è ancora scarsamente esplorata in giurisprudenza e, a parte la sentenza che si annota, se ne sono occupate in maniera puramente incidentale tre sentenze della Suprema Corte2 ed in maniera più analitica una sola sentenza, che ne ammette la configurabilità, senza peraltro entrare nelle questioni specifiche affrontate dalla sentenza che si annota3.

È comunque evidente che, avvenendo la connessione ad Internet tramite linea telefonica, appare pienamente utilizzabile l'elaborazione giurisprudenziale sul peculato commesso mediante uso indebito del telefono in uffici pubblici.

A seguito della modifica legislativa del testo dell'art. 314 c.p. conseguente alla legge 26 aprile 1990 n. 86, ed in particolare in conseguenza della previsione di due distinte ipotesi di peculato ordinario (art. 314 comma 1 c.p.) e peculato d'uso (art. 314 comma 2 c.p.), la giurisprudenza è stata innanzitutto impegnata nella qualificazione della fattispecie applicabile al pubblico funzionario il quale facesse un uso indebito del telefono dell'ufficio per fini meramente personali.

Per un certo tempo prevalse l'opinione che nella fattispecie si dovesse ravvisare un peculato d'uso, ritenendo che vi fosse l'appropriazione del telefono come oggetto fisico e sottolineando il carattere temporaneo di tale appropriazione (il mero tempo della telefonata) e l'immediata restituzione del telefono alla amministrazione finita la telefonata4.

A distanza di qualche anno, mutò l'indirizzo giurisprudenziale, intendendosi integrata la fattispecie del primo comma dell'art. 314 c.p., in quanto il peculato si concreta non nell'appropriazione del telefono come oggetto fisico bensì nell'appropriazione delle energie, formate da impulsi elettronici, necessarie per l'effettuazione delle telefonate. Tali energie sono anch'esse cose mobili (si richiama il disposto dell'art. 624 comma 2 c.p.) e non sono restituibili dopo l'uso, ciò dunque esclude la configurabilità del peculato d'uso. Né ha rilievo come restituzione l'eventuale rimborso delle somme corrispondenti all'utilizzo del telefono, ciò valendo solo ai fini dell'applicazione della circostanza attenuante del risarcimento del danno5.

Ulteriore questione è stata affrontata in relazione al fatto che il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (dapprima D.M. 31 marzo 1994, poi D.M. 28 novembre 2000)6 all'art. 10 prevede che il dipendente pubblico non deve utilizzare le linee telefoniche dell'ufficio per effettuare telefonate personali, salvo casi eccezionali o d'urgenza.

La Suprema Corte ha conseguentemente pacificamente riconosciuto la non punibilità dei casi di uso eccezionale del telefono dell'ufficio per ragioni personali, essendo rimessa al merito la quantificazione del numero di telefonate rientranti nel concetto di eccezionalità dell'uso (si è ritenuta eccezionale l'effettuazione di sei telefonate in quaranta giorni; di undici chiamate in un mese e venti giorni; di sette telefonate in due mesi)7.

Nel testo del 1994 era previsto (dizione non più prevista nel testo del 2000) che il dipendente pubblico doveva preavvertire il dirigente dell'ufficio di tale eccezionale uso a titolo personale del telefono dell'ufficio, ma la...

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