Osservazioni sull'art. 586 C.p.: una norma enigmatica, controversa e ripudiata

AutoreRosario Li Vecchi
Pagine1071-1073

Page 1071

@1. Precedenti storici

Volendo inizialmente tracciare l'excursus storico della normativa in esame, la quale regola la fattispecie concernente la morte o le lesioni quale conseguenza di altro delitto in ordine al trattamento penale, osserviamo che essa non era affatto prevista nel codice Zanardelli il quale, in proposito, si limitava ad applicazioni peraltro isolate ed imperfette nel caso in cui da un delitto di carattere doloso fosse derivata, quale conseguenza non voluta, la morte oppure le lesioni di una persona. Infatti l'art. 351 di detto codice statuiva che nel caso di un delitto di violenza carnale, di atti di libidine violenti o di ratto fosse derivata la morte o la lesione della persona offesa, le pene stabilite per i delitti suddetti erano aumentate dalla metà al doppio in caso di morte e da un terzo alla metà in caso di lesione personale e che la reclusione, nel primo caso, non poteva essere inferiore ai dieci anni. La lacuna era evidente in quanto la norma si limitava soltanto a regolare alcuni casi trascurandone altri più interessanti e gravi.

Il legislatore, nell'apprestare l'attuale codice penale (c.d. codice Rocco), provvedeva alla formulazione dell'art. 586 onde dare un regolamento generale a tale particolare fattispecie. Nella Relazione ministeriale al Progetto venivano infatti spiegate le ragioni per le quali, malgrado il regolamento della materia adottato nel Progetto definitivo, veniva, però, conservata la detta norma. In proposito, nella Relazione è dato così leggere: «Nel nuovo regolamento della materia, adottato nel Progetto definitivo, tale disposizione (art. 586 del codice) non avrebbe avuto più ragione di essere mantenuta, in quanto i casi, a cui essa intendeva riferirsi, rientravano nella disciplina generale dell'art. 86 (ora 83).

Tuttavia, l'opportunità di una più rigorosa tutela in tema di delitti di sangue, mi ha consigliato di conservare l'articolo, non già di innovare alla disciplina fondamentale dell'art. 86 (ora 83), ma di stabilire un aumento delle pene per i reati di omicidio o di lesione, che siano conseguenza non voluta dal colpevole» 1. Infatti l'art. 586 c.p. così statuisce: «Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell'art. 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate». L'art. 83 c.p., espressamente richiamato dalla normativa de qua, a sua volta così statuisce: «Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo».

@2. La problematica dottrinaria e giurisprudenziale in tema di applicabilità dell'art. 586 c.p.

Sebbene con la normativa de qua il legislatore si sia sforzato di colmare una pericolosa e preoccupante lacuna, però ha notevolmente contribuito, data la enigmatica formulazione della stessa, all'originarsi di evidenti sfasature in seno alla dottrina e di svariati orientamenti in giurisprudenza specie in tema di pratica applicazione di tale norma sotto il profilo tecnico-giuridico ed ermeneutico. La problematica ha riguardato sia la sua natura giuridica, sia l'ammissibilità o meno di un concorso di reati, nonché la distinzione dall'omicidio preterintenzionale, etc. La giurisprudenza, poi, sin dalle prime applicazioni dell'art. 586 c.p., ebbe a ritenere che esso costituisse un vero e proprio classico caso di «responsabilità obiettiva», cioè la c.d. «colpa presunta» 2, mentre la dottrina, con motivazioni varie e diverse, ha cercato di avversare tale orientamento 3. In questo altalenare dottrinario ed in ispecie giurisprudenziale, si è notato, con il passare del tempo, il formarsi, in seno alla giurisprudenza, di due poli quasi opposti ritenendosi, da una parte, che la normativa de qua avesse codificato una «responsabilità oggettiva», seguendo, quindi, ed adottando un principio rigoroso, mentre dall'altra parte si è cercato di apportare un correttivo mitigando le conseguenze, peraltro aberranti ed assurde, a cui poteva condurre una interpretazione letterale e conseguente applicazione della normativa predetta.

@3. Distinzione tra l'art. 586 e l'omicidio preterintenzionale

Prima di passare all'esame delle varie distinzioni scaturite dalla esegesi dell'art. 586 in relazione all'art. 83 c.p., quest'ultimo, espressamente richiamato da tale norma, nel suo capoverso disciplina un caso particolare di concorso di reati (concorso tra un reato doloso ed uno colposo) e la cui responsabilità è a titolo di colpa, mentre per l'art. 586 del reato voluto si risponde a titolo di dolo, invece per l'evento non voluto si risponde a titolo di colpa. Ora, la distinzione più importante viene fatta per l'art. 586 (morte e lesioni come conseguenza di altro delitto) e l'art. 584 (omicidio preterintenzionale) il quale ultimo regola il caso in cui l'attività del colpevole diretta a realizzare i reati di percosse (art. 581) o di lesioni (art. 582), cagiona, invece, come evento non voluto, la morte della vittima. Il colpevole non risponderà, in concorso, di tali reati (artt. 581 oppure 582) e dell'omicidio preterintenzionale (art. 584), ma soltanto per quest'ultimo, essendo l'evento morte in rapporto diretto di effetto a causa con un'attività costituente di per sè stessa delitto contro la incolumità individuale e che, pertanto, esclude l'applicabilità dell'art. 586 c.p. il quale ultimo, invece, è applicabile nel caso in cui l'attività del colpevole è diretta a commettere un delitto doloso, però diverso dalle percosse oppure dalle lesioni, e quindi esso, in questo caso, risponderà a titolo di dolo per il reato voluto ed a titolo di colpa per quello non voluto. Così, per fare un esempio, se Tizio, lanciando un sasso contro la vetrina di un negozio, producendone la rottura, colpisce casualmente anche un passante, ferendolo oppure uccidendolo, risponderà anzitutto del danneggiamento a titolo di dolo e della morte a titolo di colpa, operandosi, così, il concorso tra i due reati (artt. 83, 586 c.p., id est: artt. 635 e 589 o 590 c.p.). Qualche autore 4 ha ritenuto che l'art. 586 c.p. costituisce un'ipotesi di delitto oltre l'intenzione ma che, però, viene ricondotto sotto il profilo della colpa. Per la verità la dizione e qualificazione usata dal predetto autore non ci sembra che colga nel segno in quanto, nel caso in questione, il colpevole o soggetto attivo non va oltre ma opera contro l'intenzione, sicché...

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