Ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine25-29

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@TRIBUNALE DI FERMO Ord. rinvio 29 giugno 2004. Pres. ed est. Fanuli - Imp. Riccioni.

Giudizio per decreto - Opposizione - Richiesta di giudizio ordinario - Reati per cui è prevista l'udienza preliminare - Fissazione dell'udienza preliminare da parte del giudice - Mancata previsione - Questione non manifestamente infondata di legittimità costituzionale.

Non è manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 461 comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede che l'opponente a decreto penale - emesso per reati per cui è prevista l'udienza preliminare - possa chiedere, in alternativa ai "riti speciali" il "giudizio ordinario" e dell'art. 464 comma 1 c.p.p. nella parte in cui non prevede che se l'opponente ha chiesto il "giudizio ordinario" - o non ha formulato richiesta di "riti speciali" - il giudice fissi l'udienza preliminare. (C.p.p., art. 461, c.p.p., art. 464) (1)

    (1) Nulla risulta edito negli esatti termini.


(Omissis). CONSIDERATO IN DIRITTO. - rilevanza della (sola) questione afferente l'art. 464 c.p.p. (rectius: il combinato disposto degli artt. 461 comma 3 e 464 comma 1 c.p.p.).

Va anzitutto rilevato il difetto di rilevanza della questione di incostituzionalità relativa al termine di cui all'art. 461 comma 1 c.p.p., di cui in narrativa.

L'opposizione al decreto penale di condanna, invero, è stata ritualmente proposta nel termine di quindici giorni di cui alla censurata disposizione, né l'imputato (o il suo difensore) ha dedotto un errore di valutazione nella scelta delle alternative poste dai c.d. riti differenziati, derivato dalla incongruità del ricordato termine. Scelta che è stata, al contrario, indiscutibilmente ribadita in questa sede.

Pienamente rilevante è, invece, la questione di incostituzionalità dell'art. 464 c.p.p., nei termini di cui alla esposizione che precede, anche se, a ben vedere, non è del tutto puntuale il riferimento normativo oggetto di censura.

In particolare, ciò che la Difesa ha inteso censurare - così dovendosi interpretare o, comunque, formulare d'ufficio la questione di legittimità costituzionale - è, anzitutto, il disposto dell'art. 461 comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di chiedere al giudice (che ha emesso il decreto) il giudizio ordinario e, quindi, la fissazione dell'udienza preliminare. La censura si estende, consequenzialmente, all'art. 464 comma 1 c.p.p., laddove non prevede che se l'opponente ha chiesto il giudizio ordinario - o, comunque, non ha formulato richiesta di riti speciali - il giudice fissi l'udienza preliminare.

Nel caso in questione, invero, a fronte di atto di opposizione al decreto in cui l'imputato non ha chiesto il giudizio abbreviato o il patteggiamento, ma il "rito ordinario" (precluso dalla prima delle due disposizioni censurate), il Gip in applicazione dell'art. 464 c.p.p., ha disposto procedersi con le forme del giudizio immediato, privando l'imputato dell'udienza preliminare, prevista in via generale per il reato per cui si procede.

Non manifesta infondatezza della anzidetta questione.

La problematica va affrontata anche tenendo conto di due importanti innovazioni legislative che, pur non incidendo direttamente nella materia in esame, hanno modificato il quadro normativo di riferimento.

Si ha riguardo, in particolare - salvo quanto si esporrà nel seguito - alla legge 16 dicembre 1999 n. 479 (c.d. legge Carotti), che ha radicalmente modificato natura, struttura e funzione dell'udienza preliminare, accentuandone le connotazioni in senso garantista e la coessenzialità della stessa al diritto di difesa. Per il che sembra potersi ragionevolmente affermare il riconoscimento - limitatamente ai reati "più rilevanti" per i quali non è prevista la citazione diretta ex art. 550 c.p.p. - di un vero e proprio diritto all'udienza preliminare, "articolazione" del più generale diritto di cui all'art. 24 Cost., disponibile da parte dell'imputato (cfr. art. 419 comma 5 c.p.p.) e comprimibile solo in presenza di particolari presupposti "giuridico-fattuali" che svuotino di contenuti l'esercizio di detto diritto (si pensi alla flagranza di reato nel giudizio direttissimo, o all'evidenza della prova - in uno con il previo interrogatorio - nel giudizio immediato).

Ci si riferisce, inoltre, alla legge 12 giugno 2003 n. 134 (sul c.d. patteggiamento allargato) che, per quel che qui interessa, ha modificato il primo ed il secondo comma dell'art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 estendendo sino a sei mesi il limite di convertibilità della pena detentiva in pena pecuniaria. Con ciò determinando, da un lato, l'ampliamento del novero dei reati per i quali può essere emesso il decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p., dall'altro la possibilità di ricorrere a detto istituto non più solo con riferimento a fattispecie di reato di scarsa gravità o bagatellari, ma anche per reati di notevole rilevanza e che contemplano pene detentive severe - il caso de quo nePage 26 è un eloquente esempio - e che soggiacciono al regime processuale ordinario.

Tale ampliamento di operatività dell'istituto fa emergere in modo più evidente, e rende più "gravi", le censure di cui trattasi rispetto ad un sistema in cui il ricorso al decreto penale per i reati «per cui è prevista l'udienza preliminare» - e, quindi, la "privazione" ditale udienza in caso di opposizione - era ipotesi del tutto marginale.

Fatte queste premesse, occorre richiamare, anzitutto, la controversa e mai sopita questione della compatibilità costituzionale del procedimento per decreto, anche alla luce del principi costituzionali del c.d. giusto processo.

La Consulta, con tutta una serie di pronunzie precedenti l'entrata in vigore del novellato art. 111 Cost., nell'affrontare in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. questioni di legittimità costituzionale della disciplina del procedimento per decreto, ha affermato che la specificità del procedimento monitorio, configurato quale rito a contraddittorio eventuale e differito, improntato a criteri di economia processuale e di massima speditezza, non si pone in contrasto né con il principio di uguaglianza, né con il diritto di difesa. Ciò in quanto «il decreto penale costituisce una decisione preliminare soggetta ad opposizione, cosicché l'esperimento dei mezzi di difesa, con la stessa ampiezza dei procedimenti ordinari, si colloca nel vero e proprio giudizio che segue...

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