N. 240 ORDINANZA 19 - 22 luglio 2011

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Alfonso QUARANTA;

Giudici: Alfio FINOCCHIARO Giudice, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,

Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Giorgio LATTANZI;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 630 del codice penale, promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia nel procedimento penale a carico di O.O.H. ed altri, con ordinanza del 13 dicembre 2010, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 2011.

Visti l'atto di costituzione di O.O.H., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

Uditi l'avvocato Fabio Pinelli per O.O.H. e l'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con ordinanza del 13 dicembre 2010, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 630 del codice penale, nella parte in cui non prevede, in relazione al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, la circostanza attenuante delineata dall'art. 3 della legge 26 novembre 1985, n. 718 (Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale contro la cattura degli ostaggi, aperta alla firma a New York il 18 dicembre 1979), in forza della quale 'se il fatto e' di lieve entita' si applicano le pene previste dall'art. 605 del codice penale aumentate dalla meta' ai due terzi';

che il giudice a quo riferisce di essere investito del giudizio abbreviato nei confronti di tre cittadini nigeriani, imputati del reato previsto dalla norma censurata, per avere privato della liberta' personale un loro connazionale, allo scopo di ottenere, come prezzo della liberazione, il versamento della somma di 2.100 euro;

che, al riguardo, il rimettente rileva come il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione fosse originariamente punito dall'art. 630 cod. pen., nella sua forma semplice, con la reclusione da otto a quindici anni, oltre la multa;

che il decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59 (Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, e indi la legge 30 dicembre 1980, n. 894 (Modifiche all'articolo 630 del codice penale), nel sostituire la norma incriminatrice, hanno, peraltro, energicamente inasprito la risposta punitiva, stabilendola nella reclusione da venticinque a trenta anni;

che l'aumento della pena edittale rispondeva all'esigenza di contrastare il 'dilagante fenomeno', manifestatosi in quegli anni, dei sequestri di persona a scopo di estorsione posti in essere da spietate organizzazioni criminali, le quali chiedevano riscatti elevatissimi e sottoponevano le vittime a trattamenti inumani, spesso sopprimendole anche dopo il pagamento della somma richiesta;

che in rapporto a tali fatti - nonostante il successivo smantellamento dell''industria dei sequestri' - la pena edittale in questione apparirebbe tuttora adeguata e ragionevole;

che nella fattispecie descritta dall'art. 630 cod. pen.

rientrerebbero, tuttavia, anche episodi di ben minore gravita', come attesterebbe la vicenda oggetto del giudizio a quo;

che, nel caso di specie, infatti - secondo quanto emergerebbe dalle risultanze processuali - il sequestrato era stato affrontato nottetempo da alcuni connazionali (parte dei quali successivamente identificati negli imputati), che, dopo averlo malmenato, lo avevano costretto a salire su un'autovettura e condotto in un appartamento;

che i sequestratori avevano, quindi, ripetutamente richiesto o fatto richiedere dal sequestrato, tramite telefono cellulare, a una...

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