La nozione di «diverso procedimento» ex art. 270 C.P.P.

AutoreAmato Carbone
Pagine307-310

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@1. Origine e rati della norma

Che il problema delle intercettazioni telefoniche costituisca un nodo nevralgico all'attenzione dei processual-penalisti appare sin troppo evidente all'occhio dell'interprete. Non a caso dottrina e giurisprudenza, senza dimenticare il Legislatore, sono sempre attenti nel cogliere tutte le sfumature e, soprattutto le lacune, dell'attuale complesso normativo.

La sentenza in questione riporta alla luce la questione legata alla corretta interpretazione della nozione di diverso procedimento ex art. 270 c.p.p., norma, quest'ultima, che prevede l'inutilizzabilità delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento, salvo che ciò sia indispensabile all'accertamento di un reato per il quale è previsto l'arresto in flagranza.

La norma sostanzialmente riproduce quanto previsto nella vigenza del codice Rocco dall'art. 226 quater comma 6 1.

Prima di scendere nel particolare, può risultare utile cogliere la ratio del parziale divieto d'uso; sul punto come può facilmente intuirsi non vi è unanimità di vedute 2.

Una tesi, autorevolmente sostenuta 3, individua tale ratio nella traduzione dell'affermazione della Corte costituzionale contenuta nella sentenza C. Cost n. 34/73, laddove si afferma che ´in sede processuale può essere utilizzato solo il materiale rilevante per l'imputazione di cui si discuteª.

L'argomento prova troppo ove si tenga presente che si tratta di un obiter dictum estrapolato da un contesto nel quale veniva in risalto una questione diversa. La ´preoccupazioneª della Consulta era incentrata sull'esigenza di garantire la segretezza delle comunicazioni non attinenti al processo e nessun elemento riguardante l'utilizzabilità in altri procedimenti era emerso.

Una seconda teoria parte dall'ipotesi che la compressione del diritto alla segretezza deriverebbe dalla ´concreta attività di audizione delle bobineª; essa, pertanto, verrebbe reiterata ogniqualvolta si rinnova l'ascolto del nastro. Si può, quindi, affermare che la norma si porrebbe quale scopo quello di ´evitare una propagazione senza limiti´ 4 del contenuto dell'intercettazione. All'interno di tale filone ermeneutico è presente una ricostruzione più rigorosa della norma che sostiene che anche il provvedimento di trasbordo dovrebbe essere accompagnato dalle garanzie dell'art. 15 Cost. 5.

La dottrina prevalente invece ritiene che la ratio del divieto risieda nella garanzia costituzionale della motivazione, in quanto si eluderebbe il controllo preventivo del giudice. A tale interpretazione si è obiettato che tale controllo vi è stato all'origine e una carenza non può verificarsi ex post ´sulla circostanza che il controllo telefonico ha permesso di raccogliere risultanze ulterioriª 6.

Da ultimo vi è chi, in una prospettiva maggiormente ancorata al dato di realtà, inquadra la ratio di tale limitazione nell'esigenza di bilanciare lo svuotamento della motivazione. Pertanto ad una minor rigidità nel controllo motivazionale si contrappone una maggior rigidità nella circolazione di quanto 7 ottenuto, almeno come prova.

Come si evince, tale molteplicità di opinioni non può che riflettere una difficoltà della stessa dottrina innanzi ad un testo normativo che si presenta laconico, senza dimenticare che l'interprete si scontra con la necessità di contemperare due opposte esigenze: la tutela della riservatezza e segretezza delle comunicazioni e l'altrettanto valida esigenza di non dispersione di materiale probatorio, a volte determinante nell'economia di un procedimento 8.

@2. Il significato di ´diverso procedimentoª.

Anche sotto il vigore del precedente Codice non erano mancati contrasti interpretativi sulla nozione di diverso procedimento. La dottrina interpretava la norma nel senso che il divieto riguardasse tutti i reati diversi da quelli menzionati nel decreto autorizzativo; la giurisprudenza di legittimità aderì in un primo momento a questa tesi, salvo mutare orientamento e distinguere tra procedimento diverso e diverso reato 9.

Come acutamente sottolineato, non si rinvengono nei lavori preparatori del Codice vigente cenni al dibattito dottrinario e giurisprudenziale in materia 10.

Prima di procedere all'analisi dei possibili significati del termine ´diverso procedimentoª occorrono alcuni chiarimenti: in primo luogo, in caso di inutilizzabilità come prova dell'intercettazione essa varrà pur sempre come notitia criminis 11. Secondariamente, il divieto dell'art. 270 c.p.p. non opera, stando all'interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, nel caso in cui la conversazione integri essa stessa condotta delittuosa e la bobina divenga essa stessa corpo del reato 12. In proposito, merita di essere segnalato il D.L. 259/06 in materia di intercettazioni abusive che prevede che esse non possano essere utilizzate per trarvi delle notitiae criminis e vadano distrutte, pur se esse stesse costituiscono corpo del reato.

Da ultimo, la giurisprudenza ritiene inapplicabile il divieto in questione nel caso di giudizio di prevenzione 13, mentre sono utilizzabili anche in un diverso procedimento, stante il richiamo effettuato dall'art. 295 c.p.p., le intercettazioni effettuate per la ricerca del latitante 14. Page 308

Fatte tali precisazioni si può procedere all'analisi delle varie elaborazioni che la dottrina ha compiuto sul significato di ´diverso procedimentoª.

Una prima tesi sostiene che alla nozione di diverso procedimento debba essere data un'interpretazione formale. Partendo dal presupposto che nel nostro ordinamento esistono le nozioni di ´procedimento connessoª e ´procedimento collegatoª, si rileva che nello stesso mancano le nozioni di ´procedimento diversoª e di ´stesso procedimentoª.

Alla base di questa impostazione, sostenuta a ridosso dell'entrata in vigore del codice e tuttora supportata in dottrina, si rinvengono una serie di argomentazioni. Secondo la dottrina tradizionale sviluppatasi nel vigore del precedente Codice, il concetto di diverso procedimento scaturirebbe dal principio di necessaria correlazione tra motivi del provvedimento autorizzativo ed area di utilizzabilità processuale dell'atto 15.

La teoria è stata ripresa anche dopo l'entrata in vigore del nuovo Codice e ha fatto perno, in primo luogo, sulla diversificazione della nozione di procedimento da quella di fascicolo, accentuatasi con il nuovo Codice di procedura; secondariamente è stata messa in risalto sia la separazione delle fasi processuali introdotta dal nuovo Codice sia la constatazione che il procedimento di indagine inizia con l'iscrizione della notizia di reato 16.

Non da ultimo si è fatto notare che mentre nella fase delle indagini è presente la possibilità che lo stesso fascicolo contenga atti relativi a più procedimenti, la riunione dei processi è invece sottoposta alla disciplina dell'art. 17 c.p.p. 17.

Alla luce di queste considerazioni, tale dottrina ritiene che il punto di riferimento normativo al quale agganciare, una simile ricostruzione è costituito dall'art. 335 c.p.p.; al fine di comprendere l'esatta nozione di procedimento si insiste sul punto che l'individuazione di tale nozione deve intendersi in senso assolutamente tecnico e, come tale, delineante una situazione di ´pendenza di una lite genericamente intesa, e tale situazione nel vigente sistema processuale penale si perfeziona con l'iscrizione della notitia criminis nell'apposito registroª 18.

Il procedimento diverso sarebbe pertanto individuabile in base agli elementi desumibili da tale ultima norma, i quali consisterebbero: nell'indicazione del reato, della persona alla quale il reato è attribuito e della data e del numero progressivo di iscrizione. A supporto di una simile ricostruzione interverrebbe il disposto dell'art. 335 c. 2 c.p.p., in cui si prevede che non si debba procedere a nuova iscrizione solo nel caso in cui muti la qualificazione giuridica del fatto o esso risulti diversamente circostanziato.

Da ciò si deduce che al variare di uno dei predetti elementi si sia in presenza di un diverso procedimento; una simile affermazione porta alla logica conclusione che reato diverso e procedimento diverso concettualmente ´sono, nello svolgimento del processo, intercambiabiliª 19.

Devo pertanto ritenersi che la nozione di ´procedimento diversoª si propone quale genus al cui interno sussisterebbero delle species quali quelle dei procedimenti connessi o collegati. Tali ultimi procedimenti sarebbero pur sempre diversi, ma avrebbero al contempo delle caratteristiche tali da giustificarne una trattazione congiunta.

A maggior supporto di una tale ricostruzione si aggiunge anche un parallelismo con la disciplina del giudicato; l'iscrizione della notizia di reato non sarebbe altro che un elemento costitutivo della eccezione di giudicato ex art. 649 c.p.p., la quale è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento. ´L'iscrizione della notizia di reato funge da elemento individuatore della lite così come la fattispecie da cui deriva la preclusione del giudicato è diretta all'individuazione dell'identità del fattoª 20.

Per gli autori che sostengono tale impostazione, essa sarebbe inoltre l'unica costituzionalmente compatibile col dictum della sentenza n. 34/73 della Corte Costituzionale.

Tale tesi non è però immune da critiche: per quel che riguarda la correlazione tra motivazione dell'autorizzazione ed uso processuale, si è giustamente rilevato...

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