Nota all'ordinanza emessa dalla Corte di Cass. Pen., sez. VI, n. 39118, in merito alle modalità di trattazione dei ricorsi ex art. 325 C.P.P. che abbiano ad oggetto procedimenti cautelari reali

AutoreAntonio Esposito
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giur
11/2015 Rivista penale
CONTRASTI
del successivo comma 5: perché è solo questo che, associan-
do il rito ex art. 127, al termine di trenta giorni per la trat-
tazione, dà ragione alla proposizione dei motivi nuovi f‌ino
all’udienza. Il comma 4, in def‌initiva, introduce un’eccezione
alla disciplina dell’art. 127 c.p.p., comma 2, che il comma 5,
esso solo contenente l’esplicita deroga all’art. 311, dichiara
applicabile per i ricorsi in tema di cautela personale.
8.3 L’evidente discrasia tra l’art. 325, comma 5, e l’art.
311, comma 4, potrebbe ricevere quindi una soluzione
interpretativa alternativa a quella dettata dalle risalenti
Sezioni Unite.
Il principio di diritto che potrebbe infatti essere affer-
mato è quello, diverso, dell’applicabilità dell’ordinario rito
ex art. 611 anche ai ricorsi proposti a norma dell’art. 325,
avverso ordinanze deliberate ex artt. 322 bis e 324.
Questa soluzione interpretativa muove dal principio
dell’applicabilità del richiamato comma 4 solo in quanto com-
patibile con il contestuale mancato richiamo del comma 5.
Il richiamo al comma 4 e il contestuale mancato richiamo
del comma 5 (comma 5 che, solo, da senso al riferimento
alla discussione che il comma 4 opera) renderebbero infatti
applicabile, del contenuto dell’art. 311, comma 4, la sola pre-
visione espressa dell’onere del ricorrente di proporre conte-
stualmente la dichiarazione di impugnazione ed i motivi.
Né potrebbe dirsi che si tratti di un richiamo inutile
perché tale previsione si limiterebbe a confermare la rego-
la generale posta dall’art. 581 c.p.p., in materia di proposi-
zione delle impugnazioni.
Basta in proposito osservare che il fatto che il legisla-
tore abbia inteso esplicitamente confermare il principio
della presentazione congiunta di dichiarazione e motivi di
ricorso anche alla procedura cautelare (sia personale che
reale) ha una sua autonoma e pertinente ragione, proprio
con riferimento alla invece peculiare disciplina dell’istan-
za di riesame, che prevede la possibilità di presentare la
richiesta anche senza indicazione congiunta dei motivi.
Con la regola del comma 4, quindi, il legislatore ha inte-
so consapevolmente ribadire che ciò che è consentito nel
merito (dichiarazione di impugnazione autonoma rispetto
ai motivi) non è possibile per il giudizio di legittimità.
Per il resto, si applicherebbe la disciplina dell’art. 611,
con avviso almeno trenta giorni prima della data dell’u-
dienza (termine tra l’altro sempre rinunciabile dall’inte-
ressato che abbia interesse ad una pronta def‌inizione del
ricorso, comunque non garantita dalla soluzione insegnata
dalle Sezioni Unite Serio e Lucchetta, che hanno appunto
escluso l’applicabilità del termine dei trenta giorni previsto
solo dal comma 5) e proposizione dei motivi nuovi nei quin-
dici giorni precedenti, con repliche entro i cinque giorni.
Una diversa possibile soluzione, che estenda l’ambito
della compatibilità anche alla presentazione dei motivi
nuovi f‌ino all’udienza, pur non partecipata (muovendo da
una lettura del richiamo alla “discussione” in termini ap-
punto di “udienza”, quale momento della deliberazione), si
presterebbe invece al rilievo che, in tal modo, si determine-
rebbe una violazione del contraddittorio tra le parti. Mentre
infatti la completa osservanza della disciplina dell’art. 611
permette a tutte le parti di interloquire, conoscere l’inter-
locuzione altrui e replicare, la possibilità per la parte ricor-
rente di proporre motivi nuovi f‌ino al giorno dell’udienza
priverebbe la controparte di ogni possibilità di contraddire.
9. Poiché l’orientamento giurisprudenziale che il Col-
legio ritiene di sottoporre a critica è invece del tutto con-
solidato, si impone l’immediata rimessione alle Sezioni
Unite della Corte, per evitare le incertezze applicative che
potrebbero seguire una odierna formale deliberazione in
senso contrario all’indirizzo consolidato.
Va quindi rimessa alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art.
618 c.p.p., la soluzione della seguente questione di diritto:
“Se il rito da seguire in caso di ricorso per cassazione pro-
posto a norma dell’art. 325 c.p.p., deve svolgersi nel rispetto
delle forme previste dall’art. 611 o dall’art. 127”. (Omissis)
NOTA ALL’ORDINANZA
EMESSA DALLA CORTE DI
CASS. PEN., SEZ. VI, N. 39118,
IN MERITO ALLE MODALITÀ
DI TRATTAZIONE DEI RICORSI
EX ART. 325 C.P.P.
CHE ABBIANO AD OGGETTO
PROCEDIMENTI CAUTELARI
REALI
di Antonio Esposito
L’ordinanza della VI sezione penale della Corte di Cas-
sazione, che si annota, ha rimesso alle Sezioni Unite la
questione “se il ricorso per Cassazione proposto ai sensi
dell’art. 325 c.p.p. debba essere trattato con il rito camerale
non partecipato, disciplinato dall’art. 611 c.p.p., ovvero con
il rito camerale partecipato previsto dall’art. 127 c.p.p.”.
Le S.U. - il cui coordinatore è il Presidente Corti - ha f‌is-
sato per il 17 dicembre 2015 l’udienza camerale ex art. 611
c.p.p. "essendosi ravvisato un contrasto giurisprudenziale”.
L’ordinanza - la quale “sposa” in pieno la tesi che la
trattazione dei procedimenti cautelari reali deve avveni-
re ai sensi dell’art. 611 c.p.p. - f‌inisce per ammettere che
“l’orientamento giurisprudenziale che il Collegio ritiene di
sottoporre a critica è del tutto consolidato” per cui “s’impo-
ne l’immediata rimessione alle Sezioni Unite della Corte,
per evitare le incertezze applicative che potrebbero segui-
re una odierna formale deliberazione in senso contrario
all’indirizzo consolidato”. Si è così inteso, all’improvviso,
rimettere in discussione un principio, che appariva ormai

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