N. 268 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 settembre 2012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da E.

S., nato a Catania il 12 gennaio 1950 avverso l'ordinanza del 13 settembre 2011 del Tribunale di Spoleto;

Visti gli atti, li provvedimento impugnato e il ricorso;

Sentita la relazione svolta dal consigliere Nicola Milo;

Lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e la sostituzione della pena dell'ergastolo inflitta a S. E. con sentenza della Corte di assise di appello di Catania in data 10 luglio 2001, irrevocabile il 14 novembre 2003, con quella della reclusione per anni trenta.

Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 18 luglio 1998 della Corte di assise di Catania, S. E. era stato condannato alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, perche' dichiarato colpevole di due omicidi volontari e della connessa violazione della normativa sulle armi.

Tale decisione era intervenuta in un momento nel quale non era consentito l'accesso al giudizio abbreviato per i reati punibili con la pena dell'ergastolo: il testo originario dell'art. 442, comma 2, secondo periodo, cod. proc. pen., che pur prevedeva l'accesso al rito alternativo per tali reati, era stato, infatti, dichiarato incostituzionale, per eccesso di delega, con sentenza n. 176 del 1991 della Corte costituzionale.

Nel corso del successivo giudizio d'appello, era entrata in vigore (2 gennaio 2000) la legge 16 dicembre 1999, n. 479, il cui art. 30, comma 1, lett. b), aveva aggiunto, dopo il primo periodo del comma 2 dell'art. 442 cod. proc, pen., li seguente: 'Alla pena dell'ergastolo e' sostituita quella della reclusione di anni trenta', reintroducendo cosi' la possibilita' per li soggetto imputato di reati punibili con la pena perpetua di accedere al rito abbreviato,

L'E., avvalendosi della riapertura del termini, disposta dall'art. 4-ter della legge 5 giugno 2000, n. 144, di conversione del d.l. 7 aprile 2000 n. 82, alla udienza del 12 giugno 2000, prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore (8 giugno 2000) della richiamata legge di conversione, aveva chiesto procedersi con il rito alternativo, per effetto del quale, a quella data, la pena dell'ergastolo, con o senza isolamento diurno, andava sostituita con quella di anni trenta di reclusione.

Prima della conclusione dei giudizio d'appello, pero', era entrato in vigore il d.1., 24 novembre 2000, n. 341 (convertito dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4), il cui art. 7, nei dichiarato intento di dare una interpretazione autentica al secondo periodo del comma 2 dell'art. 442 cod. proc, pen., disponeva che l'espressione 'pena dell'ergastolo' ivi adoperata doveva intendersi riferita all'ergastolo senza isolamento diurno ed inseriva all'interno della stessa disposizione un terzo periodo, secondo il quale 'Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, in caso di concorso di reati e di reato continuato, e' sostituita quella dell'ergastolo'.

La Corte di assise di appello dl Catania, con sentenza del 10 luglio 2001 (irrevocabile il 14 novembre 2003), in applicazione di quanto previsto dal citato art. 7 d.l. n. 341 del 2000, infliggeva all'E. la pena dell'ergastolo.

  1. Il Tribunale di Spoleto, quale giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 13 settembre 2011, rigettava l'istanza del condannato finalizzata, ai sensi degli artt. 666 e 670 cod. proc. pen., alla sostituzione della pena dell'ergastolo con quella temporanea di trenta anni dl reclusione.

    Il condannato, a sostegno della propria istanza, dopo avere sottolineato che, al momento della richiesta di giudizio abbreviato (12 giugno 2000), il testo vigente dell'art. 442, comma 2, secondo periodo, cod, proc. pen., introdotto dalla legge n. 479 del 1999, prevedeva la pena temporanea in luogo dell'ergastolo (con o senza isolamento diurna), evocava i principi affermati con la sentenza della Corte EDU 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, vale a dire la natura sostanziale, con riferimento alla previsione del trattamento sanzionatorio, della richiamata norma, l'illegittimita' dell'applicazione retroattiva della sanzione piu' severa prevista dal d.l. n. 341 del 2000, entrato in vigore il 24 novembre 2000, la violazione del principio di legalita' di cui all'art. 7 della Convezione europea del diritti dell'uomo e dei diritto a un processo equo di cui al precedente art. 6 della stessa Convenzione, per inferirne che era 'necessario assicurare omogeneita' e coerenza nell'ambito dell'ordinamento costituito dai sistema multilivello del quale il sistema convenzionale europeo fa parte insieme a quello degli Stati nazionali' e che, conseguentemente, non doveva ritenersi precluso il potere del giudice dell'esecuzione di modificare la pena irrogata dal giudice della cognizione, dovendosi la sentenza della Corte di Strasburgo equiparare alla declaratoria d'incostituzionalita' sopravvenuta alla formazione dei giudicato e, quindi, rilevante anche in executivis.

    Il Tribunale dl Spoleto, nel disattendere tale istanza, si limitava a rilevare che nessuna violazione del principio di legalita' di cui all'art. 7 della CEDU era stata accertata, nel caso specifico, dalla Corte EDU, sicche' non era sopravvenuto all'esecutivita' della condanna alcun fatto nuovo.

  2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite i propri due difensori di fiducia, l'E., denunciando la violazione della legge penale, con riferimento agli artt. 6, 7 CEDU e 442 cod. proc. pen., nonche' la mancanza, la contraddittorieta' e la manifesta illogicita' della motivazione, per non avere li giudice a quo dato risposta agli argomenti sottoposti alla sua attenzione, e sollecitando, sulla base degli stessi argomenti, l'annullamento del provvedimento impugnato.

  3. Il Consigliere delegato dal Primo Presidente per l'esame preliminare dei ricorsi pervenuti alla Prima Sezione penale, con nota del 1° marzo 2012, ha segnalato l'opportunita' di assegnare il ricorso alle Sezioni Unite penali, stante la speciale importanza delle questioni implicate.

  4. Il Primo Presidente, con decreto in pari data, ha assegnato a norma dell'art. 610, comma 2, cod. proc. pen. - il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza camerale.

    Considerato in diritto 1. La questione di diritto per la quale il ricorso e' stato assegnato alle Sezioni Unite e' la seguente: Se il giudice dell'esecuzione, in attuazione dei principi dettati dalla Corte EDU con la sentenza 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, possa sostituire la pena dell'ergastolo, inflitta all'esito del giudizio abbreviato, con la pena di anni trenta di reclusione, in tal modo modificando il giudicato con l'applicazione, nella successione di leggi intervenute in materia, di quella piu' favorevole', 2. Tale quaestio juris impone, innanzi tutto, di stabilire la rilevanza che nell'ordinamento interno possono assumere, in deroga anche al giudicato, le violazioni, accertate dalla Corte di Strasburgo (Corte EDU), della Convenzione europea del diritti dell'uomo (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva In Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848,

    Ai sensi dell'art. 46 della CEDU, fatto oggetto di interpretazione estensiva da parte della Corte di Strasburgo, le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive pronunciate dalla Corte nelle controversie nelle quali esse sono parti e al Comitato del Ministri e' affidato il compito di vigilare sulla esecuzione di tali sentenze, con la conseguenza che lo Stato convenuto ha l'obbligo giuridico di adottare, sotto il controllo del detto Comitato, le misure generati e/o, se del caso, individuali per porre fine alla violazione constatata, eliminarne le conseguenze e scongiurare ulteriori violazioni analoghe.

    Quando la Corte EDU, alla quale e' affidato il compito istituzionale di interpretare e applicare la Convenzione (art. 32), accerta violazioni della stessa connesse a problemi sistematici e strutturali dell'ordinamento giuridico nazionale pone in essere una cosi detta 'procedura di sentenza pilota', che si propone di aiutare gli Stati contraenti a risolvere a livello nazionale i problemi rilevati, in modo da riconoscere alle persone interessate, che versano nella stessa condizione della persona il cui caso e' stato gia' specificamente preso in considerazione, i diritti e le liberta' convenzionali, come dispone l'art. 1, offrendo loro la riparazione piu' rapida, in tal modo alleggerendo il carico della Corte sovranazionale, che, altrimenti, dovrebbe esaminare moltissimi ricorsi sostanzialmente simili (Corte EDU, G.C., 22 giugno 2004,

    Bronlowski c. Polonia, §§ 188-194; 28 settembre 2005, stesse parti, §§ 34-35).

    La giurisprudenza della Corte EDU, originariamente finalizzata alla soluzione di specifiche controversie relative a casi concreti, si e' caratterizzata nel tempo 'per una evoluzione improntata alla valorizzazione di una funzione para-costituzionale di tutela dell'interesse generale al rispetto del diritto oggettivo'.

    Sempre piu' frequentemente, infatti, le sentenze della Corte, nel rilevare la contrarieta' alla CEDU di situazioni interne di portata generale, danno indicazioni allo Stato responsabile sui rimedi da adottare per rimuovere la rilevata disfunzione sistemica nel proprio ordinamento interno.

    La tecnica delle c.d. 'sentenze pilota', affidata - dapprima alla prassi in difetto di una esplicita base normativa, e' stata recentemente formalizzata nel regolamento di procedura della Corte, emendato a tale scopo nel febbraio 2011 e in vigore, per come modificato, dal 1° aprile 2011.

    L'effettivita' dell'esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo e' stata, inoltre, accresciuta sensibilmente, sul piano internazionale, dall'entrata in vigore, nel giugno 2010, del Protocollo n. 14 alla CEDU, il quale, modificando l'art. 46 della Convenzione, ha introdotto una procedura di infrazione, che 'giurisdizionalizza il meccanismo...

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