n. 218 SENTENZA 22 settembre - 5 novembre 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 20 ottobre 2014, depositato in cancelleria il 27 ottobre 2014 ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2014. Visto l'atto di costituzione di Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 settembre 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l'avvocato Luigi Manzi per la Regione Veneto e l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso, notificato il 20 ottobre 2014, depositato il successivo 27 ottobre, la Regione Veneto ha promosso questione di legittimita' costituzionale, in via principale, dell'art. 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione. 1.1.- La Regione ricorrente premette che la norma impugnata, che ha abrogato l'art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, in tema di spese di personale per gli enti locali, ha disposto che «[n]egli anni 2014 e 2015 le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilita' interno procedono ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 60 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 16, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. La predetta facolta' ad assumere e' fissata nella misura dell'80 per cento negli anni 2016 e 2017 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo 1, commi 557, 557-bis e 557-ter, della legge 27 dicembre 2006, n. 296». Essa stabilisce, inoltre, che «[a] decorrere dall'anno 2014 e' consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile[...]. L'art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' abrogato. Le amministrazioni di cui al presente comma coordinano le politiche assunzionali dei soggetti di cui all'articolo 18, comma 2-bis, del citato decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di garantire anche per i medesimi soggetti una graduale riduzione della percentuale tra spese di personale e spese correnti, fermo restando quanto previsto dal medesimo articolo 18, comma 2-bis, come da ultimo modificato dal comma 5-quinquies del presente articolo». 1.2.- Tale disposizione, nella parte in cui abroga la precedente disciplina contenuta nell'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, come convertito, sostituendo alla stessa una nuova dettagliata disciplina, sarebbe costituzionalmente illegittima, anzitutto, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. La ricorrente ritiene, infatti, che il citato art. 3, comma 5, del d.l. n. 90 del 2014, come convertito, riconducibile all'ambito materiale del «coordinamento della finanza pubblica», non si limiti ad abrogare una norma "vincolistica", gia' di per se' di dubbia costituzionalita', ma sostituisca ad essa una disciplina di dettaglio sicuramente non conforme alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale. L'art. 3, comma 5, del d.l. n. 90 del 2014, come convertito, sarebbe costituzionalmente illegittimo anche per violazione degli artt. 3 e 97 Cost. ed in specie dei canoni di eguaglianza, ragionevolezza e buon andamento ivi previsti. Esso, infatti, eliminando il divieto di assumere previsto dalla norma abrogata (il citato art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, come convertito) nei confronti dei soli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti, ed imponendo a tutti gli enti gli stessi limiti alle assunzioni di personale, creerebbe un'ingiustificata discriminazione tra enti locali che abbiano coerentemente ed efficientemente perseguito il contenimento della spesa pubblica e quelli che invece abbiano, intenzionalmente o meno, sforato tale limite percentuale, in contrasto con i canoni di eguaglianza, ragionevolezza e buon andamento dell'amministrazione. 2.- Nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque infondato. 2.1.- In linea preliminare il ricorso sarebbe inammissibile per assoluta genericita'. Esso, infatti, non indicherebbe in alcun modo quali aspetti della disciplina introdotta dalla norma impugnata - che si compone di ben sette diversi periodi, ciascuno contenente una disposizione diversa - avrebbe le caratteristiche di dettaglio non consentite dall'art. 117, terzo comma, Cost., omettendo di precisare quale delle diverse disposizioni della predetta norma sarebbero costituzionalmente illegittime. Esso, inoltre, sarebbe inammissibile anche per carenza di interesse. La disciplina introdotta dalla norma impugnata, sostituendo quella...

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