n. 21 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 marzo 2018 -

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (c.f. 80007580279 - P.IVA 02392630279), in persona del Presidente della giunta regionale dott. Luca Zaia (c.f. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della giunta regionale n. 190 del 20 febbraio 2018 (all. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (c.f. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof. Luca Antonini (c.f. NTNLCU63E27D869I) del Foro di Treviso e Luigi Manzi (c.f. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org);

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni della legge 27 dicembre 2017, n. 205, (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017 - Suppl. ordinario n. 62: 1. art. 1, comma 37;

  1. art. 1, comma 70;

  2. art. 1, comma 71;

  3. art. 1, comma 499;

  4. art. 1, commi 679, 682 e 683;

  5. art. 1, comma 778;

  6. art. 1, comma 1072;

  7. art. 1, commi 1079 e 1080. Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 37, per violazione degli articoli 3, 97, 117, III comma e 119 della Costituzione. L'art. 1, comma 37, proroga al 2018 la sospensione - gia' disposta per il 2016 dal comma 26 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e poi prorogata per il 2017 con l'art. 1, comma 42, lettera a) della legge 11 dicembre 2017, n. 232 - dell'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, «nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015». Si precisa che con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 17 del 2016 la Regione Veneto aveva gia' impugnato l'art. 1, comma 26, della legge n. 208 del 2015. Nel frattempo e' intervenuta la sentenza n. 135 del 2017, con cui codesta ecc.ma Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 26, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, promossa, sempre dalla Regione Veneto, in riferimento agli articoli 3, 5, 32, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119, della Costituzione. Successivamente, con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 19 del 2017 ha impugnato la proroga del medesimo blocco disposta con l'art. 1, comma 42, lettera a) della legge n. 232 del 2016;

sul ricorso codesta ecc.ma Corte costituzionale non si e' ancora pronunciata. La Regione Veneto, dal momento che nella suddetta sentenza n. 135 del 2017 codesta ecc.ma Corte costituzionale non e' entrata nel merito della questione, ma ha dichiarato inammissibile la questione proposta, ritiene pertanto opportuno tornare nuovamente a impugnare la disposizione che stabilisce la terza proroga consecutiva del blocco dei poteri impositivi regionali, strutturando in termini diversi dai precedenti le argomentazioni del proprio ricorso, nell'intento di superare cosi' le questioni che hanno indotto, nella precedente occasione, codesta ecc.ma Corte costituzionale a dichiarare inammissibile la questione. 1. Nello specifico la Regione ritiene che il blocco del potere impositivo regionale si ponga in violazione del corretto esercizio della funzione statale di coordinamento di cui all'art. 117, III comma, e dell'art. art. 119, II comma, laddove prevede, dopo aver affermato che comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno risorse autonome, questi «[s]tabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». Infatti, il blocco del potere impositivo protratto per il terzo anno consecutivo determina una palese violazione delle suddette disposizioni, dal momento che il blocco del potere regionale di «stabilire e applicare» viene disposto dal censurato intervento statale di coordinamento con una motivazione, come si specifichera' di seguito, priva di proporzionalita', con violazione quindi anche dell'art. 3 della Costituzione, la cui lesione ridonda, per quanto detto, sulle competenze regionali relative all'autonomia impositiva regionale. Al riguardo e' innanzitutto dirimente precisare che nelle precedenti occasioni (sentt. n. 381 del 2004, 284 e 298 del 2009) in cui codesta ecc.ma Corte ha legittimato, ritenendo infondate le questioni sollevate dalle regioni, il blocco dei tributi propri, questo era contestuale alla giustificazione, addotta dal legislatore statale, dell'imminenza di riforme fondamentali (patto di stabilita' e federalismo fiscale), e non riguardava quindi, come invece nel caso di specie, la proroga di un blocco (che tende quindi ad assumere un carattere permanente) gia' disposto senza un particolare motivo se non quello, meramente politico di «contenere il livello complessivo della pressione tributaria» (cosi' recita il comma 26 dell'art. 1 della legge di stabilita' 2016, prorogato con la disposizione qui impugnata). Rispetto a tale scopo, che si pone in radicale contrasto con l'autonomia politica impositiva regionale, si pone la questione del rispetto del principio di proporzionalita' dell'intervento coordinatore dello Stato (cfr. sentt. n. 326 del 2010 e n. 236 del 2013 in cui la Corte ha messo in relazione con l'obiettivo prestabilito, la necessita' del rispetto del principio di proporzionalita': «la disciplina dettata dal legislatore non deve ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento normativo rispetto all'obiettivo prefissato»;

ma si veda anche la sentenza n. 272 del 2015). In altre parole, in assenza - a differenza delle situazioni oggetto dei precedenti giurisprudenziali - di una situazione di riforma riguardante la finanza regionale e locale, la questione e' inerente a quale valore costituzionale sia riconducibile quello indicato dal legislatore di «contenere il livello complessivo della pressione tributaria», al punto da giustificare il sacrificio dell'autonomia impositiva regionale. Da questo punto di vista, appare difficile trovare un fondamento allo scopo perseguito dal legislatore statale, dal momento che la Costituzione si connota piuttosto per la rilevanza che essa assegna ai diritti sociali e al dovere tributario, qualificato come dovere inderogabile di solidarieta', che ne costituisce la principale fonte di finanziamento. In questi termini, il prorogato blocco alla facolta' delle regioni, prevista dall'art. 119, II comma, di stabilire e applicare i tributi propri non trova adeguata giustificazione nello scopo perseguito dal legislatore statale. 2. Cio' soprattutto se si considera, inoltre, anche da ulteriori punti di vista, la ben differente situazione, rispetto ai precedenti giurisprudenziali citati, in cui tale misura si trova oggi a cadere. Facendo infatti riferimento alla Relazione sulla gestione finanziaria delle regioni della Corte dei conti, sez. autonomie del 13 giugno 2017 (Deliberazione n. 17/SEZAUT/2017/FRG, pagina 43) (1) emerge che le regioni hanno subito «nel quadriennio 2015-2018, ulteriori contributi a carico delle RSO (nella misura in cui questi sono da considerarsi aggiuntivi rispetto a quelli previsti fino al 2014), sia gli obiettivi di finanza pubblica a carico del Fondo per il Servizio sanitario nazionale, con relativa riduzione del finanziamento di oltre 10,5 miliardi rispetto ai livelli programmati» (enfasi ns.). Tabella n. 9/SALDI - Effetto cumulato degli obiettivi di finanza pubblica 2015-2018 a carico delle RSO Parte di provvedimento in formato grafico Nello specifico, per la regione tali misure si sono tradotte, nell'esercizio finanziario 2017, nei termini descritti nella seguente tabella (2) : Parte di provvedimento in formato grafico Si tratta di dati che chiaramente confermano la mancanza di proporzionalita' in cui e' incorso il legislatore statale nell'intervento impugnato e che dimostrano la radicale differenza dell'attuale contesto normativo rispetto alle situazioni - nelle quali tagli al finanziamento regionale di questa portata non erano certo avvenuti - che sono state oggetto di valutazione nelle precedenti sentenze di codesta ecc.ma Corte costituzionale, le quali hanno ritenute (allora) infondate le censure sui blocchi del potere impositivo regionale. Si tratta, peraltro, di una situazione normativa e finanziaria attuale che ha trovato attenta considerazione nella giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale proprio in funzione del valore, non certo di «contenere il livello complessivo della pressione tributaria», bensi' di quello di garantire adeguati livelli di servizi ai cittadini. Nella attuale congiuntura, infatti, e' la stessa giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale che ha rimarcato la necessita' che le regioni, nei confronti degli enti locali destinatari dei finanziamenti dalle stesse erogate, non alterino il quadro finanziario di questi ultimi: nella sentenza n. 275 del 2016, ad esempio, ha censurato una normativa regionale che stabiliva una discrezionale e incerta compartecipazione della regione ad un servizio afferente un diritto fondamentale della persona (quale quello erogato dalla provincia per il trasporto dei disabili);

nella sentenza n. 10 del 2016, inoltre, ha censurato tagli regionali alle risorse provinciali perche' non consentivano di finanziare le funzioni conferite alle province stesse, al punto da influire negativamente sugli stessi cittadini, pregiudicando per gli stessi la continuita' nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale...

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