n. 158 SENTENZA 3 maggio - 7 luglio 2016 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge della Regione Piemonte 24 dicembre 2014, n. 22 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e tributaria), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 27 febbraio 2015, depositato in cancelleria il 9 marzo 2015 ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2015. Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 2016 il Giudice relatore Franco Modugno;

uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giovanna Scollo per la Regione Piemonte. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso notificato il 27 febbraio 2015 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 9 marzo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge della Regione Piemonte 24 dicembre 2014, n. 22 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e tributaria), per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione. L'Avvocatura generale dello Stato osserva che con la disposizione censurata la Regione Piemonte ha stabilito la misura del canone annuo per l'uso di acqua pubblica a fini energetici e di riqualificazione dell'energia, misura che e' diversificata all'interno dell'utilizzazione idroelettrica in modo decrescente in proporzione alla potenza media di concessione. Tale disciplina non sarebbe in linea con quanto previsto dalla legislazione statale all'art. 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134. La normativa statale - che intende agevolare l'accesso degli operatori economici al mercato dell'energia secondo condizioni uniformi su tutto il territorio nazionale, garantendo in tal modo la tutela della concorrenza - ha previsto che «[a]l fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attivita' di generazione idroelettrica e parita' di trattamento tra gli operatori economici, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, secondo principi di economicita' e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico» (art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012). Alla legislazione regionale sarebbe bensi' demandata la fissazione dei canoni di concessione, ma all'interno ed entro i «valori massimi» stabiliti dallo Stato. Rileva l'Avvocatura generale dello Stato che, pertanto, la determinazione dei predetti canoni sarebbe stata attratta nell'ambito della suddetta disciplina, espressione della competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza», ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., come peraltro avrebbe riconosciuto questa Corte con la sentenza n. 28 del 2014. In tale pronuncia si e' affermato, infatti, che le norme di cui all'art. 37, commi 4, 5, 6, 7 e 8, del d.l. n. 83 del 2012 «rientrano nella materia "tutela della concorrenza", di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.)». Secondo la ricorrente, dunque, la disposizione regionale impugnata - riservando alla Regione l'attivita' di approvazione e modulazione del canone per l'uso di acqua pubblica relativo all'uso energetico e di riqualificazione dell'energia, attivita' che la disposizione statale, indicata come norma interposta, ha invece riservato allo Stato - avrebbe invaso con tutta evidenza la competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza». 2.- Con memoria depositata il 9 aprile 2015 si e' costituita in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. La difesa regionale - dopo aver sottolineato che il decreto ministeriale di cui all'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012 non sia ancora stato emanato - osserva, innanzitutto, che la ricorrente erroneamente sostiene che i canoni di concessione vanno fissati all'interno ed entro i «valori massimi» stabiliti dallo Stato. Il decreto ministeriale di cui alla normativa statale dovrebbe invece stabilire, peraltro d'intesa con le Regioni, i «criteri generali» che le Regioni stesse devono seguire per la determinazione di «valori massimi» dei canoni di concessione. Cio' premesso, la resistente rileva che questa Corte, con la sentenza n. 85 del 2014, ha dichiarato in parte inammissibile e in parte infondata una questione proposta nei confronti di analoga disposizione prevista da una legge della Regione Abruzzo. In detta pronuncia questa Corte ha affermato che, per effetto degli artt. 86 e 88 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), e'...

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