Minori difese. Il patrocinio d'ufficio a tre anni dalla l. 60/2001

AutoreEnrico Di Dedda
Pagine373-379

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    Si tratta della relazione, ampliata, svolta al convegno «Una difesa per tutti. Il nuovo ruolo del difensore di ufficio nel processo penale», organizzato per il 17 aprile 2004 dall'associazione «Difensori per un giusto processo», dall'Ordine forense e dalla Camera penale di Foggia.

@1. Canoni e umori

La legge 6 marzo 2001 n. 60 sulla difesa di ufficio non è stato un provvedimento che ha ricevuto particolari onori sulle cronache. Tuttavia, pur modificando solo una decina di articoli del rito vigente, ha influito sul parziale mutamento di una prassi che voleva il difensore di ufficio ridotto a semplice orpello nel processo penale.

La produzione giurisprudenziale sul tema può essere ricondotta a tre caratteristiche principali:

1) la giurisprudenza di legittimità tende a fornire un'esegesi ampliativa dei poteri dell'avvocato d'ufficio quando si tratta di fornire tutela all'accusato in snodi nevralgici del rito, massime nella fase di chiusura delle indagini e inizio del processo;

2) essa è meno attenta quando si tratta di fornire all'imputato non una tutela qualunque, ma una difesa di qualità, ovvero quando si tratta di mettere il difensore di ufficio nelle condizioni migliori per svolgere il suo compito;

3) i giudici, specie di merito, sono invece sorprendentemente restrittivi quando si tratta di liquidare la prestazione al patrono. Approdo questo che non può essere spiegato solo con l'ambiguità del testo normativo o con il doveroso zelo per l'integrità dell'Erario, rafforzato dalla responsabilità contabile del magistrato, perché le somme da liquidare sono, tutto sommato, contenute e analoghi scrupoli non sempre sovvengono quando si tratta di autorizzare le intercettazioni telefoniche.

La causa di questo atteggiamento va probabilmente rintracciata nel retaggio culturale di un recente passato, in una permanente sottostima del ruolo del difensore di ufficio, per molti versi considerato ancora munus publicum piuttosto che prestazione professionale autonoma.

Si può parlare della prima caratteristica a partire dai due arresti a Sezioni Unite intervenuti nel decennio sul difensore di ufficio, le sentenze Nicoletti del 1994 e Mainente del 2003, nonché dall'esame dei modi di ingresso di tale figura nella fase procedimentale 1.

In entrambe le decisioni delle Sezioni Unite, la figura del difensore di ufficio viene equiparata espressamente a quella del difensore di fiducia e ne assume le caratteristiche in punto di immutabilità e di impossibilità di una dispensa implicita, da parte del magistrato, al di fuori delle situazioni enunciate dall'art. 97 comma 4 c.p.p. Anzi, con la sentenza Nicolucci, in contraddizione con tale iniziale assunto, viene esteso il potere di impugnazione anche al sostituto ex art. 97 c.p.p., per fini tuzioristici 2.

@2. La difesa di ufficio nella fase pre-dibattimentale

L'ingresso della difesa di ufficio nel procedimento diventa nevralgico in relazione a tre articoli del codice: l'art. 460, per quanto riguarda il rito monitorio; l'art. 415 bis, sulla conclusione delle indagini; infine, l'art. 369 bis c.p.p., per l'informazione all'accusato sull'obbligo di difesa tecnica e di retribuzione del difensore di ufficio nominato, frutto specifico della L. 60/2001.

All'interno del procedimento per decreto penale, due problemi sorgevano a seguito della modifica apportata dall'art. 20 della L. 60/01, che prescriveva l'esigenza della notifica del decreto al difensore di ufficio o al difensore di fiducia «eventualmente nominato».

Il primo quesito atteneva al fatto se andasse sempre operata o meno, da parte del Gip, la nomina del difensore di ufficio all'imputato privo di patrono con la relativa notifica; il secondo quesito concerneva invece il fatto se il difensore di ufficio nominato potesse autonomamente opporsi ex art. 461 c.p.p.

Il primo dubbio nasceva dal fatto che qualche autore intendeva «l'eventualmente nominato» come ipotesi ricorrente solo nel caso di una pregressa nomina del difensore, d'ufficio o di fiducia, per essere stato compiuto un atto garantito, con la relativa discrepanza rispetto a chi non avesse mai dovuto affrontare un tale atto e, di conseguenza, non si fosse mai visto nominare un difensore.

Il secondo interrogativo sorgeva perché la formula poteva essere letta come necessità di una nomina del difensore da parte dell'imputato, visto che l'opposizione, venendo equiparata ad un'impugnazione, doveva essere fatta personalmente, o quantomeno all'interno di un mandato fiduciario 3.

La giurisprudenza ha risolto positivamente entrambi i dubbi, statuendo di recente che l'art. 460 comma 3 c.p.p. esige la previa nomina del difensore di ufficio, qualora il condannato ne sia rimasto privo, con relativa notifica, a pena di nullità, evidentemente a regime intermedio.

Sull'altro nodo, essa ha ribadito un orientamento già manifestatosi in passato, secondo il quale l'art. 461, comma 1, c.p.p., prevedendo la legittimazione del difensore «eventualmente nominato» a proporre l'opposizione al decreto penale, deve essere interpretato nel senso che tale potere compete anche al difensore nominato d'ufficio 4.

Analoga problematica si era posta in relazione alla lettura dell'art. 415 bis c.p.p., laddove, prevedendo che l'avviso della conclusione delle indagini andasse notificato all'indagato e al suo difensore, nulla prescriveva nel caso in cui mai fosse stata fatta nomina di un difensore: sicché era sostenibile che non andasse operata alcuna nomina, né tantomeno notifica al difensore di ufficio 5.

La giurisprudenza è stata però di diverso avviso e in tre arresti abbastanza recenti, ha stigmatizzato la pratica di non nominare un difensore di ufficio - e di non effettuare la relativa notifica - nel caso dell'art. 415 bis c.p.p., qualificando la nullità come a regime intermedio, quindi da sollevare prima del termine dell'udienza preliminare o in atti preliminari al dibattimento, qualora si versi nei casi di citazione diretta 6.

Nullità peraltro sanabile, ex art. 183 c.p.p. qualora la parte si sia avvalsa comunque della facoltà di estrarre copia a prendere visione del fascicolo del P.M. Ovviamente, l'informazione sul diritto di difesa ex art. 369 bis c.p.p. non va inviata prima dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p., se nessun Page 374 atto garantito era stato svolto nel corso delle indagini preliminari. Tale informazione deve invece precedere l'eventuale interrogatorio richiesto dall'indagato dopo l'avviso di conclusione delle indagini 7.

@@2.1. L'art. 369 bis c.p.p.: ambito, sanzioni e rapporti con l'informazione di garanzia

Per quanto concerne l'art. 369 bis c.p.p., numerose sono state le controversie seguite alla sua introduzione e alla difficoltà di coordinamento con l'art. 369 c.p.p. 8.

Qui basterà ricordare come la Cassazione abbia sinora respinto la questione di legittimità costituzionale della norma, laddove prevede l'obbligo dell'invio solo in caso di atto del P.M. e non nell'ipotesi di atti della P.G.

Non solo. La S.C. tende a limitare la necessità dell'invio ai soli casi specifici di atto garantito per la formazione della prova: per esempio, tale era il caso dell'art. 415 bis c.p.p. già visto; è stato altresì escluso che l'invio dell'informazione difensiva vada effettuato nel caso di sequestro preventivo, proprio perché non è previsto avviso al difensore e si tratta di un atto cautelare, e quindi «a sorpresa» 9.

Anzi, in un certo senso, è proprio l'elemento della sorpresa - e della sua connessione al sintagma «facoltà di assistere», piuttosto che «diritto di assistere» - a permettere al giudice di legittimità una distinzione tra le sfere di operatività dell'art. 369 e 369 bis c.p.p.

Secondo l'orientamento adottato dalla Cass., sez. III, 7 dicembre 2001, Zadra, l'informazione di garanzia, ex art. 369 c.p.p., andrebbe spedita quando si deve compiere un atto «a sorpresa», non necessariamente prima o contestualmente all'esecuzione del medesimo; invece andrebbe notificata l'informazione difensiva ex art. 369 bis c.p.p. quando bisogna svolgere un atto garantito ordinario (residuano quindi interrogatorio, confronto, ispezione non ex art. 364 comma 5, e accertamenti tecnici ex art. 360 c.p.p.) 10.

Qualcuno ha parlato di difficoltà di sistemazione di una tale massima con la decisione delle Sezioni Unite, 4 maggio 2000, Mariano, che era proprio su tali casi ma antecedente alla legge 60/2001.

Come si ricorderà, la S.C. aveva stabilito che, nelle ipotesi di atti a sorpresa (perquisizione, sequestro ed ispezione ex art. 364, comma 5, c.p.p.), non era necessario il previo inoltro dell'informazione di garanzia, onde salvaguardare la genuinità della ricerca della prova; se l'imputato era presente, gli adempimenti specifici già previsti erano equipollenti dell'informazione di garanzia ex art. 369 c.p.p.

Nel caso di assenza dell'imputato all'atto, riemergeva l'obbligo del pubblico ministero del tempestivo inoltro dell'informazione predetta, anche al fine di assicurare all'interessato la pienezza delle facoltà difensive riconducibili al deposito degli atti previsto dall'art. 366 c.p.p.

Ma più che di difficoltà con la sentenza Mariano, la prassi sembra autonomamente seguire l'inserimento dell'informazione ex art. 369 bis c.p.p. già nel decreto di perquisizione (o di altro atto invasivo), potendo il difensore di ufficio essere comunque contattato telefonicamente e dandogli, nel caso di assenza, l'avviso di deposito, ex art. 366 c.p.p., in uno con la notifica dell'informazione ex art. 369 bis c.p.p. 11.

Ma a questo punto occorrerà presto chiedersi se l'informazione di garanzia abbia ancora un proprio ambito o se la stessa non sia stata ormai fagocitata dall'informazione difensiva, con conseguente abrogazione implicita dell'art. 369 c.p.p.

Riflettiamo un attimo: è chiaro che, quando procede la polizia di propria iniziativa, tale discorso non ha ragione di sussistere, essendo entrambi gli atti in gioco di spettanza esclusiva del P.M. Né ha molto senso richiamare la ratio dell'art. 369 c.p.p.: quando una...

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