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TRIBUNALE PENALE DI CAMERINO 8 LUGLIO 2011

Est. Potetti – imp. X.

Danneggiamento y Aggravanti y Cose esposte alla pubblica fede y Configurabilità dell’aggravante in caso di sorpresa in flagranza del reo y Fondamento y Ragioni y Fattispecie in tema di danneggiamento di autovettura parcheggiata.

La custodia-vigilanza sulla cosa, la quale esclude l’aggravante della esposizione alla pubblica fede (art. 625, comma 1, n. 7, c.p.) consiste in un’attività predisposta e avviata ex ante, e cioè al momento della collocazione della cosa, mentre l’eventuale sorpresa in flagranza del reo (specialmente quando sia del tutto casuale) rappresenta un comportamento successivo al fattoreato, e come tale non può essere confusa con la prima. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto applicabile l’aggravante de qua al danneggiamento consistente nella rigatura, a mezzo di una chiave, della fiancata di un’autovettura in sosta in un parcheggio pubblico, nella cui circostanza la proprietaria del veicolo colse in flagranza l’autore del danneggiamento). (c.p., art. 625; c.p., art. 635) (1)

(1) Nel senso di ritenere configurabile la circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede anche in caso di sorveglianza saltuaria quando la cosa si trovi in luoghi privati ma aperti al pubblico, peraltro in un caso similare di danneggiamento provocato ad un’autovettura in sosta nel parcheggio, si veda Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2009, Bacconi, in Arch. giur. circ. e sin. strad. 2009, 1003.

Motivi della decisione

1) I fatti in sintesi.

1.1 Y., proponendo querela, riferiva che quello stesso giorno, alle ore 18.00 circa, aveva parcheggiato l’autovettura (omissis), di suo padre Z., in (omissis) Camerino e si era recata con i suoi figli nella vicina pizzeria.

Circa 30 minuti dopo, lei stessa, con i suoi due figli (omissis) erano tornati verso l’autovettura suddetta, percorrendo via Muraldo.

Sbucando in piazza (omissis), a circa 5 o sei metri di di- stanza, aveva visto una persona la quale, passando accanto all’auto in uso alla querelante, con il mazzo di chiavi sulla mano sinistra ne incideva con forza la fiancata.

Subito la Y. si era avvicinata, contestando all’autore di quel gesto il danno che aveva causato alla vettura, chiedendogli spiegazioni.

L’uomo non si giustificava, ma negava l’evidenza dei fatti, dato che la Y. lo aveva sia visto che sentito stridere con la sua chiave (che in quel momento aveva ancora in mano) contro la carrozzeria.

Anzi l’uomo, alle rimostranze della donna, si alterava ed alzava la voce, e quindi si allontanava senza attendere l’arrivo dei carabinieri, che la donna stava chiamando.

Specificava la Y. che l’autovettura de qua (che non aveva altri graffi) ora presentava una profonda ed evidentissima rigatura lunga circa un metro, che interessava la portiera destra e parte della carrozzeria laterale ed anteriore.

Riferiva che il gesto vandalico era stato visto ed udito anche da sua figlia (omissis).

L’autore del fatto, che già conosceva di vista e sapeva abitare in (omissis), le aveva riferito di chiamarsi ….

1.2 Il danno sulla vettura veniva riscontrato dalla Polizia Giudiziaria, mediante apposito accertamento.

2) Soluzione del processo.

2.1 Per quanto riguarda la questione di responsabilità sotto il profilo del fatto, vi è solo da rimarcare che la condotta dell’imputato risulta provata dalle dichiarazioni suddette rese dalla ... teste oculare.

Non risulta alcun elemento che sia in grado di offu- scare la credibilità di tali dichiarazioni, così da renderle sospettabili di calunnia.

D’altra parte, la mancanza di azione civile in sede penale dimostra ulteriormente l’assenza di intenti di lucro.

Infine, il danno risulta accertato oggettivamente dalla polizia (omissis).

2.2 Pertanto, unica questione rilevante ancora da risolvere è quella della sussistenza dell’aggravante della esposizione alla pubblica fede di quanto oggetto di danneggiamento.

Infatti, è astrattamente sostenibile che, essendosi verificata la condotta sostanzialmente al cospetto della persona offesa, non esisterebbe l’aggravante consistente nell’affidamento della cosa alla pubblica fede.

Sul tema, può dirsi largamente condivisa l’opinione per cui la situazione di esposizione alla pubblica fede è la particolare situazione in cui si trovano quelle cose che, non sottoposte a custodia diretta, hanno la loro tutela nel sentimento collettivo di onestà e di rispetto della proprietà altrui e, per ciò stesso, sono esposte ad un maggiore pericolo.

Risalente è perciò la giurisprudenza secondo cui implica detto affidamento ogni situazione di assenza di vigilanza diretta e continuativa da parte del titolare del

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bene lasciato anche temporaneamente incustodito (Cass. n. 44157/08; n. 5113/07; n. 34009/06).

2.3 Orbene, alla luce di tali principi di diritto è evidente che la tesi secondo la quale l’intervento ex post della persona offesa escluderebbe l’aggravante contestata è abile, ma affetta da un vizio evidente di sovrapposizione concettuale fra due condotte ontologicamente diverse, ed anzi opposte.

L’attività di custodia-vigilanza sulla cosa consiste, per sua natura, in un controllo (generalmente visivo, ma non necessariamente) sulla cosa medesima, volto a prevenire la condotta dannosa.

Per poter rispondere a quella finalità, tale attività di custodia-vigilanza deve necessariamente possedere il requisito della più o meno estesa durevolezza.

Solo così intesa la custodia-vigilanza esclude l’affidamento della cosa alla pubblica fede; e l’esclusione è evidente sotto il profilo logico, perché controllare la cosa ex ante rappresenta un dato fenomenico opposto rispetto all’affidarla alla pubblica fede, nei sensi di cui sopra.

Concetto ben diverso, e in effetti opposto, è quello di intervento successivo cronologicamente (e ciò prescindere dal tempo intercorso fra condotta e sorpresa in flagranza) della persona offesa o di terzi, dato che la sorpresa in flagranza (al contrario della vigilanza e del controllo) rappresenta un post factum rispetto alla condotta dannosa.

In altre parole, la custodia-vigilanza consiste in una attività predisposta e avviata ex ante al momento della collocazione della cosa, mentre l’eventuale sorpresa in flagranza (specialmente quando sia del tutto casuale, come nel nostro caso) rappresenta una condotta ex post, e come tale non può essere confusa con la prima.

Deve quindi essere affermata la responsabilità penale dell’imputato in ordine all’imputazione a lui ascritta, compresa l’aggravante di cui sopra.

3) Trattamento sanzionatorio.

Il fatto appare episodico e di scarso valore economico; inoltre l’imputato risulta incensurato.

Pertanto all’imputato vengono riconosciute le circostanze attenuanti generiche rispetto alla suddetta aggravante; solo equivalenti però, perché comunque la sua condotta da un lato rivela un certo sprezzo dell’altrui proprietà, e dall’altro è stata posta in essere senza alcun ravvedimento (almeno immediato), nonostante la sorpresa in flagranza, che avrebbe comunque dovuto indurre l’imputato ad una pronta richiesta di scuse con offerta di risarcimento del danno.

Pena base viene quindi fissata in quella di € 210,00, ridotta nella misura di cui al dispositivo per effetto della diminuente del rito.

La condanna al pagamento delle spese processuali consegue direttamente dall’art. 535 del codice di procedura penale. (Omissis)

TRIBUNALE PENALE DI PISA 27 MAGGIO 2011, N. 604

Est. D’auria – imp. B. P.

Reato y Causalità (Rapporto di) y Accertamento y Reato colposo y Mancata adozione di una condotta appropriata con probabilità di evitare il danno y Rilevanza y Fattispecie in tema di responsabilità colposa medica.

Reato y Causalità (Rapporto di) y Concorso di cause y Causa sopravvenuta y Condizioni y Autonomia dalle cause preesistenti y Esclusione y Evoluzione anomala e imprevedibile del percorso causale y Necessità.

In tema di reati colposi la causalità si configura non solo quando il comportamento diligente imposto dalla norma a contenuto cautelare violata avrebbe certamente evitato l’evento antigiuridico che la stessa norma mirava a prevenire, ma anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il danno. Detto nesso resta, invece, escluso quando l’evento si sarebbe verificato ugualmente, anche senza la violazione della regola cautelare (Nel caso di specie il giudice di merito ha ritenuto sussistente la causalità della colpa medica, in quanto la parte lesa è deceduta per una imponente emorragia dell’albero respiratorio, causata dalla grave infezione insorta e non adeguatamente curata). (c.p., art. 40; c.p., art. 589) (1)

Ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento (art. 41, comma 2, c.p.), perché possa parlarsi di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, si deve essere in presenza di un percorso causale ricollegato all’azione (od omissione) dell’agente, ma completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, cioè di un evento che non si verifica, se non in casi del tutto imprevedibili, a seguito della causa. Ne consegue che in presenza di una condotta colposa posta in essere da un sanitario, non può ritenersi interruttiva del nesso di causalità una succes- siva condotta parimenti colposa posta in essere da altro medico, quando essa non abbia le caratteristiche dell’assoluta imprevedibilità e inopinabilità; condizione, questa, che non può in particolare configurarsi quando tale condotta sia consistita nell’inosservanza, da parte di un sanitario successivamente intervenuto, di regole dell’arte medica già disattese da quello che lo aveva preceduto, in quanto evidentemente non è eccezionale la condotta di un medico che affronti senza l’osservanza delle regole dell’arte medica il caso che gli viene sottoposto. (c.p., art. 40; c.p., art. 589) (2)

(1) In termini Cass. pen., sez. IV, 15 maggio 2008, Aiana, in Arch. giur. circ. e sin. strad. 2008, 1035. In dottrina...

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