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TRIBUNALE PENALE DI CAMERINO 19 OTTOBRE 2010

Est. Potetti – imp. X.

Bellezze naturali (Protezione delle) y Vincoli y Vincolo paesaggistico y Opere eseguite in assenza di autorizzazione y Accertamento di compatibilità paesaggistica y Conseguenza.

Bellezze naturali (Protezione delle) y Vincoli y Vincolo paesaggistico y Art. 181 comma 1 quater, D.L.vo 42 del 2004 y Domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica y Procedimento y Termine per la pronuncia y Rilevanza ai fini dell’estinzione del reato paesaggistico y Esclusione y Ragioni.

Il rinvio al comma 1, contenuto nel successivo comma 1 ter dell’art. 181 del D.L.vo n. 42 del 2004 (accertamento di compatibilità paesaggistica), porta con sé e comprende anche il rinvio al comma 1 bis, perché quella prevista dal comma 1 bis dell’articolo citato è solo una circostanza aggravante (quindi una specie) dell’unico reato di cui al comma 1; ne consegue che l’accertamento suddetto di compatibilità paesaggistica estingue anche il reato aggravato di cui al comma 1 bis cit.. (d.l.vo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181) (1)

Il termine entro il quale l’autorità amministrativa deve emettere l’accertamento di compatibilità paesaggistica (180 giorni dalla domanda) non ha rilevanza ai fini dell’estinzione del reato paesaggistico, nonostante che il comma 1 quater dell’art. 181 del D.L.vo n. 42 del 2004 definisca come perentori sia il termine rimesso all’autorità competente a pronunciarsi sulla domanda, sia il termine previsto per il parere vincolante della Soprintendenza. (d.l.vo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181) (2)

(1) Anche per Trib. pen. Camerino, 28 marzo 2006, F., in questa Rivista 2007, 197, il comma 1 bis dell’art. 181 del D.L.vo n. 42 del 2004 prevede un’aggravante del reato previsto dal precedente comma primo, e non un reato autonomo. Si rammenta che il reato di cui all’art. 181 D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 42 ha sostituito quello ex art. 163 D.L.vo 29 ottobre 1999 n. 490.

(2) Nulla in termini. Cfr. T.a.r. Catanzaro, sez. II, 14 gennaio 2009, n. 10, in Foro amm. TAR 2009, 1, 247 e T.a.r. Firenze, sez. III, 6 febbraio 2008, n. 122, in Riv. giur. ambiente 2008, 5, 856, con nota di GUARINO, secondo cui la mancata pronuncia dell’Autorità amministrativa entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni, comporta l’insorgere di una fattispecie di silenzio-rifiuto o silenzio-inadempimento.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1) L’intervento in questione.

I lavori di cui trattasi, realizzati lungo il tratto (omissis), consistono nell’aver modificato la finitura dell’originario fondo stradale imbrecciato, con un manto stradale in conglomerato cementizio dello spessore di cm. 10, per un tratto di strada di circa 120 metri di lunghezza, per una larghezza di circa m. 2,80.

Per quanto risulta dall’atto di accertamento di compatibilità paesaggistica, lo stesso intervento non ha determinato creazione di superfici utili o volumi, in quanto per la realizzazione della pavimentazione è stato scarificato lo strato superficiale della massicciata sostituendolo con la finitura in conglomerato cementizio;

L’area d’intervento risulta ricadere in “area tutelata per legge” ai sensi dell’art. 142, lett. f) del D.L.vo n. 42/2004, in quanto posta all’interno del perimetro del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, in zona “C” (area di protezione).

Inoltre, l’’intervento ricade anche in area sottoposta alla deliberazione del Consiglio Regionale n. 8 del 23 dicembre 1985 (Galassino Regionale).

L’intervento di cui sopra ha ottenuto l’accertamento di compatibilità paesaggistica (atto del responsabile del Servizio Urbanistica comunale, datato 28 settembre 2010).

2) Si applica l’ACP ai casi di cui all’art. 181 comma 1 bis?

Non deve trarre in errore la non chiarissima previsione del comma 1 ter dell’art. 181 del D.L.vo n. 42 del 2004, secondo la quale “Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1 quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica …”.

Ad una prima lettura potrebbe ritenersi che la suddetta fattispecie (estintiva del reato, pare di poter dire) non si applichi al comma 1 bis dell’art. 181 cit..

Occorre però considerare che il rinvio del comma 1 ter al comma 1, è semplicemente il rinvio all’unico reato paesaggistico previsto dall’art. 181 cit..

Infatti, il nuovo comma 1 bis dell’art. 181 del D.L.vo n. 42/2004 prevede una nuova fattispecie astratta (una circostanza aggravante con pena di specie diversa, ex art. 63 comma 3 c.p.).

Si tratta però di una circostanza aggravante, perché (criterio strutturale della descrizione del precetto penale: v. Sez. un. penali, 26 giugno - 10 luglio 2002, Fedi, in Giur. it., 2004, p. 374) nel comma 1 bis si fa rinvio al comma 1 (“… lavori di cui al comma 1 …”), e ad abundantiam

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perché (criterio teleologico) il bene giuridico protetto è lo stesso, mutando però la gravità della sua lesione.

In altre parole: il rinvio al comma 1, contenuto nel successivo comma 1 ter, porta con sé e comprende anche il rinvio al comma 1 bis, perché quella prevista dal comma 1 bis è solo una circostanza aggravante (quindi una specie) dell’unico reato di cui al comma 1.

3) Questione sul termine di emissione del provvedimento.

Infine, non sembra che il termine entro il quale il Comune avrebbe dovuto emettere l’accertamento di compatibilità paesaggistica (180 giorni dalla domanda) abbia una rilevanza ai fini dell’estinzione reato, nonostante che il comma uno quater dell’art. 181 del D.L.vo n. 42/2004 definisca come perentori sia il termine rimesso all’autorità competente a pronunciarsi sulla domanda, sia il termine previsto per il parere vincolante della Soprintendenza (da rendersi entro 90 giorni).

A prescindere dalla rilevanza di tali termini sul piano puramente amministrativo, non sembra possibile riconoscere alla scadenza di tale termine una rilevanza sul piano del processo penale.

Se così fosse, infatti, la norma sarebbe palesemente incostituzionale ai sensi dell’art. 3 della Carta fondamentale, poiché farebbe dipendere il trattamento penale dell’imputato (il quale astrattamente incide su valori di assoluta rilevanza costituzionale, come la libertà personale) dal comportamento la pubblica amministrazione.

Si avrebbe per tale via una disparità di trattamento priva di ragionevole giustificazione, in quanto dipendente di volta in volta dalla solerzia della Pubblica Amministrazione.

L’esigenza di rispettare il parametro costituzionale (art. 3 Cost.) quale fondamentale criterio di interpretazione della legge ordinaria, induce quindi a ritenere che la perentorietà dei termini in questione non abbia alcuna rilevanza ai fini dell’estinzione reato. (Omissis).

TRIBUNALE PENALE DI CHIAVARI 21 LUGLIO 2010, N. 705

Est. Pasca – imp. Y ed altri

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