Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine195-207

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Antichità e belle arti - Cose di interesse artistico e storico - Possesso di beni archeologici - Prova della legittima provenienza

In tema di prova della liceità del possesso privato di beni mobili archeologici, dal fatto che la legge 1089 del 1939 configuri un dominio eminente dello Stato sul sottosuolo archeologico, non può desumersi che i privati proprietari debbano fornire la prova della legittimità della loro proprietà o del possesso. Infatti anche in materia di possesso di beni archeologici vigono le normali regole processuali secondo le quali l'onere della prova incombe sulla pubblica accusa ed il detentore non è tenuto a dare la prova contraria della legittimità della provenienza degli oggetti detenuti. (Nella specie la Corte ha affermato che la illegittimità del possesso può essere desunta da altri elementi, quali la tipologia, la correlazione con riferimenti noti, la condizione delle cose che denunci il loro recente rinvenimento, il loro accumulo, il loro occultamento e altre particolarità del caso, ritenendo la responsabilità dell'imputato per il numero degli oggetti, risalenti a prima di Cristo, e per il loro pregio).

    Cass. pen., sez. III, 18 maggio 2000, n. 5714 (ud. 16 marzo 2000), Dulcimascolo A. (L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 67; D.P.R. 1 gennaio 1999, n. 490, art. 125). [RV216567]


@Appalto (Contratto di) - Subappalto - Reato di cui all'art. 21 L. n. 646/82 - Subappalti non autorizzati di opere pubbliche

L'ampiezza del controllo che la norma di cui all'art. 21 legge 13 settembre 1982 n. 646 (che punisce la condotta di chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse senza autorizzazione) si propone di realizzare sui subappalti e sui cottimi rende incompatibile una interpretazione strettamente letterale del termine opere, inteso come opere pubbliche in contrapposizione con i servizi pubblici; riguardando il citato art. 21 entrambe le categorie dei subappalti.

    Cass. pen., sez. III, 21 aprile 2000, n. 4951 (ud. 17 dicembre 1999), Del Cuore F. (L. 13 settembre 1982, n. 646, art. 21). [RV216559]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Potere di dare al fatto una diversa definizione giuridica - Sussistenza

Il giudice di appello, investito di una impugnazione tempestivamente prodotta relativa all'attribuzione di responsabilità, ha il potere, anche se a ciò non espressamente sollecitato, di dare al fatto una diversa qualificazione giuridica, ritenendo un reato diverso e meno grave di quello ritenuto dal primo giudice. Ne consegue che, allorché in presenza di una contestazione di concorso nella detenzione illecita di sostanza stupefacente, venga sollecitata con i motivi di appello la configurazione del meno grave reato di favoreggiamento personale, anche soltanto deducendo la semplice connivenza, il giudice non può ritenere inammissibile il motivo adducendone la novità in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti, atteso che il giudicato, non essendo ancora definitiva la statuizione sulla attribuzione di responsabilità, non si è ancora formato.

    Cass. pen., sez. IV, 19 maggio 2000, n. 5868 (ud. 18 aprile 2000), Gualano M. ed altri. (C.p.p., art. 597). [RV216691]


@Appello penale - Provvedimenti appellabili e inappellabili - Limite all'appellabilità delle sentenze introdotto con la L. n. 468/1999 - Ambito di applicabilità

La disposizione di cui all'art. 18 della legge 24 novembre 1999 n. 468, la quale, modificando l'art. 593, comma 3, c.p.p., ha reso inappellabili le sentenze di condanna relative a reati per i quali sia stata irrogata la sola pena pecuniaria, trova applicazione solo nei confronti delle sentenze emanate successivamente alla data della sua entrata in vigore, ovvero di quelle emanate anche precedentemente, ma i cui termini di impugnazione non siano in quel momento ancora decorsi.

    Cass. pen., sez. V, 22 giugno 2000, n. 7329 (ud. 19 maggio 2000), Fugazzaro. (C.p.p., art. 593; L. 24 novembre 1999, n. 468, art. 18). [RV216593]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Pena - Determinazione - Attenuanti e benefici

In tema di patteggiamento, se per un verso deve ritenersi la necessità che la sentenza di applicazione della pena contenga una motivazione, sia pur sommaria, in ordine alla ritenuta sussistenza di circostanze attenuanti, per altro verso può ammettersi la possibilità di una motivazione implicita quando dalla stessa formulazione del capo d'imputazione emerga la descrizione di una condotta da riguardarsi come ragionevolmente suscettibile di dar luogo alla configurabilità dell'attenuante che in concreto sia stata riconosciuta. (Nel caso in questione è stato ritenuto validamente motivato, per implicito, il riconoscimento della speciale attenuante prevista, per i reati in materia di armi e di esplosivi, dall'art. 5 della legge 2 ottobre 1967 n. 895, essendo stata contestata la illegale detenzione di un semplice fucile da caccia, munito di regolare numero di matricola e presumibilmente appartenente ad un congiunto dell'imputato).

    Cass. pen., sez. I, 10 agosto 2000, n. 4932 (c.c. 10 luglio 2000), P.G. Trento in proc. Carrara. (C.p.p., art. 444; L. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5). [RV211554]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Impugnazioni - Ricorso per cassazione

Nel giudizio definito ex art. 444 c.p.p. è inammissibile per genericità l'impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l'omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice l'assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p.

    Cass. pen., sez. III, 1 giugno 2000, n. 1693 (c.c. 19 aprile 2000), Petruzzelli R. (C.p.p., art. 444). [RV216583]


@Associazione per delinquere - Associazione di tipo mafioso - Aggravanti - Aggravante ex sesto comma dell'art. 416 bis c.p.p

Per la configurazione dell'aggravante di cui all'art. 416 bis, comma sesto, c.p. - che ricorre quando gli associati intendono assumere il controllo di attività economiche, finanziando l'iniziativa, intutto o in parte, con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti - occorre, in primo luogo, una particolare dimensione dell'attività economica, nel senso che essa va identificata non in singole operazioni commerciali o nello svolgimento di attività di gestione di singoli esercizi, ma l'intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre strutture che offrano gli stessi beni o servizi. È, poi, necessario che l'apporto di capitale corrisponda a un reinvestimento delle utilità procurate dalle azioni criminose, essendo proprio questa spirale sinergica di azioni delittuose e di intenti antisociali a richiedere un intervento repressivo. L'aggravante in questione ha carattere oggettivo, poiché il perseguimento con i mezzi previsti della finalità descritta, si presenta come attributo della specifica associazione, qualificandone la pericolosità alla pari del suo carattere armato, ed è, quindi, valutabile a carico di ogni componente del sodalizio in base alla norma di cui al secondo comma dell'art. 59 c.p.

    Cass. pen., sez. VI, 25 gennaio 2000, n. 856 (ud. 14 dicembre 1999), Campanella A. e altri. (C.p., art. 59; c.p.p., art. 416 bis). [RV216656]


@Associazione per delinquere - Associazione di tipo mafioso - Carattere fondamentale - Forza intimidatrice promanante dall'associazione

Carattere fondamentale dell'associazione per delinquere di tipo mafioso va individuato nella forza intimidatrice che da essa promana: la consorteria deve, infatti, potersi avvalere della pressione derivante dal vincolo associativo, nel senso che è l'associazione e soltanto essa, indipendentemente dal compimento di specifici atti di intimidazione da parte dei singoli associati, a esprimere il metodo mafioso e la sua capacità di sopraffazione. Essa rappresenta l'elemento strumentale tipico del quale gli associati si servono in vista degli scopi propri dell'associazione. È, pertanto, necessario che l'associazione abbia conseguito, in concreto, nell'ambiente circostante nel quale essa opera, una effettiva capacità di intimidazione e che gli aderenti se ne siano avvalsi in modo effetivo al fine di realizzare il loro programma criminoso.

    Cass. pen., sez. VI, 10 febbraio 2000, n. 1612 (ud. 11 gennaio 2000), Ferone G. e altri. (C.p., art. 416 bis). [RV216632]


@Associazione per delinquere - Associazione di tipo mafioso - Indici rivelatori del carattere mafioso dell'associazione - Individuazione

La prova degli elementi caratterizzanti l'ipotesi criminosa di cui all'art. 416 bis c.p. può ben essere desunta con metodo logico induttivo in base al rilievo che il clan presenti tutti gli indici rivelatori del fenomeno ma-Page 196fioso, quali la segretezza del vincolo; i rapporti di comparaggio o di comparatico fra gli adepti; il rispetto assoluto del vincolo gerarchico, l'accollo delle spese di giustizia da parte della cosca; il diffuso clima di omertà come conseguenza e indice rivelatore dell'assoggettamento alla consorteria. Peraltro, gli indizi del reato associativo possono essere legittimamente tratti dalla commissione dei reati fine, interpretati alla luce dei moventi che li hanno ispirati, quando questi valgono ad inquadrarli nella finalità dell'associazione.

    Cass. pen., sez. VI, 10 febbraio 2000, n. 1612 (ud. 11 febbraio 2000), Ferone G. e altri. (C.p., art. 416 bis). [RV216635]


@Associazione per delinquere - Associazione di tipo mafioso - Individuazione di un tale tipo di associazione - Riferimento alle modalità dei comportamenti dei...

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