Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine741-768

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Reati di cui al D.L.vo n. 152 del 1999 - Responsabilità degli amministratori o gestori

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, rispondono dei reati previsti dal D.L.vo 11 maggio 1999 n. 152, e successive modificazioni, tutti i soggetti che di fatto esercitano funzioni di amministrazione e di gestione dell'insediamento dal quale originano i reflui, senza che tale responsabilità assuma carattere oggettivo ed automatico, ma a titolo di colpa, intesa in senso ampio, ovvero conseguente non soltanto a comportamenti commissivi, ma anche per inosservanza del dovere di adottare tutte le misure tecniche ed organizzative di prevenzione del danno da inquinamento.

    Cass. pen., sez. III, 1 giugno 2005, n. 20512 (ud. 10 maggio 2005), Bonarrigo. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152; D.L.vo 18 agosto 2000, n. 258). [RV231654]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Allevamenti di animali

In tema di tutela dall'inquinamento, l'attività di allevamento è sottoposta a regime giuridico differenziato, in considerazione del limitato impatto ambientale, solo quando per il numero dei capi presenti e per l'estensione dei terreni disponibili è possibile l'utilizzazione esclusiva dei residui nella attività agricola; diversamente va riconosciuta la natura di reflui industriali agli scarichi di allevamenti nei quali manchi la connessione funzionale fra fondo ed allevamento. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la natura di reflui industriali in un caso in cui gli sversamenti avvenivano per getto diretto senza diffusione in maniera omogenea interessando soltanto un parte della zona coltivata).

    Cass. pen., sez. III, 27 maggio 2005, n. 19964 (c.c. 20 aprile 2005), Fraticelli ed altro. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 59). [RV231644]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Depuratore di rete fognaria

Nel caso di scarico da rete fognaria dotata di impianto di depurazione finale, anche in ipotesi di guasto tecnico in conseguenza del quale si sia verificata la tracimazione dalle vasche ma con contestuale funzionamento dello scarico ordinario, non trova applicazione la normativa sui rifiuti (di cui al D.L.vo n. 22 del 1997) ma quella di cui al D.L.vo 11 maggio 1999 n. 152, atteso che rientrano in tale disciplina soltanto i rifiuti liquidi che esulano dal concetto di scarico come definito dall'art. 2 del citato decreto n. 152.

    Cass. pen., sez. III, 29 aprile 2005, n. 16274 (ud. 15 marzo 2005), Faraci. (D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152). [RV231520]


@Antichità e belle arti - Cose di interesse artistico e storico - Beni culturali - Nozione

In tema di beni culturali, il riferimento contenuto nell'art. 2 del D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 41 alle «altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà» costituisce una formula di chiusura che consente di ravvisare il bene giuridico protetto dalle nuove disposizioni sui beni culturali ed ambientali non soltanto nel patrimonio storico-artistico-ambientale dichiarato, ma anche in quello reale, ovvero in quei beni protetti in virtú del loro intrinseco valore, indipendentemente dal previo riconoscimento da parte della autorità competenti. (Conseguentemente la Corte ha ritenuto configurabile il reato di cui all'art. 173 del citato D.L.vo n. 41, che punisce la omessa presentazione della denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali, anche in relazione al patrimonio culturale «reale»).

    Cass. pen., sez. III, 8 giugno 2005, n. 21400 (c.c. 15 febbraio 2005), Pavoncelli. (D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 41, art. 2; D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 41, art. 10; D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 41, art. 11; D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 41, art. 173). [RV231638]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reformatio in peius - Ambito di operatività

Il divieto di reformatio in peius, pur operando anche con riguardo alle singole componenti della pena complessiva, inflitta in primo grado per piú reati uniti sotto il vincolo della continuazione, presuppone, tuttavia, che non venga meno, a seguito del giudizio d'appello, l'unità ontologica della ritenuta continuazione, nella sua struttura costituita dal reato già individuato come piú grave e dai reati satelliti. Qualora, invece, tale condizione venga meno, come nel caso in cui per il reato ritenuto piú grave intervenga a seguito di annullamento con rinvio l'assoluzione, l'unica esigenza che il giudice di rinvio è tenuto a salvaguardare è quella di garantire all'imputato l'irrogazione di una pena nel suo complesso inferiore a quella già inflitta.

    Cass. pen., sez. V, 3 maggio 2005, n. 16542 (ud. 25 marzo 2005), Giordano ed altri. (C.p.p., art. 597; c.p., art. 81). [RV231701]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reformatio in peius - Pena complessivamente inflitta

Non costituisce violazione del divieto di reformatio in peius - qualora la pena complessivamente inflitta con la sentenza gravata sia inferiore a quella inflitta nei gradi precedenti - il fatto che il giudice nella sentenza impugnata, pronunciata in seguito ad annullamento con rinvio della sentenza di appello, abbia determinato taluni aumenti dovuti alla continuazione in modo diverso e meno favorevole per l'imputato, rispetto ai calcoli effettuati dal giudice di primo grado, in quanto il detto divieto concerne la parte dispositiva della sentenza e non si estende alla motivazione nella cui formulazione il giudice non può subire condizionamenti.

    Cass. pen., sez. V, 5 aprile 2005, n. 12806 (ud. 25 febbraio 2005), De Finis ed altri. (C.p.p., art. 597). [RV231695]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reformatio in peius - Reato continuato

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Il divieto della reformatio in peius in caso di reato continuato, investe ogni componente che concorre alla determinazione della pena complessiva, per cui detto divieto deve ritenersi violato, quando appellante sia il solo imputato, non solo se la pena base sia indicata in misura superiore a quella precedentemente stabilita ma anche se sia indicato in misura superiore alla precedente l'aumento di pena per taluno dei reati ritenuti in continuazione.

    Cass. pen., sez. VI, 7 settembre 2005, n. 33007 (ud. 30 aprile 2005), Barivelo ed altri. (C.p.p., art. 597; c.p., art. 81). [RV231657]


@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Omessa pronuncia dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di rinnovazione del dibattimento

L'omessa pronuncia dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di rinnovazione del dibattimento non comporta alcuna menomazione dei diritti della difesa e, comunque, non integra alcuna nullità di ordine generale (artt. 178 e 180 c.p.p.) sotto il profilo della mancata assistenza o rappresentanza dell'imputato preordinata ad assicurare il giusto processo di cui all'art. 111 Cost., posto che le ragioni della difesa sono salvaguardate dalla previsione di cui all'art. 603 comma primo, c.p.p. e, quindi, dalla facoltà, esercitabile ex ante, di articolare e illustrare le richieste di prova, mentre ex post il provvedimento decisorio non è autonomamente impugnabile; inoltre, le ragioni della difesa sono, comunque, tutelate, in quanto possono essere fatte valere in sede di impugnazione avverso la sentenza.

    Cass. pen., sez. V, 4 aprile 2005, n. 12443 (ud. 20 gennaio 2005), Unis. (C.p.p., art. 178; c.p.p., art. 180; c.p.p., art. 603). [RV231682]


@Appello penale - Effetto devolutivo - Appello del P.M. contro la sentenza di assoluzione - Effetto pienamente devolutivo

L'appello del P.M. contro la sentenza di assoluzione emessa all'esito del dibattimento, salva l'esigenza di contenere la pronuncia nei limiti della originaria contestazione, ha effetto pienamente devolutivo, attribuendo al giudice ad quem gli ampi poteri decisori previsti dall'art. 597 comma secondo lett. b) c.p.p. Ne consegue che, da un lato, l'imputato è rimesso nella fase iniziale del giudizio e può riproporre, anche se respinte, tutte le istanze che attengono alla ricostruzione probatoria del fatto ed alla sua consistenza giuridica; dall'altro, il giudice dell'appello è legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, non essendo vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello e non potendo comunque sottrarsi all'onere di esprimere le proprie determinazioni in ordine ai rilievi dell'imputato.

    Cass. pen., sez. un., 20 settembre 2005, n. 33748 (ud. 12 luglio 2005), Mannino. (C.p.p., art. 593; c.p.p., art. 597; c.p.p., art. 606). [RV231675]


@Appello penale - Facoltà del giudice di appello - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Acquisizione di documenti

Nel giudizio di appello l'acquisizione di documenti, pur non subordinata alla necessità di una ordinanza che disponga la rinnovazione parziale del dibattimento, dev'essere operata dopo che al riguardo sia stato assicurato il contraddittorio fra le parti, con la sanzione, in caso contrario, della inutilizzabilità dell'atto ai fini della deliberazione, ai sensi dell'art. 526 comma primo c.p.p.

    Cass. pen., sez. un., 20 settembre 2005, n. 33748 (ud. 12 luglio 2005), Mannino. (C.p.p., art. 234; c.p.p., art. 526; c.p.p., art. 603). [RV231676]


@Appello penale - Facoltà del giudice di appello - Integrale sostituzione della motivazione - Legittimità

In tema di appello, non costituisce motivo di nullità della sentenza di primo grado una motivazione totalmente errata, potendo il secondo giudice, che ritenga di confermare il dispositivo della sentenza di primo grado, sostituire integralmente la...

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