La manipolazione mentale e le sette sataniche tra fattispecie penali e diritti costituzionalmente garantiti

AutoreCristina Colombo
Pagine1071-1080

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@1. Introduzione

Il tema della manipolazione mentale e del condizionamento psichico è oggi molto attuale e motivo di dibattito tra gli studiosi della materia. Si sono contrapposte, a riguardo, idee repressive, che propendono per il necessario ripristino della fattispecie incriminatrice del plagio - dichiarata illegittima dalla Consulta con la sentenza n. 96 dell’8 giugno, 1981, che ha sancito l’incostituzionalità del reato di plagio, cancellandolo dall’ordinamento giuridico penale, in quanto contrastante con il principio di tassatività - a tesi che, in contrasto, sostengono la totale superfluità della creazione di un reato ad hoc, ritenendosi sufficiente la tutela svolta da altre norme già presenti nel nostro ordinamento, o ancora Autori che sosterrebbero l’esigenza di una norma a tutela dell’integrità psichica, a condizione che rispetti il principio di determinatezza e tassatività in modo da non inficiare le libertà costituzionalmente garantite (ex art. 25 Cost.).

Ora, la difficoltà nell’affrontare questo tema, non solo da un punto di vista giuridico, sta sostanzialmente nell’attribuzione alle condotte plagianti di una effettiva posizione border line rispetto ad altre condotte penalmente irrilevanti e/o non devianti. Appare quindi necessario, in primis, analizzare la fattispecie del plagio, tentando di comprendere se possa esserne colmato o meno il deficit di tassatività (per una eventuale reintegrazione del reato), valutare le diverse tecniche di manipolazione mentale, ad oggi conosciute, e soffermarsi su cosa significhi “condizionare”,1 consapevoli che il condizionamento è determinato da eventi, stimoli, dal vissuto emotivo, dai bisogni dei singoli individui ed è proprio del processo di apprendimento del vivere quotidiano. Per poi chiedersi se e come l’eliminazione del plagio dall’ordinamento abbia creato un vuoto di tutela, soprattutto oggi in relazione alla diffusione delle sette che riescono con le loro “potenzialità” di persuasione ad assoldare un gran numero di adepti.

@2. Il reato di plagio e la sua incostituzionalità

Il termine plagio, dal latino plagium, utilizzato a partire dal III sec. a.c. dagli scrittori e dai giuristi latini per indicare “colui che si impossessava di schiavi altrui o che tratteneva in schiavitù un uomo libero”, veniva regolamentato come un reato contro la proprietà e solo con l’abolizione della schiavitù, nel 1791, diventava un reato contro la libertà individuale. Nell’Italia pre-unitaria il codice penale toscano, del 1859, introduceva diverse figure di reato contro la violazione della libertà personale; per contro, successivamente, il codice Zanardelli non disciplinava più il singolo reato di plagio, prevedendolo invece ancora come un’ipotesi criminosa legata alla schiavitù. Il legislatore del 1930, muovendosi, infine, attraverso un contesto storico-culturale del tutto mutato in cui avevano inizio le prime pratiche di psicoanalisi introduceva l’art. 603 c.p. a tutela delle vittime delle tecniche di suggestione. L’abrogato art. 603 c. p. sanciva che “chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”. Collocato nella sezione dei delitti contro la personalità, era posto a tutela dell’integrità psichica contro i condizionamenti illeciti. Incriminazione, autonoma rispetto a quella concernente la riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.) che faceva riferimento ad una schiavitù di “diritto”, ravvisava la previsione di uno stato di schiavitù di fatto.2 Di difficile interpretazione risultava l’evento, ovvero il totale stato di soggezione della vittima alla volontà altrui. Una prima concezione, definita economica, faceva coincidere l’evento del plagio con l’«assoggettamento di una persona all’altrui dominio, attraverso la privazione della propria autonomia di vita, sottoponendola coattivamente, ad un lavoro produttivo, e quindi, allo sfruttamento economico»,3 ma tale interpretazione veniva, poi, superata dalla concezione psicologica che ravvisava lo stato di soggezione nell’«assoggettamento psichico di una persona all’altrui volontà, privandone l’autonomia volitiva sia nell’estrinsecazione, sia nella formazione della propria volontà»4 e, in effetti, l’articolo riteneva l’annienta-Page 1072mento della libertà come il totale impossessamento della personalità del plagiato da parte del plagiante. Una terza concezione, assoggettata anch’essa a critiche di indeterminatezza, c.d. psicosociale, intendeva, poi, lo stato di soggezione come un «isolamento psicologico e materiale, prodotti dalla condotta dell’agente»5: in sostanza, assumeva rilievo non solo la relazione tra plagiante e plagiato, ma anche la privazione delle relazioni interpersonali. Ora, muovendo da una definizione sostanziale di reato, come lesione o messa in pericolo di un bene giuridico,6 bisogna individuare l’oggetto di tutela, anche in considerazione di eventuali prospettive di riforma.7 Così, se il bene giuridico tutelato deve avere rilievo costituzionale affinché un fatto possa essere considerato (secondo la teoria costituzionalmente orientata)8 dalla legge come reato, non v’è dubbio che il rilievo dello stesso possa essere autonomo o riconducibile ai diritti costituzionali inerenti alla personalità, come la libertà personale,9 il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, il diritto di riunione, il diritto di associazione, ecc. (ex artt. 2, art. 3, secondo comma, Cost. e ss.), e non è di ostacolo alla libertà morale la libertà di manifestazione del pensiero, perché l’esercizio di tale libertà trova un limite nel diritto di ciascuno a formarsi un proprio pensiero, così come - per esempio - l’esercizio della libertà religiosa trova un limite nella libertà di coscienza altrui. Tuttavia la rilevanza costituzionale del bene non basta, in quanto occorre da una parte che la fattispecie sia posta a tutela di un bene sufficientemente definito e dall’altra che le tecniche di tutela siano conformi ai principi costituzionali, tra i quali il principio di tassatività.

Tale principio, “categoria” del più ampio principio di legalità, trova indiretto riconoscimento nell’art. 25, secondo comma,10 Cost. e nell’art. 1 c.p.,11 e in effetti il principio di legalità sarebbe eluso se la legge fosse talmente generica da non lasciare individuare con sufficiente precisione il comportamento penalmente sanzionato. La tecnica di formulazione della fattispecie criminosa dovrà, quindi, salvaguardare i cittadini contro eventuali abusi del potere giudiziario, precludendo eventuali arbitrarietà in sede di applicazione della norma, ed il principio di tassatività obbligherebbe il legislatore a descrivere con la massima precisione possibile il fatto-reato12. A questo proposito tre sono stati i criteri finora utilizzati dalla giurisprudenza per inquadrare la fattispecie: il principio del significato linguistico13; il principio del diritto vivente14 e infine il terzo principio della verificabilità empirica del fatto: criterio utilizzato dalla Corte Costituzionale nel decidere sulla determinatezza del reato di plagio. Ora, pure la scienza medica ha indagato sulla formazione e sul meccanismo della persuasione e della suggestione rilevando come l’esternazione di idee su altri possa provocare l’accettazione di convinzioni, dare luogo ad uno stato di soggezione ed a tipiche situazioni di dipendenza psichica. Ma è estremamente difficile, se non impossibile, individuare e distinguere sul piano pratico-giuridico l’attività psichica di persuasione da quella psichica di suggestione. Non vi sono criteri sicuri per separare le due attività e per accertare l’esatto confine fra esse. L’affermare che nella persuasione il soggetto passivo conserva la facoltà di scegliere ed è in grado di rifiutare e criticare, mentre nella suggestione la convinzione avviene in maniera irresistibile, implica una valutazione non solo dell’attività psichica del soggetto attivo, ma anche della sua qualità e dei suoi risultati. Quanto all’intensità, ogni individuo è più o meno suggestionabile, ma non è possibile graduare ed accertare sino a che punto l’attività psichica di un soggetto possa essere impedita o manipolata da altri coartando il libero esercizio della propria volontà. Pertanto, l’accertamento sul “tipo” di attività (di persuasione o di suggestione, e di eventuali effetti giuridici connessi) nel caso del plagio non poteva che essere del tutto affidata all’arbitrio del giudice, risultando così caratterizzata da un’indeterminatezza non solo dell’evento, ma anche della condotta.

In Italia, negli ultimi decenni, sono stati depositati in Parlamento diversi disegni di legge per reintrodurre il reato di plagio psicologico, ma si è sempre preferito soprassedere. Nella XVI legislatura, sono stati presentati la Proposta di Legge n. 863 “Introduzione art 613 bis del c.p. concernente il reato di manipolazione mentale” ed il Disegno di Legge n. 569 “Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale”. Si prevede che dopo l’art. 613 cod. pen. si inserisca l’art. 613-bis (Manipolazione mentale). L ‘iter di legge è rimasto bloccato forse per i rischi che una tale norma comporterebbe in materia di libertà religiosa.

Pur non dimenticando che il plagio in sé resta comunque una realtà nell’ambito dei rapporti interpersonali, oggi nel caso di coercizione di un soggetto non in grado di ribellarsi, di un incapace di intendere e di volere, nell’abuso dei bisogni, passioni o dell’inesperienza di persona minore o in stato d’infermità o deficienza psichica, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto è possibile essere imputati per circonvenzione di incapace, ex art. 643 cod. pen.

@3. Le tipologie di manipolazione mentale

Dopo un periodo di abbandono, la tematica del plagio e della manipolazione mentale è tornata al centro dell’attenzione, soprattutto per la rapida diffusione di nuovi movimenti come sette che manipolano le volontà degli adepti.15

È proprio...

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