Gli interessi in gioco nella fattispecie di esercizio abusivo dell'attività dei fondi pensione

AutoreFrancesco Giuseppe Catullo
Pagine103-107

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@1. La «previdenza complementare» tra mercato mobiliare e previdenza sociale.

Uno degli obiettivi principali che si pone la «previdenza complementare» consiste nella conquista del proprio ambito di collocazione tra la disciplina della materia mobiliare informata dagli artt. 41 e 47 della Costituzione e quella della materia previdenziale sociale governata dall'art. 38 Cost. 1.

I provvedimenti legislativi e la giurisprudenza costituzionale che sono intervenuti in questa materia non sempre hanno favorito l'attività dell'interprete intento a decodificare la «previdenza complementare» alla luce dei valori costituzionali che la informano 2.

Questo lavoro propone una possibile individuazione dello spazio della suesposta disciplina sezionale maggiormente spostato a favore delle ragioni dei risparmiatori e dell'autonomia privata.

L'art. 18 bis del D.L. 21 aprile 1993, n. 124, che sanziona penalmente con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 10 milioni a lire 50 milioni «chiunque esercita l'attività di cui all'art. 4 (ossia l'attività dei fondi pensione) senza autorizzazione», costituisce il principale riferimento normativo su cui si incentrano le riflessioni che seguono.

Inizialmente l'indagine verte sull'individuazione dei soggetti destinatari delle norme che regolano l'attività dei fondi pensione. Si tratta di stabilire in che misura il legislatore ha tenuto conto della posizione giuridica del lavoratore o del risparmiatore nel costruire il sistema normativo della «previdenza complementare» venutosi a delineare dal 1993 in poi.

Dal punto di vista economico, la questione può anche essere risolta tramite l'esatta qualificazione delle destinazioni verso cui è indirizzato il reddito. Il rapporto positivo ed inferiore all'unità tra variazione del consumo e variazione del reddito significa quattro cose: 1) se il reddito aumenta anche il consumo aumenta, se il reddito diminuisce il consumo si deprime; 2) il consumo aumenta meno del reddito; 3) le quote che vengono destinate al consumo sono via via più piccole al crescere del reddito; 4) il divario tra reddito e consumo deve essere colmato dall'investimento o dal risparmio. In breve, l'individuazione del livello reddituale assicurato dalla previdenza complementare risulta significativo dell'interesse costituzionale che le prestazioni pensionistiche vanno a soddisfare: se il suddetto reddito è sufficiente alle uniche esigenze di consumo, garantisce la sola libertà dal bisogno di cui all'art. 38 della Costituzione; se diversamente le prestazioni previdenziali consentono anche la realizzazione di risultati speculativi, la loro orbita gravita attorno all'art. 47 Cost. che tutela il risparmio.

L'art. 38 Cost. secondo comma assicura al lavoratore la libertà dal bisogno attraverso la previsione e l'assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria. In termini economici, i mezzi garantiti dall'art. 38 Cost. costituiscono la rappresentazione icastica del consumo, esso infatti è diretto a soddisfare la libertà dal bisogno di cui sopra.

Compito della previdenza sociale è quello di assicurare ad ogni individuo un livello reddituale sufficiente a consentirgli un'esistenza libera e dignitosa ossia mezzi adeguati alle esigenze di consumo necessarie per vivere. Facendo riferimento al rapporto tra la variazione del consumo e quella del reddito, è possibile sostenere che le ragioni della previdenza sociale possono ritenersi soddisfatte quando il reddito è sufficiente alle necessità di consumo.

Diversamente si considerano realizzate le aspettative della previdenza complementare quando vengono assicurati agli aderenti dei fondi pensione livelli reddituali più elevati atti a garantire e la libertà dal bisogno e la realizzazione di interessi speculativi promossi dall'art. 47 della Costituzione.

Si evidenzia una differenza tra la previdenza sociale e quella complementare. La prima va posta in relazione con la sicurezza sociale che tutela esclusivamente un interesse pubblico immediato e diretto (art. 38 Cost.); la seconda, invece, perseguendo anche l'interesse alla conservazione della capacità reddituale già assicurata dalla retribuzione, tutela pure un interesse privato. La previdenza sociale realizza la funzione della liberazione dallo stato di necessità, la previdenza complementare assicura più elevati livelli di copertura previdenziale, ossia soddisfa l'interesse pubblico alla liberazione dal bisogno e l'interesse privato alla soddisfazione di interessi speculativi. Si delinea, pertanto, un ordinamento sezionale della normativa della previdenza complementare in cui coesistono equilibrandosi libertà negoziale e vincolo 3.

Si avrà modo di dimostrare come nella previdenza complementare l'interesse pubblico tutelato dall'art. 38 della Costituzione non è soddisfatto dalla predisposizione di controlli più rigidi (sulle attività dei fondi pensione) e dall'irrogazione di sanzioni più severe (per le trasgressioni dei rispettivi gestori) rispetto alla vigilanza ed ai trattamenti riservati agli altri investitori che operano sul mercato mobiliare; nelle forme previdenziali complementari, le finalità di sicurezza sociale prescritte dall'art. 38 Cost. vengono conseguite attraverso modalità di investimento che seguono regole dell'agire finanziario di lungo periodo.

Il fondo pensione è un «investitore paziente» che si caratterizza per una tendenziale avversione al rischio, di modo che la sua (eventuale e inevitabile) esposizione al rischio di mercato e al rischio di controparte deve essere contenuta entro la soglia di comportamenti ragionevolmente prudenziali 4.

Riassumendo, l'art. 38 della Costituzione informa il sistema della previdenza complementare nella misura in cui obbliga a preferire per i fondi pensione modalità di investimento prudenti e compatibili con la vocazione pensionistica del risparmio che viene affidato ai suddetti investitori istituzionali.

@2. Abusivismo e investitori mobiliari.

Le precedenti riflessioni, atte ad individuare i destinatari della normativa in materia di previdenza complementare, sono giustificatePage 104 dall'esigenza di ricostruire la ratio dell'art. 18 bis del D.L. n. 124/93 inserito dall'art. 16 legge n. 335/1995 che sanziona penalmente la condotta di esercizio abusivo dell'attività dei fondi pensione.

La ricostruzione delle motivazioni del legislatore del 1995, intento a disciplinare anche penalmente il settore della previdenza complementare, è utile nella misura in cui consente di chiarire la relazione che intercorre tra la tutela accordata agli aderenti ai fondi pensione rispetto a quella riconosciuta ai risparmiatori che investono parte del loro reddito nel mercato mobiliare. La questione di fondo, già precedentemente anticipata, è se la norma costituzionale dell'art. 38 informa il sistema della previdenza complementare nei principi che garantiscono ed assicurano forme di vigilanza e di protezione del risparmio ai fini previdenziali, o nelle sole modalità di investimento del risparmio affidato ai fondi pensione.

Sostenere la seconda alternativa, così come si crede, significa condividere la tesi secondo cui i destinatari della normativa della previdenza complementare non sono equiparabili ai lavoratori assicurati dalle prestazioni della previdenza pubblica. L'art. 2 del D.L. 18 febbraio 2000 n. 47, integrante la disciplina del D.L. n. 124/93 con la disposizione dell'art. 9 bis, indica come destinatari della forma pensionistica individuale anche soggetti non titolari di reddito di lavoro o di impresa; in questa maniera, venendo rimosso il vincolo di obbligata connessione tra attività lavorativa e previdenza pensionistica, le prestazioni del fondo pensione cessano di essere necessariamente «complementari» alle prestazioni del sistema pensionistico pubblico 5.

È possibile rassegnare le medesime conclusioni, come si dirà in seguito, anche attraverso l'esame della fattispecie penale di esercizio abusivo dell'attività dei fondi pensione.

Si premette che nel settore del diritto penale del mercato finanziario vengono descritte fattispecie il cui contenuto formalmente è quello dell'illecito criminale, sostanzialmente quello di una violazione amministrativa. La tendenza che si registra è un arretramento della linea di tutela attraverso la formalizzazione delle ipotesi delittuose in cui la carenza di elementi materiali e concretamente definibili e l'emarginazione dell'elemento psicologico sono giustificate dalla mancanza di una tutela effettiva di un preciso bene giuridico. Le norme penali in bianco utilizzate dal legislatore nella subjecta materia consentono di incentrare l'attività ermeneutica non sulla definizione di un concetto, bensì sulla individuazione delle attività che risultano più lesive, verso cui più facile è l'accertamento probatorio 6.

Le fattispecie penali del sistema economico solitamente tutelano una serie di interessi che concorrono a legittimare il contenuto precettuale della norma. Diventa conseguentemente più difficile operare una selezione dei vari interessi in gioco al fine di individuare quello prevalente da considerare come oggetto giuridico della norma del diritto penale del mercato mobiliare. Più agevole sembra, sia in sede di produzione normativa penale che in materia di interpretazione, abbandonare il criterio guida finalizzato a risolvere gerarchicamente conflitti d'interesse per condividere la tecnica legislativa ed ermeneutica atta a tutelare ed interpretare modalità legalmente definite per risolvere il suddetto conflitto. In questa maniera la norma penale si indirizza a tutelare non beni giuridici bensì funzioni in cui sono coinvolti interessi 7. Segue che l'origine del divieto penale nel settore del mercato mobiliare è da ricercare nella organizzazione tecnico-burocratica sovrapposta alla libera attività di scambio 8.

Sebbene non abbia utilità il criterio del bene giuridico per individuare la ratio della...

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