Il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato alla luce della Direttiva 2008/115/CE

AutorePiccichè Federico
Pagine712-715
712
dott
7-8/2012 Rivista penale
DOTTRINA
IL REATO DI INGRESSO E
SOGGIORNO ILLEGALE NEL
TERRITORIO DELLO STATO
ALLA LUCE DELLA DIRETTIVA
2008/115/CE
di Federico Piccichè
SOMMARIO
1. Breve premessa. 2. Il caso El Dridi. 3. Il caso Achughba-
bian. 4. Conclusioni.
1. Breve premessa
Sono sempre di estremo interesse le problematiche
giuridiche che, talora, nascono dalla frizione del diritto
interno con il diritto comunitario.
Di recente, con i noti casi El Dridi e Achughbabian,
si è acceso un grande dibattito sulla compatibilità di al-
cune norme penali del Testo unico sull’immigrazione, n.
286/1998, con la Direttiva 2008/115 del Parlamento euro-
peo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, recante norme e
procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpa-
trio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Lo scopo del presente scritto è verif‌icare se il reato
di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato,
previsto dall’art. 10 bis del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, sia
compatibile con la sopra evocata Direttiva.
Prima di cercare di dare una risposta al problema,
però, occorre passare brevemente in rassegna le sentenze
El Dridi e Achughbabian, emesse nel 2011 dalla Corte di
giustizia dell’Unione europea (1).
Il preliminare esame di queste due decisioni è essen-
ziale perché ritengo che, da una loro lettura congiunta, sia
possibile trovare alcuni spunti importanti per una soluzio-
ne, sul piano ermeneutico, del problema in discussione.
2. Il caso El Dridi
El Dridi veniva condannato dal Tribunale monocratico
di Trento alla pena di un anno di reclusione per il reato di
cui all’art. 14, comma 5 ter, del D.L.vo n. 286/1998 per avere
disobbedito ad un ordine di allontanamento dal territorio
nazionale, emesso a suo carico dal Questore di Udine il 21
maggio 2010 e notif‌icatogli in pari data.
L’imputato impugnava la sentenza dinnanzi alla Corte
d’appello di Trento che, sospeso il procedimento, propo-
neva alla Corte di Lussemburgo la questione pregiudiziale
della compatibilità della sanzione della reclusione, previ-
sta dall’art. 14, comma 5 ter del Testo Unico sull’immigra-
zione (2), con la Direttiva 2008/115.
“Con la sua questione”, scrive la Corte di Lussemburgo,
“il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva
2008/115 … debba essere interpretata nel senso che essa
osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella
in discussione nel procedimento principale, che preveda
l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un
Paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragio-
ne che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro
un determinato termine il territorio di tale Stato, permane
in detto territorio senza giustif‌icato motivo. Il giudice del
rinvio fa riferimento, al riguardo, al principio di leale coo-
perazione di cui all’art. 4, n. 3, TUE, nonché all’obiettivo di
assicurare l’effetto utile del diritto dell’Unione” (3).
Per dare una risposta alla delicata questione solleva-
ta dal Giudice italiano, la Corte dell’Unione parte dalla
premessa che la Direttiva 2008/115 stabilisce, con meti-
colosa precisione, le regole da applicare al rimpatrio de-
gli irregolari, a cui tutti gli Stati membri hanno obbligo di
uniformarsi.
“In tal senso”, scrivono i Giudici lussemburghesi, “l’art.
6, n. 1, di detta Direttiva prevede anzitutto, in via prin-
cipale, l’obbligo per gli Stati membri di adottare una de-
cisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino
di un Paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio sia
irregolare. Nell’ambito di questa prima fase della proce-
dura di rimpatrio va accordata priorità, salvo eccezioni,
all’esecuzione volontaria dell’obbligo derivante dalla deci-
sione di rimpatrio; in tal senso, l’art. 7, n. 1, della Direttiva
2008/115 dispone che detta decisione f‌issa per la partenza
volontaria un periodo congruo di durata compresa tra
sette e trenta giorni. Risulta dall’art. 7, nn. 3 e 4, di detta
direttiva che solo in circostanze particolari, per esempio
se sussiste rischio di fuga, gli Stati membri possono, da un
lato, imporre al destinatario di una decisione di rimpatrio
l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, di
prestare una garanzia f‌inanziaria adeguata, di consegnare
i documenti o di dimorare in un determinato luogo oppure,
dall’altro, concedere un termine per la partenza volonta-
ria inferiore a sette giorni o addirittura non accordare
alcun termine. In quest’ultima ipotesi, ma anche nel caso
in cui l’obbligo di rimpatrio non sia stato adempiuto en-
tro il termine concesso per la partenza volontaria, risulta
dall’art. 8, nn. 1 e 4, della direttiva 2008/115 che, al f‌ine di
assicurare l’eff‌icacia delle procedure di rimpatrio, tali di-
sposizioni impongono allo Stato membro, che ha adottato
una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di
un Paese terzo il cui soggiorno sia irregolare, l’obbligo di
procedere all’allontanamento, prendendo tutte le misure
necessarie, comprese, all’occorrenza, misure coercitive, in
maniera proporzionata e nel rispetto, in particolare, dei
diritti fondamentali” (4).
Da quanto precede risulta, molto chiaramente, che la
procedura di rimpatrio è scandita da una successione di
fasi, che si apre con la decisione di rimpatrio.
“La successione delle fasi della procedura di rimpatrio sta-
bilita dalla direttiva 2008/115”, precisano i Giudici dell’Unio-
ne, “corrisponde ad una gradazione delle misure da prendere
per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio” (5).

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT