In tema di videogiochi e gioco d'azzardo

AutoreTania Ceccarini
Pagine153-154

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Con la sentenza che si commenta, il Tribunale di La Spezia, ha affrontato diverse questioni di ordine sostanziale in relazione alla configurabilità del reato di giuoco d'azzardo ex art. 718 c.p.

La prima riguarda la necessarietà del fine di lucro per qualificare il giuoco come d'azzardo. Sul tema si registra un acceso dibattito in dottrina e in giurisprudenza che vede schierati sul fronte opposto coloro che ritengono «sufficiente l'assolutezza dell'alea a configurarne l'illiceità» e coloro che affermano come indispensabile «il fine di lucro».

La dottrina ha a lungo discusso e ancora oggi ha qualche dubbio sulla definizione del concetto di alea, ma secondo la migliore dottrina per concretizzare la fattispecie in esame è necessario che «la vincita o la perdita dipenda interamente o quasi interamente dal caso, dalla sorte e non già dalla perizia del giocatore» 1.

In ogni caso, la nozione di giuoco d'azzardo, così come prevista dall'art. 721 c.p., sembra prevedere «la valutazione normativa dei due elementi del giuoco d'azzardo non è dissociabile in termini di priorità, ma è unitaria e inscindibile ed entrambi gli elementi concorrono in pari modo a caratterizzare il giuoco d'azzardo» 2.

E anche se un prestigioso Autore del passato già aveva avvertito che «in alcuni casi, la sorte può essere corretta o compensata dall'abilità del giocatore», l'orientamento generale è oggi nel senso di riconoscere carattere aleatorio «sia a quel giuoco in cui la vincita o la perdita dipenda interamente dal caso sia a quello in cui il fortuito sia notevolmente preponderante sull'abilità» 3.

Alle stesse conclusioni, perviene un autorevole Autore contemporaneo che attribuisce carattere aleatorio a tutti quei giuochi che «normalmente e per loro natura dipendono dal caso senza che nulla possa l'abilità del giocatore» 4.

Attualmente le perplessità si incentrano semmai sulla quantificazione nel caso concreto del rapporto tra le due opposte categorie (alea e abilità) 5.

Circa la presenza del secondo elemento (il fine di lucro), giustamente è stato osservato che se è vero che tale fine è ravvisabile «tutte le volte che il giuoco è esercitato con lo scopo di conseguire vantaggi economicamente valutabili (denaro o altra utilità), sicché esso non ricorre tutte le volte in cui la posta consista in una soddisfazione morale o in una umiliazione» 6, anche se giustamente è stato precisato che può «non essere lo scopo unico del giocatore» 7. Per converso, se ne deduce che, come ammette anche il giudice a quo nel caso in questione, è indifferente che il fine di lucro sia associato al fine di «intrattenimento» 8.

A questo punto, è il caso di richiamare la tesi, sovente ribadita dalla giurisprudenza, di coloro che sostengono che per la sussistenza del fine di lucro è irrilevante «la lieve entità della posta, che quindi non esclude il fine di lucro» 9, anche se non si può passare sotto silenzio la presenza di un orientamento giurisprudenziale opposto che stabilisce invece il necessario requisito «dell'apprezzabilità della vincita o della perdita» 10.

L'eco di queste polemiche è evidente nella chiara prosa del giudice di merito, che si preoccupa diligentemente di giustificare il proprio operato sotto il profilo normativo e giurisprudenziale. In questo senso, va inteso lo scrupolo, manifesto anche ad una prima lettura, con cui prima osserva puntualmente che «l'elemento del lucro, introdotto sin dal quarto comma, viene infatti reso più concreto nel comma 5 che esplicita in quali casi la finalità di lucro viene escluso» e poi dal quinto comma dell'art. 110 deduce rigorosamente la natura «del rapporto che deve intercorrere nei giochi illeciti tra gli aspetti abilità e trattenimento rispetto all'aspetto aleatorietà», intravisto nel «criterio della preponderanza dei primi sul secondo». Non è ignota al Giudice la difficoltà di una simile indagine in quanto «non si può negare che sussistano in tutti i giochi, anche nei più semplici, una finalità di trattenimento ed un minimo margine di abilità (quanto meno nel valutarne ed applicarne tutte le regole), ma giunge alla conclusione che «tali aspetti...

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