Una importante sentenza della cassazione sulle demolizioni. Dopo un anno il sindaco che non demolisce integra il reato di omissione di atti di ufficio

AutoreMaurizio Santoloci
Pagine245-248

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Integra il reato omissivo il sindaco che non demolisce entro un anno - La demolizione delle opere abusive e la remissione in pristino dello stato dei luoghi dopo interventi illeciti sul territorio rappresentano punto nevralgico della campagna contro l'abusivismo edilizio e per la tutela del suolo in linea generale.

Sul punto si registra una importantissima sentenza della Corte di cassazione (sez. VI penale, sent. n. 9400 del 22 luglio 1999, imp. Aresu), con la quale la Suprema Corte stabilisce un termine oggettivo e giuridico per i tempi di abbattimento in ordine all'attività del sindaco. In realtà si deve registrare fino ad oggi una situazione di stallo e sostanziale inerzia della pubblica amministrazione comunale in materia di demolizione delle opere abusive, giacché i relativi procedimenti non vengono attuati di fatto e rinviati sine die con argomentazioni infinite pur senza negare ufficialmente l'attuazione del provvedimento. In altre parole nessun sindaco ha mai detto o scritto ufficialmente che non vuole abbattere, anzi il provvedimento formale (atto dovuto) viene di solito emanato. Consegue però una situazione successiva di abbandono soporifero delle relative procedure con argomentazioni dilatorie che di fatto rinviano e diluiscono nel tempo la pratica attuazione fino ad un dimenticatoio generalizzato. Il risultato concreto è che le opere soggette a demolizione restano inalterate mentre la pratica a livello meramente formale è avviata. Su questo importante passaggio interviene la Corte di cassazione stabilendo il termine massimo di tolleranza per tale procedura, che viene individuato in un anno. Così la Corte, in parole povere, decreta (sotto comminatoria di sanzione penale per il reato omissivo a carico del sindaco) che il comune deve attuare tutto l'iter formale e pratico per gli abbattimenti al massimo entro un anno, termine nel quale la Corte ricomprende sia la fase puramente burocratico/amministrativa sia la fase di materiale attuazione. E così se dopo un anno dall'inizio dell'atto dovuto l'opera è ancora in piedi scatta l'omissione di atti di ufficio penalmente sanzionata per il sindaco.

Nel caso affrontato dalla sentenza il Tar Sardegna aveva annullato una concessione edilizia ritenuta illegittima e aveva ordinato al sindaco la demolizione del manufatto abusivo. Dunque detto ordine non era stato eseguito dal primo cittadino ed era scattata la denuncia per omissione. La Corte, nel confermare il reato omissivo, stabilisce (e questo è il punto più importante della sentenza) i termini oltre i quali matura l'omissione formale. Infatti, fino ad oggi di fronte alle inerzie più sfrenate della pubblica amministrazione comunale non si è mai riusciti ad individuare il reato di omissione di atti di ufficio perché il codice penale nell'articolo 328 indica come criterio temporale un generico «senza ritardo» nel doveroso comportamento del pubblico ufficiale. Ma cosa voleva dire «senza ritardo» nel campo delle demolizioni delle opere abusive? Il relativo tempo di razionale tolleranza è stato sempre diluito all'infinito e dunque il ritardo è diventato praticamente cronico ed eterno. Praticamente stabile e permanente. E gli abbattimenti non sono stati mai eseguiti. Ora, dopo che la Cassazione ha stabilito in modo inequivocabile che, invece, dopo un anno scatta l'omissione formale, la quantivizzazione del termine «senzaritardo» del reato omissivo nel campo urbanistico-edilizio è stata ben definita. Ed in particolare, fatto ancora più importante, tale quantivizzazione è stata sancita soprattutto per l'ottemperanza dell'ordine di demolizione non solo proprio del sindaco (procedura genetica naturale della P.A.) ma anche e soprattutto per l'ordine impartito dal giudice (nel caso di specie amministrativo ma naturalmente ed a maggior ragione anche penale) il quale fino ad oggi ogni volta comminato in sentenza di condanna è stato sempre puntualmente disatteso e non attuato dai comuni con gli stessi sistemi dilatori e nebulizzanti. Oggi invece è chiarissimo che laddove un sindaco riceva l'ordine di demolizione di un giudice (amministrativo o penale) dopo un anno dalla mancata esecuzione dell'ordine stesso è soggetto alla denuncia e naturale condanna per il reato di omissione di atti di ufficio.

Questa sentenza costituisce dunque un rilevantissimo principio innovativo nel campo degli abusivismi e genera un effetto di pratica operatività dalle dimensioni di vastissima portata. Ma vediamo in quale contesto giuridico e di fatto la pronuncia va ad innestarsi per meglio comprendere quanto può incidere nel contesto della campagna sull'abusivismo.

La prassi per le demolizioni: il procedimento amministrativo. Il procedimento penale. - La legge n. 47/85 ha creato una duplice, ed affatto sovrapposta, competenza istituzionale per contrastare gli abusi nel campo urbanistico-edilizio; demandando alla pubblica amministrazione da un lato, ed al magistrato penale dall'altro compiti paralleli e sinergici.

Ed è pacifico che il ruolo primario in sede di prevenzione e repressione degli illeciti è stato assegnato alla pubblica amministrazione la quale ha assunto il ruolo di controllo preliminare del territorio e di intervento immediato e diretto verso gli abusi riscontrati.

L'azione del sindaco costituisce ciclo chiuso e totale in questa fase di azione repressiva, giacché è di sua specifica competenza tutta la prassi fin dagli albori dell'ordinanza di sospensione dei lavori fino, nella chiusura dell'iter, al provvedimento finale che deve culminare con quegli strumenti che sono stati varati per far sì che l'opera illecita, nonostante tutto, non rimanga poi lì inalterata: l'abbattimento coattivo o l'acquisizione al patrimonio pubblico. E queste due azioni terminali rappresentano il vero effetto reale di tutta la procedura amministrativa, giacché tendono da un lato ad evitare che comunque il titolare dei lavori abusivi usufruisca in modo praticamente definitivo dell'opera illecita e...

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