Ricettazione e commercio di opere d 'autore illecitamente riprodotte la consunzione nel conflitto apparente di norme in relazione strumentale

AutoreGaetano Stea
Pagine533-542

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@1. La vicenda processuale

La Corte d'Appello di Palermo dichiarava l'imputato responsabile del reato di cui all'art. 171 ter L. n. 633/1941, in concorso con il delitto di cui all'art. 648 c.p. e lo condannava, con le attenuanti generiche, a pena stimata di giustizia.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l'imputato, il quale denunciava violazione di legge, in ordine alla ritenuta configurabilità del concorso tra ricettazione e commercializzazione di supporti audiovisivi sprovvisti del marchio S.I.A.E., all'uopo deducendo l'assorbimento delle condotte descritte dagli artt. 171 ter L. 22 aprile 1941, n. 633 1 e 648 c.p.

Il ricorso veniva assegnato alla seconda sezione penale della Cassazione ed il collegio, rilevata l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione sottoposta al suo esame, disponeva trasmettersi gli atti alle Sezioni Unite.

@2. Il concorso materiale tra ricettazione ed immissione in commercio di supporti di opere d'autore abusivamente prodotte nella soluzione delle Sezioni Unite

La decisione in commento tenta di sanare il contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla configurabilità (o meno) del concorso tra ricettazione (art. 648 c.p.) e commercio di beni d'autore abusivamente prodotte (art. 171 ter L.A.), acutizzatosi di recente, con un'importante revirement della giurisprudenza di legittimità 2, che aveva stabilito l'impossibilità di poter configurare un simile concorso.

Le Sezioni Unite, nella pronuncia de qua, accolgono l'indirizzo giurisprudenziale maggioritario 3, in ordine alla sussistenza del concorso reale tra le condotte di cui all'art. 648 c.p. e quelle di cui all'art. 171 ter L.A., statuendo l'assenza di qualsiasi rapporto di specialità tra le ipotesi di acquisto o ricezione e quelle di detenzione o immissione in circolazione previste da altre fattispecie incriminatrici.

L'insussistenza del rapporto di specialità tra tali condotte delittuose è stato sancito dal precedente indirizzo delle Sezioni Unite 4, chiamate, anche allora, a dirimere il contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla configurabilità 5 (o meno) 6 del concorso tra ricettazione (art. 648 c.p.) e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.), rafforzatosi, come oggi, con un'importante pronuncia della Suprema Corte 7, la quale, seguendo e riprendendo un più costante orientamento dei giudici di merito, aveva stabilito l'impossibilità di poter configurare un simile con corso.

Le Sezioni Unite, in particolare, nella decisione in esame, hanno sottolineato la scelta per il concorso reale, allora effettuata, in base al rilievo che la condotta di illecita immissione in circolazione può essere realizzata anche da chi, essendo in buona fede, al momento della ricezione del prodotto illegale (in senso lato), si induca, poi, a cederlo ad altri, con la sopravvenuta consapevolezza della provenienza illecita, sicché la responsabilità per l'immissione in commercio può essere addebitata anche a chi non debba rispondere né di concorso nella riproduzione abusiva, né di ricettazione.

Sul punto, va subito osservato che tale soluzione ermeneutica colloca l'ipotesi di assenza di consapevolezza nell'agente, al momento dell'acquisto o ricezione del supporto, della sua provenienza illecita, nella struttura delle fattispecie in apparente conflitto, al fine di evidenziare la diversità tra le stesse. A ben vedere, la consapevolezza della provenienza illecita, riguardando, piuttosto, la situazione concreta, è estranea alla previsione della fattispecie astratta.

Invero, a tale rilievo, diremmo, di consumazione effettiva, utilizzato dalla giurisprudenza successiva in tema di applicazione della tutela penale del diritto d'autore, i supremi giudici, nella pronuncia in esame, hanno, come si accennava, affiancato la diversità strutturale delle fattispecie incriminatrici in commento, al fine di giustificare l'ammissibilità del concorso materiale ed il difetto di specialità tra tali previsioni 8.

@3. Il precedente della scelta per il concorso tra le condotte di acquisto e ricezione e quella di immissione in commercio di opere contraffatte

Le Sezioni Unite non spiegano le ragioni della dichiarata indiscutibile diversità strutturale dei delitti de quibus, se non richiamando il precedente in tema di ricettazione e commercio di beni contraffatti, a cui è necessario fare riferimento, al fine, dapprima, di comprendere l'ambito di tutela in cui vanno collocate le previsioni incriminatrici del diritto d'autore e, successivamente, di verificare l'omogeneità o l'eterogeneità delle strutture dei reati in esame 9.

Prendendo le mosse dalle ragioni addotte da una corrente (favorevole all'ipotesi concorsuale) e quelle contrarie nel precedente richiamato nella pronuncia che si annota, i supremi giudici hanno optato per il concorso reale tra gli artt. 474 e 648 c.p., sulla scorta di un'attenta analisi della distinta oggettività giuridica del reato di ricettazione rispetto a quello di commercializzazione di prodotti contraffatti, nonché delle rispettive strutture delle due norme codicistiche. Page 534

È noto, infatti, che, secondo l'indirizzo prevalente, la violazione dell'art. 474 c.p. (come dell'art. 473 c.p.) costituisce una lesione delle aspettative dei consumatori (fede pubblica) in ordine ai simboli di pubblico riconoscimento che contraddistinguono la circolazione di prodotti industriali ed opere dell'ingegno 10, quasi a presidio della genuinità ed integrità della fonte di provenienza dei prodotti commerciati 11. Non è mancato, tuttavia, chi ha sostenuto la natura plurioffensiva del reato in parola 12, in quanto diretto a tutelare oltre, come detto, l'interesse dei consumatori, anche quello dei titolari del diritto all'uso esclusivo del contrassegno o marchio 13. Tale considerazione ha indotto a ritenere il delitto di commercio di prodotti con segni falsi, un reato posto a tutela del patrimonio, atteso che gli interessi in funzione dei quali l'istituto stesso del marchio è entrato a far parte dell'ordinamento, coincidono, principalmente, con quelli dell'impresa titolare del segno distintivo, che concorre a determinare la consistenza patrimoniale dello stesso proprietario 14. In senso contrario a tale impostazione, si è osservato che il delitto previsto dall'art. 474 c.p. non può rientrare nella categoria dei reati contro il patrimonio, posto che esistono falsità che non solo non procurano danno al produttore, ma si ripercuotono favorevolmente sull'attività produttiva 15.

Anche per queste ragioni, le Sezioni Unite del 2001 confermano il più consolidato orientamento giurisprudenziale che ravvisa, come detto, nella fede pubblica il bene tutelato dall'art. 474 c.p., anche alla stregua della sistematica codicistica, intendendo per esso, dunque, la garanzia della veridicità di determinati mezzi che caratterizzano e proteggono le opere dell'ingegno o i prodotti industriali 16.

Il delitto di cui all'art. 648 c.p., al contrario, è stato sempre considerato un reato plurioffensivo, ma, a differenza del delitto di cui all'art. 474 c.p., tutela il patrimonio e l'amministrazione della giustizia 17.

La difficoltà di selezionare l'ambito di tutela giuridica propria di ciascun reato, stante anche l'incertezza di giudizi di valore sulla natura del bene protetto, che una simile indagine impone, ha portato l'attenzione dei supremi giudici ad analizzare la struttura delle fattispecie astratte poste a confronto, come sarà meglio osservato nel prosieguo: la Corte conclude, dunque, per l'inutilità della individuazione della norma prevalente tra i delitti di cui agli artt. 474 e 648 c.p., atteso che le previsioni de quibus configurano solo un concorso materiale.

Non v'è chi non veda che il richiamo espresso al precedente giurisprudenziale, da parte dei giudici supremi del 2005, pare evidenziare, fra l'altro, la scelta interpretativa di voler abbandonare definitivamente ogni questione relativa all'individuazione del bene tutelato dalle norme in apparente conflitto, allo scopo di trovare la soluzione della combinazione di disposizioni.

Ma l'opzione ermeneutica delle Sezioni Unite non pare convincente.

@4. Il concetto di «stessa materia» nell'orientamento giurisprudenziale accolto anche dalle Sezioni Unite del 2005

La motivazione della pronuncia dei supremi giudici in commento, infatti, permette di rilevare che il Collegio evita qualsiasi indagine interpretativa sul bene tutelato dai reati in parola 18, appuntandosi, con il richiamo dell'autorevole precedente del 2001, sulla sola struttura delle relative fattispecie, così accogliendo la nozione di «stessa materia» (di cui all'art. 15 c.p.) alla stregua di «medesimo fatto giuridico» 19. La scelta delle Sezioni Unite sembrerebbe coerente, come si vedrà, con l'abiura dei giudizi di valore a cui la ricerca dell'omogeneità giuridica tra diverse norme imporrebbe di rimettersi 20.

Senza alcuna intenzione di completezza, va osservato che, sulla definizione del concetto di «stessa materia», a cui fa riferimento l'art. 15 c.p., si riscontrano posizioni ermeneutiche diversificate che è possibile individuare in tre filoni interpretativi: quelle a sfondo valutativo-teleologico, quelle a sfondo naturalistico e quelle di tipo strutturale 21.

Le prime, da ritenere prevalenti, si richiamano al concetto di oggettività giuridica del reato e fanno riferimento ad una pluralità di criteri per risolvere il conflitto di norme, quali quello di specialità, di sussidiarietà, di consunzione e di assorbimento. Secondo tali dottrine 22, avallate dalla Relazione al Progetto definitivo del codice penale 23, l'interesse protetto dalle norme convergenti ha un ruolo fondamentale, tanto che, in alcune posizioni, la locuzione «stessa materia» andrebbe interpretata come «stesso bene giuridico», sicché potrebbe esistere un rapporto di specialità (e, dunque, concorso fittizio) solo tra norme che tutelino il medesimo interesse. Ad ogni modo, se non vi sono problemi applicativi del principio di specialità nei...

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