Il 'potere-dovere' del giudice per le indagini preliminari nel giudizio immediato tipico

AutoreValeria Sisto
Pagine71-73
363
giur
Rivista penale 4/2016
MERITO
IL “POTERE-DOVERE”
DEL GIUDICE PER LE INDAGINI
PRELIMINARI NEL GIUDIZIO
IMMEDIATO TIPICO
di Valeria Sisto
SOMMARIO
1. Il caso specif‌ico. 2. Il presupposto dell’“evidenza probato-
ria”: la natura del controllo demandato al Gip. 3. Il confronto
con la forma di giudizio immediato “custodiale”.
1. Il caso specif‌ico
L’ordinanza in commento prende le mosse da una ri-
chiesta di giudizio immediato formulata dal pubblico mi-
nistero nei riguardi di un soggetto sottoposto ad indagini
per il reato di rapina aggravata di cui all’art. 628, comma
1, n. 1, n. 3 quater e quinquies, c.p.
A fronte di un provvedimento interlocutorio con il qua-
le il giudice per le indagini preliminari invitava il P.M. ad
“acquisire gli esiti di eventuale ricorso al Tribunale della
libertà in quanto idonei ad incidere sull’esito della prova”,
l’organo inquirente restituiva gli atti al Gip insistendo sul-
la richiesta di giudizio immediato e adducendo l’assoluta
interdipendenza tra la def‌inizione del subprocedimento
incidentale, eventualmente instauratosi dinnanzi al Tri-
bunale della libertà, e le valutazioni rimesse all’autorità
giudicante circa l’ammissibilità della richiesta di giudizio
immediato “tipico”. Segnatamente, tali valutazioni, stando
alla nota del p.m., dovevano incentrarsi sul solo rispet-
to dei presupposti richiesti dall’art. 453, comma 1, c.p.p.
atteso che le informazioni in ordine al giudizio cautelare
sarebbero state richiedibili solo in caso di giudizio imme-
diato cd. “custodiale” previsto dall’art. 453, comma 1 bis,
c.p.p.
Con l’ordinanza in commento, pertanto, il Gip, ritenen-
do di non poter effettuare le proprie valutazioni “al buio”
sulla base dei soli elementi forniti dall’organo inquirente,
nonché in virtù del proprio ruolo super partes, rigettava la
richiesta di giudizio immediato e invitava nuovamente il
P.M. a fornire gli elementi richiesti.
2. Il presupposto dell’“evidenza probatoria”: la natura
del controllo demandato al Gip
Il provvedimento de quo richiama l’attenzione dell’in-
terprete sulla questione inerente l’ambito di estensione
del potere di controllo riconosciuto al Gip, allorché debba
valutare l’evidenza della prova ai f‌ini dell’ammissibilità
della richiesta di giudizio immediato cd. “ordinario”. In
particolare, ci si chiede se si possa sussumere nell’alveo
del potere di verif‌ica sull’evidenza probatoria anche la
facoltà del giudice di richiedere al pubblico ministero in-
formazioni circa l’instaurazione e l’esito del giudizio cau-
telare.
La premessa teorico-sistematica della questione in
oggetto risiede nell’inquadramento del rito immediato
all’interno dei procedimenti speciali, per loro natura fun-
zionali ad un più rapido svolgimento dell’iter procedurale,
nonché tesi ad attuare il principio di ragionevole durata
del processo, così come sancito dagli artt. 6 Cedu e 111,
comma 2, Cost..
Ed invero, al f‌ine di apprestare una convincente ri-
sposta al quesito innanzi delineato, appare opportuno
muovere dal piano dei principi sottesi alla disciplina del
giudizio immediato, atteso che il diff‌icile temperamento
tra le ragioni di celerità connaturate a tale rito e il dirit-
to dell’imputato a non vedersi privato immotivatamente
dell’udienza preliminare rappresenta uno dei prof‌ili più
signif‌icativi di questo “poliedrico” istituto (1).
In questo senso, è doveroso rammentare il dettato nor-
mativo dell’art. 455 c.p.p., in virtù del quale il Gip è tenuto
a pronunciarsi sulla richiesta di giudizio immediato, entro
cinque giorni dalla data di trasmissione della stessa alla
sua cancelleria, in particolare dovendo accertare, oltre
al rispetto del termine di novanta giorni dall’iscrizione
della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. e
all’espletamento dell’interrogatorio, la sussistenza di una
situazione di “evidenza probatoria”.
In quest’ottica, il Gip assume la veste di controllore
dell’osservanza dei presupposti atti a giustif‌icare la cele-
brazione del rito immediato al f‌ine di evitare un passaggio
alla fase dibattimentale che non risulti giustif‌icato dagli
elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari;
conseguentemente, l’eventuale rigetto della richiesta di
giudizio immediato risulta sempre insindacabile da parte
del giudice del dibattimento, comportando un’inammissi-
bile regressione del procedimento a discapito del preva-
lente interesse dell’imputato alla celebrazione del giudizio
in un tempo ragionevole.
Un’analisi “funditus” del ruolo svolto dal Gip non può
prescindere, però, dal concetto di evidenza probatoria,
presupposto “evanescente” che ha suscitato non pochi
contrasti sulla sua corretta interpretazione (2). In primo
luogo, è necessario evidenziare l’ “improprietà linguistica”
di cui si è reso responsabile il legislatore nell’enunciare
tale condizione; se, da una parte, si è sottolineato (3) che
la fase preliminare al processo non conosce prove, ma solo
elementi o fonti di prova (salvo talune ipotesi tassative),
dall’altra, l’uso del verbo “appare” è sembrato sintomatico
del carattere soggettivo e “discrezionale” del presupposto
probatorio (4).
In ordine all’individuazione del concetto in esame, la
dottrina si è a lungo divisa tra un’impostazione volta a rite-
nere che l’evidenza probatoria implichi il riconoscimento
di un “fumus” di colpevolezza a carico dell’imputato (5) e

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