Il minore testimone, gli esperti e le prassi applicative

AutoreAntonio Forza
Pagine927-934
927
dott
Rivista penale 11/2015
DOTTRINA
IL MINORE TESTIMONE,
GLI ESPERTI E LE PRASSI
APPLICATIVE (1)
di Antonio Forza
(1) Relazione tenuta il 23 maggio 2015 a Siracusa nell’occasione
dell’incontro di studio presso la Scuola Superiore della Magistratura,
struttura territoriale di formazione decentrata del distretto di Catania.
SOMMARIO
1. Una occasione mancata. 2. Quando si parla di esperti. 3.
Tutelare la fonte di prova. 4. Punti fermi della ricerca psico-
logica. 5. Fattori di riduzione dell’attendibilità del testimone
minore. 6. Il lessico del minore. 7. Le criticità derivanti dalle
strutture locali. 8. Le prassi applicative. 9. Per concludere.
1. Una occasione mancata
All’indomani dell’entrata in vigore della Legge n.
172/2012 di ratif‌ica della Convenzione di Lanzarote, la più
avveduta dottrina aveva parlato di occasioni perdute (2).
Poteva essere questa, infatti, un’occasione favorevole “per
riscrivere lo statuto della prova dichiarativa del teste vul-
nerabile”. Tale opportunità è andata invece perduta.
Non è una novità che il nostro codice di rito, per quanto
riguarda la prova dichiarativa del teste minorenne, pre-
senti una disciplina estremamente disorganica e fram-
mentaria.
Come per il passato, anche nella circostanza della rati-
f‌ica della Convenzione il legislatore ha f‌inito per perseve-
rare nella tradizionale sovrapposizione delle nuove dispo-
sizioni normative al testo base di riferimento.
GIOSTRA, parlando di questo fenomeno, destinato a
complicare sempre più il quadro regolamentare, aveva
evocato l’immagine suggestiva di un vistoso eritema nor-
mativo sulla pelle del nostro sistema processuale (3). E si
sta ormai perdendo il conto del susseguirsi delle aggiunte
di commi bis e ter.
Non vi è alcun dubbio, insomma, che le esigenze di ri-
forma e di coordinamento delle norme potevano trovare
qui un’occasione di revisione sistematica.
Si pensi alla mancata riforma dell’art. 190 bis c.p.p. nel-
la parte in cui non si limita la riedizione dibattimentale
del teste minore a tutte le fattispecie di reato per cui è
possibile il cosiddetto incidente probatorio speciale, pre-
visto dall’art. 392 comma 1 bis c.p.c. ma, inspiegabilmente,
solo per il testimone inferiore ad anni sedici. Ancora, rima-
ne il mancato riferimento ad ulteriori fattispecie di reato,
oltre a quella di maltrattamenti in famiglia introdotti solo
di recente con la legge n. 119 del 15 ottobre 2013, quali lo
stalking, di cui all’art. 612 bis, per quanto tale reato non
rientri nell’area di interesse convenzionale.
È sicuramente condivisibile la critica di coloro che si
sono interrogati sul perché il legislatore non abbia ritenuto
di dover richiedere la necessaria presenza di un esperto
durante l’audizione del minore tutte le volte in cui lo stesso
venga sentito in qualità di persona informata, anche per re-
ati diversi da quelli dell’art. 5 della legge 172/2012, che non
involgano necessariamente la sfera della sessualità (4).
L’intera materia andava, dunque, rimodulata dando ol-
tretutto piena attuazione ai principi della stessa Conven-
zione, che in parte sono stati disattesi.
L’indicazione contenuta nel secondo comma dell’art.
35 della Convenzione, sulla necessità che le audizioni dei
minori siano “oggetto di una registrazione audiovisiva”, ad
esempio, non è stata affatto recepita dalla legge di ratif‌i-
ca. Nonostante le plurime sollecitazioni provenienti dalla
comunità scientif‌ica, infatti, ad oggi non sussiste alcun
obbligo specif‌ico per gli operatori di documentazione at-
traverso la video-ripresa delle audizioni predibattimentali
unilaterali e, neppure, delle testimonianze assunte con le
modalità dell’incidente probatorio, se non in via alternati-
va rispetto alla registrazione fonograf‌ica (5).
La videoripresa si fa regolarmente in alcuni Tribuna-
li ma sono più numerose le realtà dove ciò non avviene,
dove non esistono locali dotati di vetri unidirezionali, dove
i bambini, anche piccoli sono immessi negli stessi percor-
si degli adulti. Ed è risaputo che la videoregistrazione,
in particolare, è importantissima perché assolve ad una
duplice funzione: innanzitutto, quella di f‌issare gli aspetti
non verbali della comunicazione, per una più corretta va-
lutazione della prova dichiarativa, e poi quella, non secon-
daria, di favorire la riduzione delle audizioni del minore.
È del tutto condivisibile l’affermazione secondo la qua-
le la mera trascrizione delle sommarie informazioni rese
dal bambino porrebbe un problema di effettiva utilizzabi-
lità dell’atto in sede processuale ed in sede di decisione
f‌inale (6)
Per concludere sul punto, anche in questa occasione
sembra che il nostro legislatore, more solito, abbia proce-
duto più su sollecitazione delle Carte pattizie, preoccu-
pato di dare adempimento formale ad un obbligo interna-
zionale, piuttosto che sulla base di un’esigenza sentita di
rimeditazione organica della intera materia (7).
2. Quando si parla di esperti
L’ art. 35, comma 1, lett. c) della Convenzione stabilisce
che le audizioni del minore debbano essere condotte da
professionisti formati a questo scopo.
La preparazione dell’esperto, richiesta dal legislatore
sovrannazionale, è stata ritenuta una garanzia non solo di
tutela del minore, ma anche di tutela della prova. In altri
termini, la tutela del dichiarante deve coniugarsi con l’in-
teresse primario del processo penale, cioè la tutela delle
verità. E tale disposizione, invero, non fa che riprendere il
medesimo contenuto di altre Carte pattizie.
L’art. 8 del Protocollo della Convenzione dei diritti del
fanciullo di New York, 6 settembre 2000, recita, infatti, al
comma 4: “Gli Stati Parte adottano misure per imparti-
re una formazione appropriata, in particolare, in ambito

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