Il diritto all'oblio di notizie di cronaca giudiziaria poi rivelatesi infondate e l'inerzia dell'interessato

AutoreFrancesco Paolo Garzone
Pagine88-93
308
giur
3/2019 Rivista penale
MERITO
IL DIRITTO ALL’OBLIO
DI NOTIZIE DI CRONACA
GIUDIZIARIA POI RIVELATESI
INFONDATE E L’INERZIA
DELL’INTERESSATO
di Francesco Paolo Garzone
SOMMARIO
1. La vicenda processuale. La decisione del Tribunale. 2. Il
diritto all’oblio. L’ordinanza di remissione alle Sezioni Unite
della Cassazione, sez. III civile, 5 novembre 2018, n. 28084.
3. Rif‌lessi del mancato esercizio del diritto all’oblio sul reato
di diffamazione.
1. La vicenda processuale. La decisione del Tribunale
L’imputato condivideva sul proprio prof‌ilo facebook un
articolo di stampa, già pubblicato alcuni anni addietro su
quotidiani aventi tiratura nazionale (Repubblica e Corrie-
re del giorno) e f‌in allora disponibile sui relativi siti.
Tale articolo narrava di un’attività d’indagine avviata
dai Carabinieri nei confronti di un professionista del luogo
a seguito di una denuncia sporta da una coppia di anziani
per un episodio di truffa asseritamente perpetrato in loro
danno.
Tratto a giudizio per rispondere di quest’ultimo reato
l’interessato veniva assolto.
Non richiedeva, tuttavia, l’eliminazione dal web né la
rettif‌ica degli articoli che lo avevano riguardato durante la
precedente fase delle indagini preliminari.
Appreso, però, che l’odierno imputato aveva ulterior-
mente “condiviso” queste ultime notizie attraverso il pro-
prio prof‌ilo facebook, lo querelava per il reato di diffama-
zione, lamentando la lesione alla reputazione conseguente
alla diffusione di una vicenda giudiziaria ormai superata
dall’epilogo del processo instauratosi a suo carico.
Con la sentenza in commento il Tribunale di Bari di-
chiarava il reato di diffamazione insussistente, dando
rilievo – nel corpus motivazionale – ad una serie di ele-
menti, fra i quali meritano particolare attenzione i rif‌les-
si giuridici del mancato esercizio del cosiddetto “diritto
all’oblio”.
2. Il diritto all’oblio. L’ordinanza di remissione alle Se-
zioni Unite della Cassazione, sez. III civile, 5 novembre
2018, n. 28084
Il diritto all’oblio può essere def‌inito come l’interesse
del soggetto alla non reiterata pubblicazione di notizie che
lo riguardino, se non siano contestualizzate e aggiornate.
Esso si ricollega inevitabilmente al diritto di cronaca e ne
costituisce limite e fattore di bilanciamento.
L’oblio viene def‌inito, altresì, come diritto a essere di-
menticati, ovvero a che non permanga il ricordo di spe-
cif‌ici fatti, pregiudizievoli per l’immagine pubblica della
persona interessata.
Il fondamento giuridico di tale diritto può rinvenirsi in
diverse fonti dell’ordinamento, interno e sovranazionale:
in primis l’art. 2 Cost., specie ove inteso come clausola ge-
nerale attraverso la quale garantire la copertura a livello
costituzionale di diritti della personalità non espressa-
mente tutelati da altre norme costituzionali.
L’esposizione perdurante o reiterata di un determinato
soggetto al pregiudizio che la pubblicazione di una certa
notizia gli crei f‌inisce per ledere la sfera privata del pre-
detto, come sottolineato, altresì, dalla Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, con la sentenza C – 131/12 del 13
maggio 2014 che ha sancito il riconoscimento anche a li-
vello comunitario del diritto all’oblio.
Concettualmente, quest’ultimo si distingue ed è dotato
di autonomia rispetto alla differente nozione di riservatez-
za, intesa come protezione dell’intimità della propria vita
privata e familiare da ingerenze altrui, in quanto la tutela
del diritto all’oblio viene in luce allorché una determinata
notizia sia già stata diffusa, anche in forma telematica, e
divulgata al pubblico, divenendo da fatto privato accadi-
mento di rilevanza pubblicistica, giacché sia sorretto da
un interesse tale che ne giustif‌ichi la diffusione.
La riproposizione di notizie che, anche a causa del
trascorrere del fattore tempo, non siano più di attualità
e si rivelino comunque pregiudizievoli per il soggetto in-
teressato, può essere in astratto suscettibile di lederne la
reputazione, intesa come stima di cui il predetto gode tra
i propri consociati e l’onore, qualif‌icabile alla stregua di
opinione e percezione che l’individuo nutre di se stesso.
Tale evento si può verif‌icare, siccome esemplarmente
dimostra il caso per cui è la sentenza in commento, dal
momento che determinate informazioni, a cagione dell’e-
voluzione tecnologica e del progresso scientif‌ico, risultano
di semplice e agevole reperimento per l’utenza, attraverso
l’uso dei motori di ricerca più noti, ma anche del fatto che
la diffusione di determinati dati e informazioni avviene,
oggi, molto più rapidamente: una testata giornalistica on
line risulta immediatamente consultabile, in altri termini,
da un numero potenzialmente indef‌inito di persone.
La giustif‌icazione di tale divulgazione si rinviene, in
origine, nel diritto di cronaca, cui corrisponde l’esigenza
della collettività ad essere informata in maniera veridica e
completa circa importanti accadimenti, come la commis-
sione di un illecito penale che presuppone la violazione di
norme generalmente poste a presidio di interessi pubbli-
cistici.
A seguito del decorrere del tempo, tuttavia, specie se si
tratta di un lasso considerevole, l’interesse pubblico alla
notizia potrebbe aff‌ievolirsi, sino a scomparire del tutto,

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